Autori: Andrea Bonoldi, Christoph von Hartungen, Carlo Romeo, Alessandra Zendron

Rif. bibl.: Link900. Il Novecento in Alto Adige/Suedtirol, Provincia Autonoma di Bolzano - Cultura italiana, Intendenza Scolastica italiana, Formazione professionale italiana, Bolzano 2009 (Booklet di accompagnamento al DVD Link900, prodotto da ZeLig Bozen/Bolzano)

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Heimat
Heimat è il luogo dove “ci sente a casa” e di cui sentiamo di far parte. Questa terra dai diversi nomi è stata spesso lacerata da logiche di esclusione e di antagonismo.
Il patriottismo tirolese ottocentesco, caratterizzato dalla fedeltà al cattolicesimo e alla dinastia asburgica, fu messo in crisi dalle lotte nazionali che dilaniavano l’intera monarchia danubiana. Alle sempre più forti richieste autonomistiche del Trentino (Welschtirol) risposero le mobilitazioni antirredentistiche del Tirolo tedesco.
Dopo l’annessione e sotto il tentativo di assimilazione forzata della nuova provincia, la parola Heimat finì col definire lo spazio comunitario e familiare contrapposto a quello pubblico, sentito come estraneo e nemico. Il risultato delle opzioni del 1939 sembrò sancire il sacrificio della “piccola Heimat” sudtirolese all’idea del “grande Reich”, mentre si rafforzava la presenza del gruppo italiano in provincia in seguito a diverse ondate migratorie.
Il secondo dopoguerra riproporrà la questione della “patria” nei suoi diversi aspetti: diplomatico e istituzionale, culturale e identitario. La sfida dell’autonomia altoatesina è oggi quella di rappresentare una “casa comune”, in cui i gruppi e le persone possano sviluppare il sentimento di una propria appartenenza.

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Chiesa
“Heiliges Land Tirol”: la “Terra Santa del Tirolo”. All’alba del Novecento, il secolo della tecnica e della modernità, questo appellativo continuava a indicare la fedeltà religiosa di una regione alpina nel cuore di un’Europa sempre più laica. L’influenza che la Chiesa cattolica aveva esercitato nei secoli, marcava profondamente il paesaggio, i riti e i tempi della vita individuale e collettiva. La devozione al Sacro Cuore di Gesù, sancita dal famoso giuramento di fedeltà del 1796, era il “mito fondante” dell’unità religiosa e politica del Tirolo.
Dopo l’annessione, divisa tra le diocesi di Trento e di Bressanone, la Chiesa locale fu investita direttamente dai conflitti e dalle lacerazioni: la resistenza alla snazionalizzazione, il contraddittorio rapporto con il fascismo e il Concordato, la penetrazione dell’ideologia nazista tra i giovani, le drammatiche opzioni.
Il suo ruolo di riferimento per la popolazione tornò a rafforzarsi nel secondo dopoguerra. Negli anni più caldi dello scontro etnico essa svolse un’importante funzione di mediazione e pacificazione. In questo spirito, con la ridefinizione territoriale tra Trento e Bolzano, nacque la nuova diocesi bilingue di Bolzano-Bressanone, chiamata a rispondere alle sfide dell’età post-conciliare.
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Turismo
Natura e cultura, risorse fondamentali per l’attività turistica. Risorse che in Alto Adige non mancano, e che hanno permesso nel corso del secolo un grande sviluppo di questo ramo di attività.
Se all’inizio del Novecento il turismo costituiva un fenomeno di élite, con la seconda metà del secolo il numero di presenze turistiche è cresciuto notevolmente, con importanti ricadute in termini di reddito per la realtà locale. I cambiamenti economici e sociali hanno permesso a fasce sociali sempre più ampie di poter usufruire di una vacanza.
Nel tempo l’industria turistica altoatesina, sostenuta anche dai finanziamenti pubblici, è arrivata a proporre un’offerta differenziata per stagionalità e contenuti, elaborando un’idea di marketing territoriale mirata all’affermazione complessiva sul mercato del “prodotto Alto Adige/Südtirol”.
Se dal punto di vista economico il successo non è mancato, questa operazione ha anche portato da un lato a un uso a volte distorto del patrimonio storico e culturale del territorio, con casi di vera e propria “invenzione della tradizione”, e dall’altro a un forte aumento del carico ambientale. Per evitare il rischio di ricadute negative, è oggi importante tener conto della sostenibilità sul lungo periodo delle attività turistiche.
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Guerre
Da un punto di vista strettamente militare le due tragiche guerre “planetarie” del Novecento hanno toccato solo marginalmente il territorio dell’Alto Adige/Südtirol. Eppure entrambe l’hanno ugualmente colpito al “cuore”, lasciando una traccia indelebile nella memoria di intere generazioni.
Il racconto di questa puntata si sofferma soprattutto sulle conseguenze che le guerre hanno avuto sulla realtà locale, sconvolgendone profondamente gli assetti economici e sociali.
Caratteristica delle due guerre del Novecento è stata l’importanza assunta dal cosiddetto “fronte interno”, con la mobilitazione totale della società attraverso la propaganda e l’imposizione di un ferreo controllo.
In questo territorio di confine, abitato da popolazioni di lingua diversa, entrambi i conflitti resero manifesti ed acuti i nodi irrisolti di tale convivenza. Le vicende belliche, i rivolgimenti istituzionali, le occupazioni e le liberazioni furono vissuti con atteggiamenti diversi dalle popolazioni. Ma è proprio dalla memoria delle vittime, delle persecuzioni e delle pagine più buie di quella storia che si rinnova la sfida di trasmettere conoscenza e consapevolezza da una generazione all’altra.

