La meranese Edizioni alphabeta Verlag presenta un’antologia dei racconti pubblicati tra il 1939 e il 1943 sulla rivista di regime “Atesia Augusta”, accompagnati da un apparato esplicativo e di contestualizzazione.

 

alphabeta 2023

 

Romeo, Carlo (a cura di): Un angolo di paradiso. Novelle altoatesine del Ventennio

© 2023 by Edizioni alphabeta Verlag, Meran/Merano

www.alphabeta-books.it • Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

pp. 250 - ISBN 978-88-7223-414-3

 

 

Autori e novelle

 

Alessandro Varaldo, Le pistole del generale; Due viaggi lungo l’Isarco; Tre poeti. L’incontro romantico di Prati, Aleardi e Revere sulle sponde dell’Adige.

Gino Cornali, Incontro sotto il Pordoi; Malaspina.

Ulderico Tegani, Una scodella di latte; Giorno di festa.

Rosaria Rocco, La guida; La terra.

Vincenzo Filippone, Il cacciatore selvaggio.

Gianni Brera, Il paracadutista innamorato.

Sandro Caputo, Nascita d’una città.

Giorgio Pellini, La forza del silenzio. Confessione sotto lo Sciliar.

Goffredo Ginocchio, La volpe d’argento.

 

 

INTRODUZIONE 

 

Rif. bibl.: Romeo, Carlo, Un paradiso di carta. L’Alto Adige nei racconti di “Atesia Augusta” (1939-1943). In: Carlo Romeo (a cura di), Un angolo di paradiso. Novelle altoatesine del Ventennio© Edizioni alphabeta Verlag, Meran/Merano 2023, pp. 5-18.

 

 

 

UN PARADISO DI CARTA

L’Alto Adige nei racconti di “Atesia Augusta” (1939-1943)

 

di Carlo Romeo

 

 

La lettura di queste novelle può sembrare straniante se proiettata sullo sfondo storico in cui esse vennero pubblicate. Sono alcuni dei circa cinquanta racconti che accompagnarono la breve vita di una rivista di “fine regime”: la rassegna mensile “Atesia Augusta”, edita a Bolzano dal marzo 1939 al giugno 1943. Si tratta di un breve periodo che segnò il rapido passaggio dall’apogeo del consenso alla crisi e al crollo del regime fascista: pochi anni scanditi dall’escalation del più spaventoso conflitto che l’umanità avesse mai prodotto.

 

Nel loro vario stile – umoristiche o seriose, moraleggianti o sentimentali – le novelle uscirono, potremmo dire, “su commissione” dalla penna di consumati professionisti della carta stampata, di giovani aspiranti scrittori e scrittrici, oppure di semplici dilettanti. Loro minimo comune denominatore era il tema assegnato: l’Alto Adige. Di questa “nuova provincia” la direzione della rivista avrebbe voluto si celebrasse anche in forma letteraria e narrativa il nuovo volto italiano, fascista e “moderno”. Nelle novelle tale volto assunse perlopiù i tratti idillici di un angolo di paradiso montano, pacificato, sereno e operoso. Da qui lo straniamento di una lettura in controluce rispetto al loro tempo, all’incalzare degli eventi che si abbattevano sui lettori di un “paradiso” che di giorno in giorno mostrava un nuovo strappo nel suo “cielo di carta”.

 

Archivio F. Miori, Bolzano

Bolzano, 28 ottobre 1938. Il prefetto Giuseppe Mastromattei (2° da sin.) in occasione del decennale

della Marcia su Roma (Archivio Fabrizio Miori, Bolzano)

 

 

Sotto fausti auspici

 

Fortemente voluta dal prefetto Giuseppe Mastromattei (1), la rivista “Atesia Augusta” (2) venne solennemente presentata «con l’alto assenso del Duce e sotto gli auspici del Ministro della Cultura Popolare» il 23 marzo 1939, in occasione del ventennale della fondazione dei Fasci di Combattimento.

