Autore: Carl Techet

Rif. bibl.: Techet, Carl (Sepp Schluiferer), Tirolo senza maschera /Tirol ohne Maske, a cura/Herausg. di/von Carlo Romeo, Edition Raetia, Bolzano/Bozen 2009, pp. 52-55.

 

Il più spietato e “maledetto” libro di satira sul Tirolo, nella sua edizione più completa, in traduzione italiana e con testo originale a fronte.
Apparso un secolo fa nel solenne centenario hoferiano, Lontano dall’Europa (Tirolo senza maschera) di Carl Techet suscitò un enorme scandalo politico, perché aggrediva tutti i fondamenti culturali, religiosi, etnici del patriottismo tirolese.
Preceduta da un’ampia introduzione storica, viene qui riprodotta l’edizione del 1921, con due racconti aggiuntivi dell’autore e una selezione di giudizi critici.


Die umfassendste Ausgabe dieser schonungslosesten und umstrittensten Satire auf Tirol in italienischer Übersetzung und gegenüberliegenden deutschem Original.
Zum Andreas-Hofer-Gedenkjahr vor hundert Jahren erschienen, rief Fern von Europa (Tirol ohne Maske) von Carl Techet einen politischen Skandal hervor, da es sämtliche kulturellen, religiösen und ethnischen Fundamente des Tiroler Patriotismus angriff.
Grundlage 1921, mit Pressestimmen, zwei nachträglichen Kapiteln vom Autor und ausführlicher historischer Einleitung.

Tirolo senza maschera/Tirol ohne Maske, Edition Raetia 2009

Lascio volentieri ai grandi talenti la sfida di scrivere qualcosa di nuovo e interessante su terre già ampiamente percorse e conosciute. Io avevo un compito assai più facile: parlare di una terra che sinora era stata esplorata e descritta soltanto da alpinisti e ospiti di hotel.
Ciò che costoro ci raccontano è troppo poco. Il loro entusiasmo è volto agli aspetti più facili e superficiali. A me interessava l’altra parte: quella terra sconosciuta che a nessuno si rivela dall’oggi al domani. Parlo della vita e dei sentimenti più intimi di un popolo. Per conoscerli ci vogliono anni. Un fato benigno mi ha concesso in abbondanza il tempo necessario all’osservazione.
La terra che illustrerò è certo molto lontana dall’Europa; non saprei essere più preciso. Ha soltanto due stagioni: il lungo inverno con la neve e una seconda stagione in cui la neve si alterna alle piogge. Questa, se così si può dire, rappresenta insieme primavera, estate e autunno. È probabile che la terra in questione non sia lontana dal circolo polare, dato che vi domina non solo il gelo ma pure la più completa oscurità.
I nativi chiamano il loro Paese Tarrol o Tarroï. Oltre a questi vi sono comunque altri nomi, che tuttavia non è possibile riprodurre, nemmeno per approssimazione, nell’alfabeto di una qualche lingua europea. L’idioma tarrolese non si può imparare. Alcune (poche) parole hanno una lontana somiglianza col tedesco e, anzi, in occasioni di particolare solennità, i nativi più istruiti tentano spesso di parlare in tedesco. L’obiettivo non viene comunque mai pienamente raggiunto.
“Schpäckchchkchnedl”  è il grazioso vocabolo in cui si rispecchia al meglio la singolare bellezza della lingua tarrolese. Solo chi ha la fortuna di avere un adeguato gózzo può essere in grado di gustare in qualche misura tale musicale bellezza.
La riproduzione di questo carezzevole idioma all’interno del libro sembrerà, per forza di cose, limitata e persino incoerente. Tuttavia, se avrò trasmesso al lettore anche un briciolo della sua dolcezza e amabilità, potrò dire di essere riuscito nel mio intento.
Ho scritto questo libretto a onore di un Paese di cui sinora si conosceva solo un lato. Io ho l’ho osservato anche dall’altro. Forse le nostre unilateralità si integreranno finalmente in una visione completa.
Questo è il mio augurio.
Perché un sentimento di sacro rispetto deve infondersi in chiunque studi un popolo sul quale invano il tempo cerca di lasciar traccia. Il tempo sgretolerà le piramidi, spianerà le montagne, ma la sua forza nulla potrà mai sul Tarroï.
In questo vi è senza dubbio qualcosa di grandioso. Dedico quindi il mio libretto a questo meraviglioso Paese e a tutti coloro che, come me, hanno imparato ad amarlo.

