Autori: Vincenzo Calì, Carlo Romeo

Rif. bibl.: Calì, Vincenzo/Romeo, Carlo, Il carteggio tra Claus Gatterer e Livia Battisti (1966-1977), in: "Geschichte und Region/Storia e Regione", anno XIII, n.2, pp. 205-210.

 

 

 

IL CARTEGGIO TRA CLAUS GATTERER E LIVIA BATTISTI (1966-1977)

 

di Vincenzo Calì e Carlo Romeo



Il carteggio tra lo scrittore, storico e giornalista Claus Gatterer (Sesto Pusteria 1924-Vienna 1984) e la figlia di Cesare Battisti, Livia (Trento 1907-1978), conservato presso il Museo Storico in Trento, si compone di 44 lettere distribuite nell'arco di 11 anni, dal settembre 1966 al settembre 1977. (1)  Un decennio di particolare fervore nell'opera dello scrittore pusterese, che risiedeva e lavorava a Vienna, prima come giornalista presso varie testate (tra cui «Die Presse»), e dal 1972 presso l'ORF, l'ente radio-televisivo pubblico austriaco. È, infatti, il periodo in cui pubblica il libro su Cesare Battisti, Porträit eines Hochverräters (1967), il ponderoso Im Kampf gegen Rom (1969), Erbfeindschaft Italien Österreich (1972), oltre a produrre svariate inchieste giornalistiche di politica interna ed estera, con particolare riferimento all'Italia. Sono gli anni in cui Gatterer rende sempre più nitido il proprio profilo di "storico delle minoranze", approfondendo la riflessione intorno ai Leitmotiv che lo renderanno una delle figure chiave di un nuovo approccio al tema delle nazionalità durante e dopo il periodo asburgico: il dialogo tra le storiografie nazionali, le reciproche falsificazioni della storia, il conflitto tra l'identità nazionale e quella delle "piccole patrie".

La riflessione di Gatterer si inserisce in un quadro culturale e politico generale di grandi speranze e, al tempo stesso, di grandi conflittualità, di cui compaiono numerosi cenni nel carteggio. In Italia come in Austria è il periodo del centrosinistra. La questione altoatesina, esauritisi gli ultimi echi delle bombe, si avvia alla soluzione del "Pacchetto" (varato nel 1972). Nella prospettiva dell'amicizia italo-austriaca sembra insomma instaurarsi un clima favorevole al superamento dei miti sedimentatisi in quella che lo studioso, con la sua magistrale abilità icastica, definirà nella sua famosa opera «inimicizia ereditaria» (Erbfeindschaft). È in questo contesto che Gatterer, su incoraggiamento del comune amico Emilio Lussu, prende contatto con Livia Battisti, trovandovi da subito un'attenta corrispondente, particolarmente sensibile alle denunce delle strumentalizzazioni storiche. Sulla base di questo comune sentire, la corrispondenza si trasformerà immediatamente in affettuosa amicizia.


Nell'ultimo decennio della sua vita Livia, insegnante di scienze in pensione, non cessa di profondere energie in un ventaglio di iniziative, che vanno dalla passione politica al volontariato (AVIS). Soprattutto di dedica all'attività di tutela e promozione delle memorie familiari (in primo luogo del padre e della madre Ernesta Bittanti, ma anche del fratello Luigi), nella consapevolezza dell'alto valore etico e civile di cui sono portatrici.

L'avvio della corrispondenza è dato dall'imminente pubblicazione da parte di Gatterer del libro su Battisti, che tanto avrebbe rivoluzionato la percezione dell'irredentismo battistiano in tutta l'area tedesca. Nella lettera del 17 settembre 1966, annunciando la propria opera e chiedendo informazioni storiche sui familiari (soprattutto su "Gigino" Battisti), con cui integrare le bozze di stampa, Gatterer sintetizzava così i caposaldi della sua ricerca, consapevole della novità che il suo approccio avrebbe rappresentato per il lettore tedesco.