 

Il titolo della rivista […] attinge la sua storica giustificazione alle chiare fonti della romanità, per affermare la nobiltà d’origine di una terra nelle cui valli non si è spenta l’eco solenne della trionfale marcia dei Legionari di Druso inviato di Augusto. Nella luce del risorto Impero, Bolzano unisce così un’altra voce per esaltare il genio del Duce e la potenza dell’Italia fascista. Per il raggiungimento degli alti suoi scopi “Atesia Augusta” si propone di assumere un eminente ruolo quale strumento di azione a carattere squisitamente politico e quale portavoce di tutti i ceti intellettuali operanti per la grandezza d’Italia nella rifiorente terra di confine. (3)

 

La rivista si presentava con un fascicolo inaugurale (4), prefato dal ministro dei Lavori pubblici Giuseppe Cobolli Gigli, interamente dedicato alla celebrazione dei successi del regime nella difficile provincia di frontiera, che era stata spesso oggetto di polemiche internazionali e nella quale la politica di italianizzazione aveva incontrato la forte resistenza della popolazione di lingua tedesca.

In quel marzo 1939 l’Italia fascista sembrava apparentemente godere di una favorevole congiuntura, a livello sia internazionale sia locale. Sul piano diplomatico, l’ultimo importante atto era stata la partecipazione alla Conferenza di Monaco (settembre 1938) dalla quale Mussolini era tornato incensato dalla propaganda quale “salvatore” della pace europea. All’inizio di quello stesso marzo si era conclusa la guerra civile spagnola con la vittoria dei nazionalisti, che erano stati attivamente sostenuti dall’Italia.

In seguito all’aggressione italiana all’Etiopia, condannata con le sanzioni della Società delle Nazioni, e alla proclamazione dell’Impero (maggio 1936), si era rafforzata l’alleanza tra la Germania nazista e l’Italia fascista. Nel maggio 1939 essa sarebbe stata sancita in un inedito accordo di reciproco appoggio militare sia difensivo sia offensivo (il cosiddetto “Patto d’Acciaio”).

Ciò ebbe notevoli ripercussioni anche sull’Alto Adige. Dopo l’Anschluss austriaco nel marzo del 1938, nel suo viaggio in Italia Hitler aveva rilasciato una solenne dichiarazione, prontamente enfatizzata dalla stampa italiana, sul confine del Brennero quale frontiera eterna che la “provvidenza” aveva segnato tra le due nazioni ora alleate. Da parte italiana ci si era illusi che ciò sarebbe bastato per spegnere il fuoco dell’irredentismo sudtirolese, alimentato proprio dal movimento nazionalsocialista locale. (5)

La snazionalizzazione promossa dal fascismo aveva ottenuto in passato solo risultati parziali e controversi, anche dopo l’istituzione della Provincia di Bolzano, separata da Trento (1926). Con l’arrivo di Mastromattei sembrava però aver sperimentato una significativa svolta. Questi aveva puntato direttamente sull’economia: solo una decisa “modernizzazione” delle strutture economico-sociali, insieme a un’accelerazione dell’immigrazione italiana, avrebbe potuto aver ragione dell’ostinata resistenza etnica sudtirolese. Lungo gli anni trenta – anche sulla scia della politica di intervento statale dopo la crisi del 1929 – si registrò in Alto Adige una serie di imponenti iniziative in tutti i settori dell’economia. Il progetto più ambizioso fu la creazione della grande zona industriale di Bolzano, avviata a metà del decennio con il principale obiettivo di far affluire nel capoluogo migliaia di famiglie italiane. La città era in piena espansione in tutte le sue infrastrutture, nell’edilizia pubblica e privata, tanto che a livello propagandistico fu coniata l’immagine di una “Nuova Bolzano” italiana, moderna e funzionale, contrapposta al vecchio centro storico tedesco, medievale e residuale.