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Agricoltura
Nel corso del Novecento l’agricoltura sudtirolese ha visto cambiare radicalmente il proprio peso economico, continuando a rivestire un importante ruolo politico e culturale.
Nel corso del secolo la percentuale di popolazione attiva occupata in agricoltura si è fortemente ridotta, passando dal 55% al 12%, e il settore ha cambiato volto. Dalla prevalenza dell’autoconsumo si è passati necessariamente a una gestione delle aziende agricole orientata al mercato, in cui è cruciale la disponibilità continua ad innovare e l’attenzione alle esigenze dei consumatori.
In Alto Adige le istituzioni locali hanno garantito nel tempo un costante supporto al settore agricolo, promuovendo la creazione di strutture di consulenza, formazione e commercializzazione. A partire dagli anni Cinquanta, inoltre, le famiglie contadine sono state sostenute anche attraverso l’integrazione del reddito, con l’impiego di ingenti risorse finanziarie.
L’idea sottesa a queste politiche è stata quella di evitare un fenomeno come l’esodo rurale, che altrove ha portato allo spopolamento di molte aree alpine, mirando a un duplice obiettivo: preservare l’integrità ambientale del territorio, che solo la presenza costante dell’uomo può garantire, e tutelare al contempo gli equilibri sociali e le valenze culturali legate al mondo contadino.