 

    «… Ho dato alle stampe in questi giorni un libro su Cesare Battisti: dovrebbe uscire ancora prima di Natale presso l'Europa-Verlag di Vienna, col titolo: "Was bleibt, ist der Mensch - Cesare Battisti, das Porträt eines 'Hochverräters'". Sono 105 cartelle e saranno altrettante pagine - un libretto dunque. I direttori dell'Europa-Verlag (i proprietari della casa editrice sono i sindacati ed una banca socialista austriaca), avendo letto un mio trafiletto in occasione del cinquantenario della morte di Cesare Battisti, col solito ritardo, mi hanno chiesto questo lavoro ed io sono stato costretto a scriverlo entro brevissimo tempo (quattro settimane) nonostante i miei impegni col giornale, la "Die Presse", che mi divora.

Comunque posso consolarmi col pensiero che ho cercato di dare il meglio per avvicinare la figura di Cesare Battisti (qui oggi completamente dimenticata e sconosciuta) al pubblico austriaco e tedesco (anche tirolese). Ho tratteggiato la sua formazione spirituale, il suo avvicinamento al socialismo a Torino ed a Firenze, l'impegno suo per la campagna autonomistica ed universitaria (spiegando come l'autonomismo trentino fosse un'aspirazione giusta e democratica come la richiesta dell'Università Italiana a Trieste).

La sintesi ideale di socialismo e irredentismo l'ho imperniata su tre discorsi: quello del '99 sull'autonomismo e gli ultimi due al parlamento di Vienna ed alla Dieta di Innsbruck. Citando ampiamente i resoconti dei giornali austriaci ("Neue Freie Presse", "Reichs-post", "Arbeiter Zeitung" ed altri) sul cosiddetto processo di Trento, ho dimostrato quanto fossero ingiusti ed incivili questi scritti (ho messo a raffronto anche quanto la Neue Freie Presse scrisse in occasione dell'impiccagione dell'irlandese Sir Roger Casement), ed ho riportato ampiamente il passo riguardante Cesare Battisti da "Die letzten Tage der Menschheit" di Karl Kraus, il poeta e satirico del crepuscolo austroungarico. Infine, per dimostrare quanto viva fosse la memoria di Cesare Battisti e quanto il suo esempio fosse di incitamento per la democrazia, ho tratteggiato brevemente il quadro dei suoi amici (specialmente Salvemini e Bissolati) e della sua famiglia, i quali tutti quanti lottarono e contro fascismo e nazionalismo, e per una giusta soluzione dei problemi nazionali, primo fra tutti quello altoatesino. Il libro dovrebbe essere dunque un ritratto non soltanto di Cesare Battisti, ma della sua famiglia e dei suoi amici, della sua opera, della, purtroppo esigua, schiera di coloro che, da Bissolati a Manci, si ispirarono ai suoi ideali di moralità, giustizia, democrazia [...]»

(C. Gatterer a L. Battisti, Vienna 17.9.1966)

 

L'attenzione che Livia Battisti riserva sin dalle prime battute allo studioso sudtirolese si basa soprattutto sul riconoscimento della straordinaria sensibilità con cui è trattata la figura di Battisti all'interno della socialdemocrazia austriaca e dalla dichiarata volontà di farne emergere il reale spessore politico e umano, al di là della strumentalizzazione nazionalistica. Una sensibilità che Gatterer aveva avuto modo di rivolgere anche verso la figura della madre di Livia, Ernesta Bittanti, compagna di vita, di lotta e di pensiero di Cesare Battisti, capace di difenderne con coraggio la memoria e il reale pensiero nei tempi della retorica fascista. (2)

 

   «L'elogio che Lei [Gatterer, ndr] scrisse per Ernesta Bittanti Battisti quando morì ("se un giorno innalzeremo un monumento alla fratellanza dei popoli, quel monumento avrà il volto di Ernesta Battisti") è uno dei più alti e dei più belli che le siano stati rivolti, ed io non lo potrò dimenticare fin che sarò viva»

(L. Battisti a C. Gatterer, Trento, Natale 1971)

 

Molte delle lettere riguardano aspetti particolari della questione battistiana. Un rilievo speciale ha la vexata quaestio del confine del Brennero nell'idea di Battisti. Livia fornisce a Gatterer numerosi dettagli e osservazioni mirati a confutare l'idea che il «salornismo», nel pensiero del padre, fosse stato superato nel periodo interventista e bellico.