Quest’ondata di “modernizzazione” investì tra gli altri anche il settore turistico, sotto il profilo non solo infrastrutturale, ma anche della comunicazione e della promozione, che la stessa “Atesia Augusta” sembrava riflettere nella sua veste grafica e redazionale.

 

 

Tempo di Opzioni e di guerra

 

Nel giro di pochi mesi la realtà cominciò a travolgere i fausti auspici sotto cui era nata la rivista. Già nel giugno 1939 vi fu a Berlino il primo incontro italo-germanico per discutere un accordo (concretizzatosi in ottobre) che risolvesse una volta per tutte il problema costituito dall’Alto Adige, più precisamente dalla sua popolazione tedesca e ladina: i Volksdeutschen secondo la terminologia nazista, gli allogeni secondo quella nazionalista italiana. A essi fu sottoposta la scelta tra il mantenimento della cittadinanza italiana oppure l’acquisizione di quella germanica con conseguente trasferimento nel Reich.

Le cosiddette “Opzioni” si conclusero, nel dicembre 1939, con una schiacciante prevalenza (più dell’ottanta per cento) di richieste di cittadinanza germanica. Furono una vittoria della propaganda nazista, che le aveva presentate come una dichiarazione di fede etnico-nazionale e aveva pianificato il riassorbimento nel Reich dell’intera Volksgruppe sudtirolese. Al contrario, esse certificarono la sconfitta della politica italiana, che in vent’anni non era riuscita a scalfire l’avversione della minoranza. Rappresentarono anche una sconfitta personale dello stesso Mastromattei, il quale aveva tentato inutilmente di attuare una contropropaganda nei confronti dell’espatrio. (6) Messosi per questo in urto con le autorità germaniche, il prefetto venne sollevato dal suo incarico. (7) Lo sostituì Agostino Podestà (8), che rimase in carica per quattro anni, fino al febbraio del 1943. Questi dovette affrontare i gravi problemi determinati dall’esecuzione degli accordi del 1939, con l’inizio dei trasferimenti dei sudtirolesi e le controversie con le autorità germaniche su numerose questioni economiche e giuridiche. Tra queste vi era la volontà da parte tedesca di asportare e trasferire nel Reich il maggior numero di beni culturali locali, considerati di pertinenza della “cultura germanica”. Coordinati da una Kulturkommission dell’ufficio SS-Ahnenerbe (“Eredità degli avi”), in quel periodo furono attivi in provincia diversi gruppi di lavoro incaricati di raccogliere, documentare, catalogare ogni aspetto della vita culturale della Volksgruppe sudtirolese: dagli archivi documentari ai beni artistici, dall’architettura alla musica, alla danza e ai costumi popolari. Il progetto di parte germanica, dotato di ampi mezzi e finanziamenti, spinse Podestà a realizzare i tre volumi Alto Adige. Alcuni documenti del passato, l’ultima opera di documentazione nazionale del Ventennio. (9) Gli autori e redattori scelti dal prefetto per quest’iniziativa editoriale furono anche assidui collaboratori di “Atesia Augusta”.

Presentato l’ultimo volume al cospetto di Mussolini nel gennaio 1943, Podestà lasciò Bolzano per assumere la prefettura di Fiume. (10) Le conseguenze della guerra si erano nel frattempo fatte sentire anche in Alto Adige. Rallentati e poi sospesi i trasferimenti degli optanti, in provincia si era consolidata un’amministrazione parallela a quella italiana. Gli uffici germanici, insieme all’Arbeitsgemeinschaft der Optanten für Deutschland (AdO, Comunità di Lavoro degli Optanti per la Germania), gestivano ogni aspetto della vita dei numerosi optanti ancora in attesa di trasferimento (circa due terzi del totale). La solidità di questa struttura parallela si sarebbe rivelata al momento dell’occupazione tedesca, l’8 settembre 1943.