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Industria
L’industria è uno dei fattori costitutivi della modernità e fin dall’Ottocento ha avuto un ruolo centrale nei processi di sviluppo economico. In Alto Adige però l’affermazione del settore è stata ostacolata tanto da fattori di natura ambientale, quanto da motivi politici e culturali. Presso ampi strati della società e della classe dirigente si era infatti radicato un atteggiamento di diffidenza nei confronti del processo di industrializzazione, che si temeva potesse scardinare equilibri e stili di vita consolidati. Ciò non impedì che a cavallo tra Otto- e Novecento sorgessero diversi impianti industriali, alcuni dei quali sfruttavano le risorse idroelettriche locali. Negli anni Trenta fu poi realizzata la zona industriale di Bolzano, nella quale le motivazioni di ordine economico si intrecciavano con la politica di italianizzazione della provincia portata avanti dal fascismo. Solo negli anni Sessanta il ceto dirigente sudtirolese decise di accettare l’industria come fattore di sviluppo, promuovendo la realizzazione di aree produttive distribuite sul territorio. Così il settore secondario, che pure negli ultimi decenni del Novecento ha visto ridursi il suo peso relativo, è stato e continua a essere una componente fondamentale, anche se a volte misconosciuta, dell’economia locale.
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Donne
Nel Tirolo di inizio Novecento la condizione femminile, salvo che per poche privilegiate, continuava a essere carente di diritti economici, civili e sociali. La vita nei masi di montagna era durissima. Nelle realtà urbane alcune donne, soprattutto nubili, accedevano a lavori remunerati come infermiere, lavandaie, operaie tessili, sarte. Durante la guerra le donne furono chiamate a sostituire gli uomini sui posti di lavoro, ma questa esperienza di autonomia si concluse col ritorno alla vita domestica, e cioè a un lavoro ugualmente pesante ma non retribuito.
Nel ventennio fascista le donne sudtirolesi furono investite del ruolo patriottico-nazionale di trasmettere lingua e cultura tedesca alle nuove generazioni. Nelle realtà urbane i modelli femminili imposti dal regime (madre prolifica ed educatrice) non esclusero aspetti di modernizzazione (sport, associazionismo).
L’attuazione dei diritti di eguaglianza previsti dalla Costituzione repubblicana fu assai lenta. Solo negli anni Settanta una serie di riforme legislative parificò donne e uomini in molti ambiti, ma ancora aperta è la richiesta di strumenti per attuare nei fatti le pari opportunità nella vita familiare, lavorativa e politica.
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Lingue
“Lingua” è sinonimo di cultura, identità, tradizioni. Aperto ai più vari influssi, il territorio atesino ha conosciuto nella sua storia l’accostamento di più lingue, in un rapporto ora pacifico, ora di dura contrapposizione.
Fin dal periodo asburgico i censimenti linguistici ebbero un significato politico, rappresentando i rapporti di forza tra i gruppi. All’inizio del XX secolo, mentre infuriava la lotta tra le associazioni nazionali tedesche e italiane, comparvero anche i primi segni di una “coscienza ladina”.
Il progetto di italianizzazione portato avanti nel ventennio fascista investì l’amministrazione, la toponomastica, la scuola e l’associazionismo. L’Accordo di Parigi e lo Statuto d’autonomia del 1948 sancirono il biliguismo e il diritto all’istruzione nella propria lingua madre. Questa parificazione delle lingue raggiunse ogni ambito col secondo Statuto (1972). Il bilinguismo divenne requisito necessario per l’accesso al pubblico impiego, che fu ripartito tra i gruppi linguistici in ragione della loro consistenza numerica.
Il bilinguismo reale è purtroppo un traguardo ancora lontano, benché sia oggi percepito dalla popolazione non solo come obbligo giuridico ma anche come strumento di promozione e partecipazione alla vita economica, sociale e culturale.
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Autonomia
L’autonomia dell’Alto Adige trova la sua origine e il suo fondamento nell’Accordo di Parigi, firmato nel 1946 e allegato al trattato di pace dell’Italia. Esso lasciò inalterato il confine del Brennero, ma previde una tutela della minoranza di lingua tedesca.
Nell’Europa di allora, distrutta dalla guerra e lacerata dalle tensioni, questo patto fu la difficile scommessa di due statisti, De Gasperi e Gruber, che credettero nella possibilità di far convivere, in condizioni di pari dignità, popolazioni diverse su uno stesso territorio.
Il documentario racconta dello scetticismo e della speranza; dalla crisi del primo statuto d’autonomia alla ricorrente tentazione separatista, dalle violenze degli attentati al cammino delle trattative politiche e diplomatiche, tese ad attuare l’intuizione europea di convivenza, basata sul rispetto dei diritti dei gruppi linguistici.
Sono raccontati quindi anni di difficoltà e incomprensione, ma anche di crescita verso la comune consapevolezza che il problema è sempre meno quello del confine di Stato, che gli sviluppi dell’Unione Europea hanno reso sempre più “trasparente”. Allo stesso tempo sono presentati i problemi ancora aperti di un’autonomia dai forti tratti etnocentrici e spesso troppo rigidi rispetto alle libere dinamiche della società locale.
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Confini
Nell’era premoderna i confini erano determinati da criteri pratici ed economici piuttosto che ideologici. Nelle regioni alpine le cronache registrano interminabili e spesso violente contese tra comunità confinanti per il possesso dei pascoli più fertili. Nel corso dell’Ottocento, con la nascita dello Stato-nazione, si rafforzò il carattere esclusorio e delimitante dei confini.
Il confine italo-austriaco che scaturì dalla pace di Saint-Germain si conformò, con qualche eccezione, al concetto geopolitico della linea del displuvio. Esso fu un confine particolarmente munito e simbolicamente “marcato”.
Il documentario individua i vari modi di “passare il confine” che si sono succeduti fino ad oggi: da quello legale degli emigranti in cerca di lavoro e dei turisti in cerca di svago, a quello clandestino dei contrabbandieri o dei profughi in cerca di una patria.
L’attenuazione dei confini conseguente al processo di integrazione europea è stato accolto da molti con sollievo e con speranza; sotto una diversa prospettiva, ha decretato il rapido, inesorabile declino delle località di confine, che fino ad allora si erano sviluppate in veri centri commerciali transfrontalieri.

 

Link 900 produzione ZeLig Bolzano