 

   «Questi nomi [Salvemini e Bissolati, ndr] mi portano subito a parlare del pensiero di Battisti sull'Alto Adige. Circa il quale io non ho nulla da aggiungere a quanto lei avrà trovato scritto nel volume in memoria di Ernesta Battisti, ma per il quale devo invece fare un appunto all'introduzione dell'Epistolario (uno dei volumi di scritti di Battisti editi dalla Nuova Italia). Tale introduzione è dovuta al valente storico Paolo Alatri, il quale in altri suoi scritti sull'argomento, ed in commenti all'epistolario stesso, ha una assai retta visione del pensiero di Battisti circa i confini settentrionali d'Italia, ma a pag. XXXII dà l'importanza di un pensiero definitivo ed esplicito a quanto C.B. [Cesare Battisti, ndr] disse nella conferenza "Gli Alpini", senza tenere conto che Battisti teneva quella conferenza vestendo la divisa militare, che per parlare aveva dovuto sottoporre la copia scritta del suo discorso alle superiori autorità militari ed infine che parlava ad un uditorio in gran parte di militari, superiori a lui»

(L. Battisti a C. Gatterer, Trento 22.9.1966)

 

Altro tema su cui Gatterer indaga minuziosamente e chiede informazioni a Livia Battisti, è l'episodio passato alla storia come i «fatti di Innsbruck» del 1904, cui sarà dedicato un ampio capitolo in Erbfeindschaft Italien-Österreich. È uno dei tanti esempi dell'accurato metodo di lavoro dello studioso, che approfondisce l'analisi delle fonti concentrandosi intorno a precise domande-questioni, nella consapevolezza che solo così si possa annullare la forza retorica con cui le vulgate nazionali hanno tramandato le vicende.

 

   «Grazie per lo scritto sui fatti di Innsbruck del 1903. (3) Non lo conoscevo. Le mie nuove ricerche sul 1904 erano imperniate su due punti principali: 1° L'intervento dei militari nella notte tra il 3 e il 4 novembre era "protezione" per gli italiani o no? La mia conclusione è che quest'intervento è da considerarsi come "protezione". 2° Era legittimato l'arresto (ossia il fermo) degli studenti italiani; e bisogna riconoscere che era legittimato. Ma resta pur sempre la questione della strabicità della giustizia austriaca che si ostinava a seguire unicamente la "pista italiana" trascurando quella pangermanista.»

(C. Gatterer a L. Battisti, Vienna 22.9.1972)

 

   «I fatti di Innsbruck del 1904. Anch'io ritengo che sostanzialmente l'intervento dei militari, nella notte tra il 3 e il 4 di novembre, si possa considerare come una protezione. Non altrettanto mi trovo d'accordo con Lei nel ritenere legittimo l'arresto degli italiani, oltre il tempo necessario a proteggere la loro incolumità fisica. Perché un fermo per una colpa che poi nessuno riuscì a formulare? È poi da notare che questo fermo ebbe durata varia a seconda del "colore" degli arrestati»

(L. Battisti a C. Gatterer, Trento, 4.10.1972)

 

Gran parte del carteggio riguarda l'edizione italiana del libro di Gatterer su Battisti, presso l'editore La Nuova Italia di Firenze. Il progetto, che vedrà finalmente la luce nel 1975, è seguito con particolare fervore da Livia, che prende contatti, sollecita, si preoccupa anche degli aspetti finanziari, lamentando all'amico la propria scarsa dimestichezza con i centri del potere politico che potrebbero agevolare l'impresa.

Numerose lettere riguardano poi il grande convegno organizzato per il centenario della nascita di Cesare Battisti (alla cui partecipazione Gatterer dovrà infine rinunciare per gravi motivi familiari). Vi è poi il progetto di portare anche in Austria la mostra itinerante allestita a Trento, cui contribuisce lo stesso Gatterer procurando fotografie riguardanti il movimento socialdemocratico austriaco.

Ricorrono non pochi accenni alla questione altoatesina, in merito alla quale Gatterer sottolinea la propria opposizione al primo statuto "degasperiano" ed elogia l'avvenuta creazione di due autonomie (di Trento e di Bolzano) di fatto indipendenti.