Per “Atesia Augusta” i battenti si chiusero ancor prima, con l’implosione del regime (25 luglio 1943). Fin dall’inverno precedente le maglie della censura e della propaganda non riuscivano più a soffocare i sentimenti di disillusione, malcontento e avversione verso la rovinosa guerra, di cui ora il senso comune attribuiva la piena e unica responsabilità alla Germania e a Mussolini. Negli ultimi fascicoli di “Atesia Augusta” si era dato conto dell’arrivo e dell’accoglienza dei reduci dal fronte russo nei campi contumaciali della provincia. L’ultimo numero della rivista uscì a giugno, quando ormai i bombardieri alleati sorvolavano quotidianamente la penisola ed era imminente lo sbarco in Sicilia. L’editoriale esortava i lettori a non perdere l’«incorruttibile fede» nei valori ideali e nella vittoria, anche a fronte di previsioni «di mero ordine materiale» e persino del «solido buon senso». (11)

 

 

 Le novelle altoatesine

 

“Atesia Augusta” si proponeva come «portavoce di tutti i ceti intellettuali di questa terra di confine, sì da interpretarne il pensiero e i sentimenti». (12) Dopo le realizzazioni materiali, sarebbero dovuti arrivare i frutti intellettuali e artistici («il canto degli spiriti e le opere degli artisti») (13) a testimoniare la vitalità della nuova identità altoatesina.

Un posto di rilievo ebbero fin dall’inizio i contributi di illustrazione storica, tra i cui estensori vi furono Antonio Zieger (14), Pietro Pedrotti (15), l’archeologa Pia Laviosa Zambotti (16), Guido Canali (17), Berengario Gerola (18), senza contare quelli di taglio più divulgativo di Mario Ferrandi (19), direttore de “La Provincia di Bolzano”, e di Vincenzo Filippone, addetto stampa della Prefettura nonché presidente dell’Istituto nazionale di Cultura fascista.

Regolare spazio ottennero i contributi di storia dell’arte firmati prevalentemente da Nicolò Rasmo (20), che dirigeva il Museo dell’Alto Adige di Bolzano, da poco riorganizzato. Numerose poi le prose sull’ambiente atesino, sul paesaggio, gli usi e costumi, le leggende, le bellezze turistiche e i profili di personaggi locali. Tra le firme più ricorrenti vi era quella del futuro germanista Luigi Lun, allora docente a Bolzano, dello scrittore Ettore Cozzani (con la rubrica Creature, dedicata a interpretare la “personalità” degli alberi) (21), mentre Giorgio Pellini e Arturo Tanesini (22) illustravano il fascino del turismo estivo e invernale della Val Gardena nonché la pratica alpinistica. Costante fu inoltre l’appuntamento con le note teatrali e musicali del musicologo Guglielmo Barblan (23) e con le trascrizioni di canti popolari (soprattutto ladini) di Guido Farina. (24)

Accanto a concorsi fotografici e pittorici, la rivista ne promosse uno anche per novelle. Il primo avviso, pubblicato nel maggio 1940, parlava di un racconto «di ambiente riferito all’Alto Adige romano e fascista» di cui avrebbe dovuto «celebrare in forma narrativa letteraria le magnificenze storiche, spirituali, panoramiche». Nel fascicolo seguente il bando fu pubblicato con maggiori dettagli:

 

Il tema è libero: tuttavia, date le finalità della nostra Rivista, sorta con l’approvazione del Duce sotto gli auspici del Ministero della Cultura Popolare, per la valorizzazione dell’Alto Adige, sarà data la preferenza ai racconti che siano ambientati alla regione atesina romana e fascista, o che abbiano comunque riferimento a questa italianissima Terra del Brennero. (25)

 

