Il booklet sulla serie di film Verkaufte Heimat, sceneggiati da Felix Mitterer, nell’edizione con sottotitoli in italiano. Un lontano progetto (2009) dell’Ufficio Bilinguismo e lingue straniere della Provincia Autonoma di Bolzano. Seconda parte: Leb’ wohl mein Südtirol
Rif. bibl.: Romeo, Carlo, Tra fiction e storia, in: Verkaufte Heimat, Provincia Autonoma di Bolzano-Cultura italiana, Bolzano 2009, pp. 22-29. Booklet allegato al cofanetto DVD Verkaufte Heimat. Dal libro di Felix Mitterer. Con sottotitoli in italiano - Prov. Aut. Bolzano - Rip. 15 - Ufficio Bilinguismo e lingue straniere.
“Leb wohl, mein Südtirol” (Verkaufte Heimat II)
di Carlo Romeo
Titolo e dintorni
Il verso “Leb wohl, du mein Südtirol!” concludeva la poesia degli optanti che partivano per la Germania. Esso riecheggiava le leggendarie parole (“Addio, mio Tirolo”) con cui Andreas Hofer, l’eroe nazionale tirolese, si era congedato dal mondo di fronte al plotone di esecuzione francese (febbraio 1810).
La narrazione storica della seconda puntata è particolarmente densa e affronta il convulso periodo che segue l’opzione sino alla fine della seconda guerra mondiale. Si tratta di un quinquennio scandito da tragici, repentini “ribaltoni”.
Sradicamento, mobilità e fragili illusioni di trovare una nuova patria: questo lo sfondo delle due storie “simmetriche” della famiglia italiana che occupa il maso lasciato dai Tschurtschenthaler e di questi ultimi che si insediano in una fattoria in Moravia.
La trama
1940: è passato qualche mese dal termine dell’opzione e sono cominciate le partenze per la Germania. I sudtirolesi in attesa di trasferirsi sono amministrati dall’ADO, l’organizzazione degli optanti, che ottiene anche di istituire corsi ufficiali in lingua tedesca.
Nel frattempo anche l’Italia entra in guerra. È il 10 giugno 1940: lo stesso giorno in cui nasce Andrea, il figlio di Ettore e Anna. La nascita del bambino non cambia l’atteggiamento di rifiuto della giovane da parte dei suoi familiari. Guidati dal capofamiglia Hermann, anche i Tschurtschenthaler affrontano il trasferimento. Il più restio a partire è il nonno che vede scomparire per sempre i riferimenti di tutta una vita. Ne morirà di crepacuore.
Arrivati in Moravia, i Tschurtschenthaler si vedono assegnata una bella fattoria. Vengono però a sapere che essa è stata confiscata dagli occupanti nazisti alla famiglia di Milos. Costui è obbligato anzi a prestare servizio per i nuovi arrivati e, come tutta la popolazione locale, manifesta aperta avversione nei loro confronti.
Come in un gioco di destini incrociati, il maso dei Tschurtschenthaler è stato affidato ad una famiglia di coloni siciliani. Anch’essi sperimentano l’ostilità dell’ambiente circostante. Solo dopo due anni Vincenzo e la moglie riceveranno la prima visita dei vicini, gli Oberhollenzer.
L’8 settembre 1943 l’armistizio dell’Italia con gli Alleati porta a un completo ribaltamento della situazione. Come tutta la penisola, anche l’Alto Adige viene occupato dai tedeschi. La provincia di Bolzano diviene parte di una zona di operazioni militari strettamente dipendente dal Reich. In paese vengono destituiti il podestà e le altre autorità italiane.
Ettore viene perseguitato dal fratello di Anna, Toni, che vuole a tutti i costi dividerli. Riesce a fuggire nel Bellunese raggiungendo i partigiani. Lo stesso Toni, con le minacce, riacquista facilmente dal contadino siciliano i diritti sul suo maso di famiglia.
La mobilitazione per la guerra coinvolge ormai tutti, anche i Dableiber, che vengono arruolati in reggimenti di polizia; molti di loro disertano.
Nel frattempo, in Moravia, la situazione per i tedeschi peggiora. Hermann, arruolatosi, ha capito ormai i propri errori. La moglie Paula, presagendo una lunga lontananza dal marito, gli dà appuntamento in Sudtirolo. Di lì a poco, infatti, all’arrivo dei soldati russi, la donna e i familiari si uniscono alla massiccia colonna dei profughi tedeschi in fuga.
La guerra è finita e nel paese arrivano gli Alleati. Sia l’ex podestà fascista che il capo nazista Kofler vengono arrestati. Oberhollenzer è nominato sindaco provvisorio. È tornato anche Ettore che riprende il servizio.
A fatica fanno ritorno coloro che le opzioni e la guerra hanno disperso in tutt’Europa. In un discorso pubblico il parroco si fa interprete dei sentimenti collettivi: di fronte alle rovine causate dal fanatismo e dall’odio, indica nella riconciliazione e nella convivenza la speranza del futuro.