 

   «A Venezia ho incontrato – dopo moltissimi anni che non l'avevo visto  ̶ anche l'amico Corsini . (4) È stato molto gentile con me. Discorrendo di vecchie polemiche m'ha voluto confidare che – a ripensarci bene – se nel 1918/19 egli – Corsini – avesse avuto voce in capitulo con molta probabilità sarebbe stato contrario alla frontiera al Brennero. "Oggi però è tutt'altra cosa…", mi disse. Non ebbi alcuna difficoltà a dirmi consenziente coll'"oggi però…". Nel 1957 o 1958, quando stava per accentuarsi la crisi sudtirolese, Kreisky, allora sottosegretario agli esteri, mi chiese ogni tanto lumi sull'Alto Adige. Ed un giorno gli dissi che – ricordando gli antefatti del Trentino pre-1914 – bisognava adoperarsi per spaccare la "regione malcreata" e per raggiungere un consorzio di due regioni autonome com'era stato ideato da Suo fratello Gigino; ma aggiunsi che Vienna mai avrebbe dovuto sposare un'eventuale tesi annessionistica dei sudtirolesi perché c'era da temere che i sudtirolesi (e i tirolesi in genere) avrebbero bistrattato gli italiani di Bolzano, Merano e giù di lì. E mi sarebbe spiaciuto di dover prendere le parti degli italiani contro i miei propri "compatrioti"»

(C. Gatterer a L. Battisti, Vienna 14.9.1972)

 

Il carteggio contiene anche numerose "occasioni" biografiche, scambi di favori grandi e piccoli, tra cui l'interessamento chiesto da parte di Livia per l'accoglienza nella Repubblica austriaca di un giovane profugo turco. Per tale non facile questione Gatterer interessa lo stesso cancelliere austriaco Bruno Kreisky, la cui risposta sarà quanto mai sollecita e positiva. Proprio verso la figura politica e lo spessore etico del cancelliere Gatterer mostra un profondo attaccamento. Così ne illustra sinteticamente i caratteri, su richiesta di Livia.

 

    «Kreisky è nato nel 1911 a Vienna, da famiglia dell'alta borghesia ebrea. Iniziò la sua carriera di socialista a quindici anni nell'organizzazione studentesca del partito, ma presto si distinse anche nell'"Arbeiterjugend", unico intellettuale tra figli di veri proletari. Incarcerato e processato dal regime austrofascista nel 1936, passò un anno in carcere. Nel 1938 poté fuggire in Svezia e salvare anche i suoi genitori; ma tutti i suoi parenti – all'infuori del fratello, oggi in Israele – morirono nei campi di sterminio nazisti. Nel 1951, ritornato in Austria, riprese la sua carriera di partito come vicecassiere in un rione proletario di Vienna. Questi dati forse La aiuteranno a comprendere meglio il nostro cancelliere.»

(C. Gatterer a L. Battisti, Vienna 14.9.1972)

 

Nelle ultime lettere si fanno sempre più frequenti i richiami agli aspetti biografici e familiari. Lo sconforto seguito alla malattia e poi alla morte della moglie, il proprio esaurimento nervoso, la ricerca di solitudine e gli umori malinconici; tutto ciò viene espresso da Gatterer a Livia con accenti di particolare trasporto, a conferma dell'affetto di cui si era caricata una corrispondenza nata dalla condivisione di valori etici e atteggiamenti intellettuali.

 

NOTE


1) Il carteggio, a suo tempo riordinato nell'archivio della famiglia Battisti, è stato presentato da Vincenzo Calì nel suo intervento al convegno in memoriam di Claus Gatterer, a venti anni dalla scomparsa, organizzato dalla Gaismair Gesellschaft e tenutosi presso l'Università di Bolzano (24-25 giugno 2004). Si ringrazia Leopold Steurer per le indicazioni e i suggerimenti forniti.

 

2) Cfr. l'articolo in memoriam sulla «Arbeiter Zeitung» dell'11.10.1957, raccolto e tradotto in italiano in: Camillo e Livia BATTISTI, Ernesta Battisti Bittanti: in memoria, Trento 1962, pp. 40-42.

 

3) L'opuscolo di Cesare Battisti (1903), inviato a Gatterer da Livia Battisti, non riguardava in realtà i "fatti di Innsbruck" del 1904, ma lo scenario che li precede, cioè il dibattito sull'istituzione della "facoltà italiana" ad Innsbruck.

 

4) Lo storico Umberto Corsini, docente presso l'Università di Venezia.