I racconti pubblicati dalla rivista, dentro e fuori i concorsi, si mossero comunque con una certa libertà di impostazione. L’auspicata cornice politico-nazionale fu certo avvertita come un limite: a parte qualche caso, nel concetto dei racconti essa risulta un dato secondario ed esteriore. Probabilmente ci si sarebbe attesi anche un più frequente riferimento alle citate «magnificenze storiche» altoatesine, magari attraverso un’elaborazione narrativa dei tanti spunti offerti dagli studi sull’italianità del territorio. Nessuna novella, per esempio, venne ispirata dall’età romana, pur tanto richiamata nella rivista, fin dal titolo. Rari furono i riferimenti propriamente storici, e solo l’ambientazione delle tre novelle di Alessandro Varaldo qui antologizzate – e più per una predilezione connaturata all’autore – si spinse a ritroso nel tempo, al Settecento e Ottocento. La Grande Guerra compare talvolta nel vissuto psicologico dei personaggi, come nelle novelle di Ulderico Tegani e Gino Cornali inserite nella presente selezione. In altri racconti lo sfondo è la (ancor più “grande”) guerra in corso, resa manifesta dai notiziari della rivista attraverso i sempre più fitti ritratti dei caduti altoatesini. (26)

Più frequente è invece l’evasione letteraria in un Alto Adige senza tempo, come nella fiaba drammatica Soregina di Diego Valeri (27) e ne Le streghe dei prati rossi di Goffredo Ginocchio (28), oppure nel Medioevo fiabesco popolato di fantasmi, come in Tra veglia e sonno, nel castello incantato di Marco Ramperti. (29)

Il requisito dell’ambientazione altoatesina viene sì rispettato, ma si tratta spesso di semplici riferimenti toponomastici e topografici, senza caratterizzazione etnica, calati in rappresentazioni del tutto convenzionali e bozzettistiche del mondo alpino. Esso viene genericamente assimilato al mondo rurale nazionale. L’occhio esterno, qual è generalmente quello degli autori e autrici, associava i caratteri della provincia ai valori della montagna, in un immaginario che derivava sia dalla lunga tradizione romantica sia dai più recenti appelli ruralistici del regime. Per questo affiorano talora accenti polemici contro il mondo cittadino e borghese, frenetico e “malato”, a cui viene idealmente contrapposta la “salute” del vitalismo alpino-montanaro. (30)

Poche novelle sono ambientate in città. Frequente è invece lo scenario turistico di alcune località che avevano ormai assunto rinomanza nazionale e venivano associate, in controtendenza all’indirizzo ruralista sopra accennato, al fascinoso mondo dell’alta società: Merano, Braies, Siusi, Ortisei. Un mondo spensierato di sciate ed escursioni, sport d’élite e giochi di società, danze e concerti, iconicamente segnato dall’elegante e moderno tratto dei manifesti pubblicitari del pittore Franz Lenhart. Un mondo che in quegli stessi anni si apprestava a spegnere le sue brillanti luci, ormai in stridente contrasto con l’imminente bufera.

 

 Franz Lenhart

 

 

 

NOTE ALL’INTRODUZIONE

 

1) Giuseppe Mastromattei (1897-1987), marchigiano, dopo la partecipazione alla Prima guerra mondiale aveva ricoperto, già negli anni venti, incarichi di crescente importanza nelle fila del partito fascista. Fu prefetto di Bolzano dal 1933 al febbraio 1940, quando fu destinato a presiedere l’Azienda Ligniti italiane. Dopo la caduta del regime (luglio 1943) si eclissò dalla vita politica e nel dopoguerra fu attivo nel settore del commercio internazionale.

 

2) Per un’introduzione generale alla rivista, si vedano G. Faustini, L’impegno del fascismo per un giornalismo culturale, in G. Delle Donne (a cura di), Bibliografia della questione altoatesina, vol. II, Provincia autonoma di Bolzano, Bolzano 1994, pp. 19-27; E. Mich, Aspetti dell’arte altoatesina attraverso le pagine di “Atesia Augusta” (1939-1943), in Ivi, pp. 29-35. Sulle novelle di “Atesia Augusta” si vedano G. Mezzalira, Un nuovo mondo da raccontare, in A. Holzer, B. Sauer (a cura di), Tiroler Beiträge zum Kolonialismus, Skolast, Bozen-Innsbruck 1992, pp. 120-130; C. Romeo, Scorci di un confine. L’Alto Adige in un secolo di letteratura italiana, Edizioni alphabeta Verlag, Merano 2023, pp. 80-90.

