Autore: Carlo Romeo

Rif. bibl.: Romeo, Carlo, La memoria nel presente, in «Corriere dell’Alto Adige», 27 gennaio 2004

 

 

La memoria nel presente

 

di Carlo Romeo

 

 

Inizi del 1945, ritirata tedesca dalla Polonia. Una SS e un prigioniero ebreo si trovano a riposare in un bosco durante una breve, irreale pausa, «un idillio nel bel mezzo dell'apocalisse».

«Immagini, Wiesenthal, che un'aquila dalle ali enormi, come nelle favole, la porti in America; e la gente chieda: che cosa vi facevano in quei Lager tedeschi? Che cosa racconterebbe?».

A porre la domanda è il caporale Merz, «una SS buona», rivolgendosi a Simon Wiesenthal, il futuro cacciatore di criminali nazisti. Dopo lunga esitazione il prigioniero risponde «penso che direi la verità». Merz, scuotendo la testa, replica che nessuno gli crederebbe e forse finirebbe in un manicomio; «nessuno può credere a una cosa così tremenda se non l'ha vissuta personalmente».

L'episodio narrato da Wiesenthal nella pagina finale di «Gli assassini sono tra noi» riassume il significato della sfida che, allora come oggi, pone la memoria dello sterminio e dell'universo concentrazionario nella seconda guerra mondiale.

Il «Giorno della Memoria» del 27 gennaio (data in cui, nel 1945, le truppe sovietiche abbattevano i cancelli di Auschwitz-Birkenau) è in Italia alla sua terza ricorrenza. La legge istitutiva (n. 211, luglio 2000) esplicita il fine di ricordare «la Shoah, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte» come pure coloro che si sono opposti al progetto di sterminio. Nel suo secondo articolo indica le forme (cerimonie, incontri, momenti di narrazione e riflessione soprattutto nelle scuole) per conservare nel futuro dell'Italia «la memoria di un tragico ed oscuro periodo».

In quell'«oscuro periodo» la provincia di Bolzano è stata profondamente coinvolta. Al confine geografico tra due totalitarismi, lacerata dagli odi etnici, essa ha vissuto come "provincia del Reich" i tragici mesi dell'Alpenvorland. Qui, il 12 settembre 1943, fu diramato il primo ordine di cattura e di deportazione di ebrei dall'Italia. A Bolzano, dall'estate 1944, funzionò un Lager di transito, direttamente inserito nella rete concentrazionaria nazista. Attraverso il Lager di Via Resia passarono decine di migliaia di prigionieri: ebrei, partigiani, zingari, oppositori, ostaggi etc., destinati in gran parte ai Kz di sterminio.

Il livello del coinvolgimento della provincia in quegli avvenimenti (come pure la gravità degli episodi di collaborazionismo verificatisi) non sembrano essere ancora inseriti in una dimensione di consapevolezza comune e condivisa. Basti considerare la leggerezza con cui qualche politico o opinions-maker (per fortuna isolato) dà voce ancor oggi a demagogici, infami pregiudizi. Così come a livello nazionale la lettura e rilettura della storia dei totalitarismi continuano ad essere strumento di battaglia per legittimazioni politiche di ogni sorta, in Alto Adige la discussione intorno al ruolo di "vittime" e "carnefici", attribuito reciprocamente ai due gruppi dalla polemica etnico-politica, continua a ritardare una responsabile riflessione.

Oltre al pericolo revisionista o addirittura negazionista, il "Giorno della Memoria" deve comunque battersi oggi contro l'indifferenza, l'ignoranza, l'ottundimento o la mediocrità retorica. Contro l'atteggiamento che spinge a considerare quegli avvenimenti come una tragedia lontana e in sé compiuta, anomala e "eccezionale" per la sua mostruosità nel corso della storia. Per questo alla ricerca e alla divulgazione è affidato il compito di riavvicinare quella tragedia al presente, facendone emergere la rete di cause vicine e lontane, di complicità, di coinvolgimento.

A differenza della conoscenza storica, la memoria ha bisogno di luoghi, figure e ritualità concrete per diventare esperienza presente. Tra le varie iniziative di quest'anno spicca l'intitolazione da parte del Comune di Bolzano di un parco (in via della Visitazione) ad Olimpia Carpi, la più piccola ebrea deportata dalla provincia. All'età di poco più di tre anni fu prelevata con la famiglia dalla propria casa di Bolzano nel settembre 1943 e morì ad Auschwitz. Dare il nome di questa bambina ad un luogo di vissuta quotidianità rappresenta forse il miglior auspicio che la memoria possa crescere in un indissolubile legame col presente.