                                                       L’Autore

                                              [Schruns , aprile 1909.]
 


L’autore
Carl Techet (Vienna 1877–1920) studiò scienze naturali e per alcuni anni fu ricercatore presso la Stazione zoologica di Trieste. Insegnante a Kufstein dal 1907, dopo lo scandalo di Fern von Europa (Tirol ohne Maske), pubblicato sotto lo pseudonimo di Sepp Schluiferer, fu trasferito per punizione in Moravia.
Poliglotta e dedito ai più disparati interessi letterari e scientifici, scrisse saggi politico-antropologici, racconti e romanzi. Rivolse la sua vena satirica e polemica contro gli aspetti più retrivi della Monarchia danubiana, soprattutto della cultura clericale e tedesco-nazionale.


Der Autor
Carl Techet (Wien 1877–1920) hat Naturwissenschaften studiert und arbeitete einige Jahre als Algenforscher an der zoologischen Station in Triest. Lehrtätigkeit in Kufstein ab 1907 bis zu seiner Strafversetzung nach Mähren, infolge der Veröffentlichung von Fern von Europa (Tirol ohne Maske), unter dem Pseudonym „Sepp Schluiferer“.
Er beherrschte mehrere Sprachen, widmete sich unterschiedlichen literarischen und wissenschaftlichen Interessengebieten und veröffentlichte politisch-anthropologische Studien, Erzählungen und Romane. Seine Satire wandte sich gegen die reaktionärsten Elemente der Habsburgermonarchie, vor allem gegen die klerikale und deutschnationale Stimmung.

 

Alcune recensioni dell'epoca: 

Sepp Schluiferer si chiama l’autore, uno pseudonimo (…) così che ci si è arrovellati su chi mai possa aver prodotto questo misero libercolo (…) Solo una persona di bassi sentimenti può trarne piacere.
«Tiroler Grenzbote», 11 dicembre 1909.

La giunta cittadina di Kufstein (…) esprime la più profonda indignazione (…) Dall’insulso libercolo si traggono probabilmente più insinuazioni personali di quante ne siano effettivamente contenute (…) Il giudizio di tutti coloro che lo hanno letto veramente è unanime: da gettare subito nel cestino!
Risoluzione della giunta comunale di Kufstein, citata dal «Tiroler Anzeiger» del 15 dicembre 1909.

Un mascalzone della specie più volgare (…), al cui confronto un borseggiatore fa la figura di uomo onorato, ha pubblicato - forse solo con l’aiuto di un tipografo che per amore del sudiciume ha trasformato la sua officina in un cesso o in un pozzo nero - un pamphlet sulla terra e sulla gente del Tirolo che per triviale bassezza supera tutto ciò che c’era prima; allo stesso tempo, anche considerato sotto il profilo letterario, è scritto in modo così miserabile e privo di ogni umorismo da suscitare l’impressione che esso abbia a che fare con la frustrazione di un cronista locale licenziato e affamato (…)
La canaglia - lui si cela sotto il nome di Peter (sic) Schluiferer - sembra dunque vivere in mezzo a noi (…) Si evince anche dal fatto che il farabutto, per la cui definizione il termine “maiale” è ancora un complimento, pare informato abbastanza bene sulle nostre abitudini, o piuttosto così crede, perché in verità il manigoldo è cieco come una talpa, come pure ignorante ed arrogante (…)
Cada la mano dal corpo a chiunque offra a questo aborto di escrementi e liquame anche solo un pezzo di pane o una goccia d’acqua, e sia premiato chi uccida questo mostro e lo trasformi in carogna. 
Per usare comunque verso il malfattore ogni possibile attenuante, si può aggiungere che il disgraziato forse non era pienamente consapevole della gravità del suo crimine. (…) Ma - onore a chi lo merita - questa è la lode principale che gli si deve fare: se il libro non sarà letto è senza dubbio merito dello stesso pamphlettista, in quanto ha saputo rendere così realmente noiosa la sua sporcizia che nessuno può riderci su, nemmeno su un singolo passo… 
«Tiroler Wastl», 25 novembre e 12 dicembre 1909.