 

3) Il Ventennale dei Fasci, in “La Stampa”, 22 marzo 1939.

 

4) Opere pubbliche nella Venezia tridentina, 1918-1938, in “Atesia Augusta”, Tipografia SITE, Bolzano 1939.

 

5) Il Völkischer Kampfring Südtirols (VKS), fondato nel 1933.

 

6) Tra l’altro anche con i seguenti editoriali su “Atesia Augusta”: Chiarificazione (I, 1939, 6, p. 11); Serenità operosa (I, 1939, 8, p. 11); Esecuzione degli accordi sull’Alto Adige (I, 1939, 9, pp. 10-11). Sulla ricezione delle Opzioni del 1939 in campo italiano si veda C. Romeo, Le scelte degli altri. La memoria italiana delle opzioni del 1939, in E. Pfanzelter (a cura di), Option und Erinnerung / La memoria delle opzioni, “Geschichte und Region/Storia e Regione”, XXII (2013), 2, pp. 41-56.

 

7) Mastromattei continuò a mantenere la direzione di “Atesia Augusta”, che lasciò solo nel dicembre del 1940. Insieme a lui se ne andarono Carlo Maria Caretta (redattore responsabile da luglio) e Guido De Luca (condirettore da agosto). Dal gennaio 1941 come direttore responsabile figurò il giornalista de “L’Arena” di Verona Antonio Baldini Rualis, che però nel 1942 fu per lunghi periodi al seguito dell’ARMIR in Russia.

 

8) Sulla figura di Agostino Podestà (1905-1969) si veda D. D’Urso, Agostino Podestà prefetto di frontiera, in “Il Cristallo”, 1/2021, pp. 17-38.

 

9) Aa. Vv., Alto Adige. Alcuni documenti del passato, 3 voll., Istituto italiano d’Arti grafiche, Bergamo 1941-42. Sull’opera e il suo contesto si veda C. Romeo, Scorci di un confine, cit., pp. 90-94.

 

10) Gli succedettero dapprima Giacinto Froggio, quindi, dal giugno 1943, Emanuele Zannelli, già prefetto di Catania.

 

11) E. Bizzarri, L’antica incorruttibile fede, in “Atesia Augusta”, V (1943), 5-6, pp. 7-8. Il romano Edoardo Bizzarri (1910-1975), allora insegnante a Bolzano, si era messo in luce con saggi sul Rinascimento e collaborava con riviste nazionali. Su “Atesia Augusta” firmò sei editoriali politico-propagandistici e un contributo su Machiavelli a Bolzano (II, 1940, 8, pp. 33-35). Nel dopoguerra avrebbe intrapreso un’importante attività di traduttore soprattutto dall’inglese e dal portoghese, dirigendo l’Istituto italiano di Cultura di San Paolo in Brasile.

 

12) G. Mastromattei, Editoriale, in “Atesia Augusta”, I (1939), 1, p. 5.

 

13) G. Silvestri, Clima di rinascita, in Ivi, I (1939), 1, pp. 15-18. Il giornalista Giuseppe Silvestri (1899-1973) fu redattore capo di “Atesia Augusta” fino al luglio 1940. Dopo il 25 luglio 1943 assunse la direzione del quotidiano veronese “L’Arena”, esponendosi contro il regime caduto e subendo poi per questo il carcere. Ricostruì l’esperienza in Albergo agli Scalzi (Garzanti, Milano 1946).

 

14) Il trentino Antonio Zieger (1892-1984) dirigeva gli Archivi di Stato di Trento e di Bolzano. Sulla sua figura si veda Antonio Zieger: il destino italiano di una regione, in “Studi Trentini. Storia”, 95 (2016), 1, pp. 30-138.