Mentre Hermann, reduce dal fronte e dalle proprie illusioni, attende nel maso vuoto, Paula guida la famiglia nel lungo cammino che li riporterà a casa.
Lezioni in tedesco
Kofler. Che cosa ci fate qui?
Berta. Vogliamo iscriverci anche noi!
Kofler. Ma voi non potete. Le lezioni in tedesco sono solo per i bambini degli optanti per la Germania! Dovete ringraziare vostro padre! Sono sempre stati dei dannati testoni gli Oberhollenzer!
Già nel gennaio del 1940 furono istituite lezioni di tedesco, questa volta in veste ufficiale, per i bambini delle famiglie in attesa di trasferimento. Quelli in età di istruzione media furono inviati in apposite scuole per Volksdeutsche nel Reich. In genere, di ogni aspetto della vita quotidiana si occupò l’Arbeitsgemeinschaft der Optanten (Comunità di lavoro degli optanti per la Germania), ai cui vertici furono messi i capi dell’ex VKS. Dietro la rinascita dell’associazionismo e della cultura tedesca, vi era ovviamente il prioritario obiettivo di inquadrare e nazificare il gruppo sudtirolese in vista del suo ingresso nel Reich.
Le promesse mancate
Kofler. Cosa ci posso fare? Non decido io! A Berlino si decide (…) Certo è anche un problema di trasporti, ora, in guerra, 150 mila persone…
Hermann. Erano tutte bugie quelle che ci dicevate! Che ci avrebbero portato in Sicilia, che ci avrebbero espropriato, che avremmo avuto un territorio solo per noi, masi e terreni più grandi! Tutte bugie!
Le partenze degli optanti furono intense nel 1940 per poi rallentare nel 1941 e fermarsi nell’anno successivo. Da un lato si presentavano oggettive difficoltà logistiche per la sistemazione dei sudtirolesi nel Reich già in guerra. La maggior parte si trasferì nel Tirolo del Nord, gli altri furono sparpagliati. Non si realizzò la promessa di un territorio unitario di insediamento.
Le procedure per la stima e liquidazione dei beni immobili erano lente così come le altre pratiche amministrative. Ben presto venne meno anche la disponibilità psicologica al trasferimento, anche per le scoraggianti notizie che arrivavano da chi era già espatriato. Così, alla fine del 1942, si erano trasferiti “solo” 75 mila optanti, circa un terzo del totale.
Nuovi arrivati
Segretario comunale. Quelli sono i vostri vicini, gli Oberhollenzer!
Francesca. Tedeschi?
Segretario comunale. Naturalmente, tedeschi… (…) Adesso devo andare. Rimarrà Ettore con voi questa notte.
Enzo. E perché?
Segretario comunale. Non si sa mai. Meglio stare attenti con questi tedeschi!
Tra i progetti legati all’italianizzazione vi era sempre stata la “conquista del suolo”, ovvero il trasferimento di famiglie di coloni italiani nelle valli sudtirolesi. La crisi economica all’inizio degli anni Trenta aveva favorito l’acquisizione da parte di enti italiani (ad esempio l’Opera Nazionale Combattenti) di masi e appezzamenti. Essi venivano dati in affitto e potevano essere riscattati dopo un certo numero di anni. In realtà, a parte il caso di Borgo Vittoria (Sinigo presso Merano, dove fu costruita anche una fabbrica) il regime non riuscì ad impiantare stabili insediamenti rurali italiani.
In seguito alle opzioni si sarebbe senz’altro incrementato questo afflusso. Tuttavia nel 1943, con l’occupazione della provincia da parte del Reich, la maggior parte dei coloni (che era soprattutto di origine veneta) non si vide rinnovato il contratto e si allontanò dalla provincia.
Tempi duri per i Dableiber
Michael. Questo non potete farlo! Non potete arruolare cittadini italiani nell’esercito tedesco!
Toni. Non illuderti! Noi possiamo fare questo e altro! Siate contenti che non vi deportiamo. Già un paio dei vostri capi Dableiber sono sulla strada per Dachau!
L’occupazione tedesca portò gravi conseguenze ai Dableiber, i cui capi dovettero fuggire (come il canonico Michael Gamper), furono internati (come Friedl Volgger) o strettamenti controllati. Essi furono inoltre arruolati nei “Reggimenti di polizia sudtirolesi”, utilizzati in Italia con compiti di sorveglianza e repressione delle bande partigiane. Famoso è l’episodio dell’attentato di Via Rasella a Roma (marzo 1944), di cui fu bersaglio una compagnia del reggimento “Bozen” e che portò all’eccidio delle Fosse Ardeatine.
Nella prospettiva della “guerra totale” voluta dal Führer, anche in provincia tutto il fronte interno fu mobilitato: requisizioni, prestazioni di lavoro, servizio nel SOD (Sicherheits- und Ordnungsdiest).
Donne e Heimat
Hermann. Cosa faccio? Cosa si fa in guerra? Ogni volta che sparo a un russo, penso: questo è per i miei figli. Perché possano rimanere qui, perché abbiano una casa!
Paula. Tu menti a te stesso. Lo fai da anni. Ti sei fatto imbrogliare: dai politici, dai fascisti, dai nazisti! Smettila, ti prego! (…) Per i nostri bambini! Non farmi ridere. Siamo in una terra straniera, in una fattoria rubata ad altri. Pensi che io voglia che i miei figli e i figli dei miei figli stiano in una fattoria rubata? Così non andrà avanti a lungo! Quanto pensi che durerà? Eh? Siete in ritirata, vero? Rispondimi!
Nel film molte figure femminili (Paula, Kathl, la stessa Anna) incarnano le doti di buon senso e concretezza contrapposte agli illusori entusiasmi (talvolta fanatismi) dei maschi. Paula ha cercato in ogni modo di opporsi al trasferimento. Sarà lei a ricondurre a casa la famiglia.
Allo stesso modo sarà Kathl a facilitare il ritorno del marito consegnandogli i documenti italiani (“Pietracorvo”) grazie ai quali potrà spacciarsi per deportato.
Predica e speranze
Parroco. Niente paura, non sarà una predica per punirvi. Siete stati già abbastanza puniti! Spero solo che non crederete mai più ai falsi profeti! (…) I partiti italiani in Sudtirolo hanno concordato con la Volkspartei che una convivenza pacifica tra i gruppi etnici è possibile solo sui principi della libertà, uguaglianza e rispetto reciproco. Vedremo cosa ne uscirà, dipende da tutti noi! Se non rinunceremo all’odio, alla violenza e alla prepotenza nazionalistica – e questo naturalmente da entrambe le parti – il Sudtirolo non vivrà mai in pace!
Le sequenze finali del film destano l’impressione di un happy end, un felice scioglimento del dramma. Quasi tutti tornano vivi dalla guerra. Il podestà fascista e il capo nazista vengono condotti via, insieme, dagli agenti alleati. La predica del parroco invita alla convivenza.
La fine della guerra coincise con l’apertura di tutta una serie di tensioni e problemi: la questione delle opzioni, dell’autodeterminazione, dell’epurazione. Certo, molte tra queste sarebbero state risolte politicamente con l’Accordo di Parigi (1946). Tuttavia la contrapposizione etnica impedì che, all’interno di entrambi i gruppi, si sviluppasse un serio ripensamento sul proprio coinvolgimento nelle ideologie totalitarie del fascismo e del nazismo.
Cronologia
1940
I risultati dell’opzione dei sudtirolesi sono massicciamente a favore del Reich (più dell’80%). Fino al 1942 si trasferiscono in Germania ca. 75 mila optanti.
Nasce la Comunità di lavoro degli optanti per la Germania (ADO).
In giugno il vescovo di Bressanone opta per il Reich. La maggioranza del basso clero è invece Dableiber.
1942
Dopo le iniziali vittorie tedesche le sorti del conflitto si rovesciano (resistenza dell’URSS, intervento degli USA). Svanisce il progetto di un insediamento unitario dei sudtirolesi nel Reich. Intanto migliaia di loro muoiono sui vari fronti di guerra.
1943
Lo sbarco alleato in Sicilia e i pesanti bombardamenti sulla penisola minano il consenso al regime fascista. Il 25 luglio il Gran consiglio del fascismo e il Re sfiduciano Mussolini, che viene arrestato; il governo è affidato al generale Badoglio.
L’8 settembre è annunciato l’armistizio italiano con gli Alleati. Il Re e il governo si rifugiano in Puglia. La penisola viene occupata dai tedeschi che catturano i militari italiani e li deportano.
Il 10 settembre viene istituita la Zona di operazioni militari delle Prealpi, di fatto annessa al Reich e comprendente le province di Bolzano, Trento e Belluno. Franz Hofer, governatore (Gauleiter) del Tirolo-Vorarlberg, ne è il Commissario supremo. Sono arrestati e deportati gli ebrei della regione. Vengono perseguitati partigiani, oppositori e Dableiber.
Nasce la Repubblica di Salò (RSI) con a capo Mussolini, liberato dai tedeschi.
1944
Anche i Dableiber sono arruolati nei reggimenti di polizia. Viene proclamata la “guerra totale”. Aumentano le requisizioni e le prestazioni di lavoro. Cresce il fenomeno dei disertori e renitenti alla leva, i cui familiari sono arrestati come ostaggi (Sippenhaft).
Entra in funzione il Lager di transito di Bolzano, attraverso il quale passeranno più di 11 mila prigionieri. Il Comitato di Liberazione Nazionale di Bolzano, guidato da Manlio Longon, viene arrestato dalle SS.
1945
Il 2 maggio del 1945 entra in vigore la resa tedesca sul fronte italiano, non senza gravi scontri e rappresaglie in regione (Merano, Lasa, Bolzano, Fortezza). L’8 maggio nasce a Bolzano il partito di raccolta Südtiroler Volkspartei (SVP).
È riattivata l’amministrazione italiana sotto il controllo del Governo militare alleato (AMG).