 

15) Pietro Pedrotti (1875-1956), irredentista, fu attivo collaboratore della rivista “Studi trentini di Scienze storiche”.

 

16) Pia Laviosa Zambotti (1898-1965) aveva appena pubblicato il volume Le civiltà preistoriche e protostoriche nell’Alto Adige: documentazione archeologica (Bardi, Roma 1938), premiato dall’Accademia d’Italia. Nello stesso anno cominciò a insegnare Paletnologia all’università di Milano.

 

17) Su Guido Canali (1903-1988) si veda la relativa scheda di C. Romeo in Dizionario biografico degli storici trentini (da qui in poi DBST), in www.studitrentini.eu (30 marzo 2023).

 

18) Berengario Gerola (1908-1953), dal 1933 titolare di una cattedra al liceo classico di Bolzano, era stato distaccato presso l’Istituto di Glottologia di Firenze. Alla fine del 1939 si trasferì in Danimarca e poi in Svezia, tornando in patria solo nel dopoguerra. Si veda la relativa scheda di M. Bettotti in DBST (30 marzo 2023).

 

19) Il bresciano Mario Ferrandi (1903-1973) arrivò al quotidiano bolzanino già nel 1929, divenendone redattore capo e poi direttore. Pubblicò Leggende e riti atesini (Brennero, Bolzano 1932). Nel dopoguerra collaborò all’“Alto Adige” e pubblicò L’Alto Adige nella storia (Brennero, Bolzano 1955, più volte riedito).

 

20) Sulla figura dello storico dell’arte Nicolò Rasmo si veda S. Spada Pintarelli (a cura di), Per l’Arte / Für die Kunst. Nicolò Rasmo (1909-1986), Comune di Bolzano, Bolzano 2009.

 

21) Ettore Cozzani (1884-1971) fu tra l’altro fondatore e direttore della rivista e casa editrice milanese “L’Eroica”.

 

22) L’emiliano Arturo Tanesini (1905-1982), alpinista e ingegnere, ricoprì incarichi di vertice nel settore turistico altoatesino. Fu podestà di Ortisei. Pubblicò numerosi libri di montagna e una fortunata biografia di Tita Piaz (Il diavolo delle Dolomiti, L’Eroica, Milano 1941). Nel dopoguerra fu attivo nel campo della progettazione e costruzione di funivie. Si veda a questo proposito L. Rava, D. Colli, Arturo Tanesini. Un alpinista romagnolo sulle Dolomiti, Nuovi Sentieri, Belluno 2009.

 

23) Il musicologo Guglielmo Barblan (1906-1978) fu a Bolzano dal 1932 al 1949, insegnando Storia della Musica presso il Conservatorio Monteverdi.

 

24) Il pavese Guido Farina (1903-1999) insegnava in quegli anni Musica corale al Conservatorio.

 

25)  “Atesia Augusta”, II (1940), 6, p. 53. Il concorso, aperto agli iscritti ai sindacati nazionali degli autori e giornalisti di tutt’Italia, prevedeva premi che andavano dalle 1.000 alle 2.500 lire. La giuria era composta da Vincenzo Filippone, presidente dell’Istituto di Cultura fascista, Mario Ferrandi, Simone Neri Leonardi (sindacato dei giornalisti), Antonio Papuzzi e Matteo Nardelli (sindacato degli autori e scrittori, rispettivamente di Bolzano e di Trento), Antonio Savini (unione professionisti e artisti), nonché dal poeta Diego Valeri e dal narratore Alessandro Varaldo.

 

26) Per esempio C. Linati, L’anellino d’oro, in “Atesia Augusta”, IV (1942), 3-4, pp. 36-38; B. Cerdonio, Chi non è più, in Ivi, V (1943), 1-2, pp. 27-29.

 

27) D. Valeri, Soregina, in “Atesia Augusta”, II (1940), 4, pp. 29-35. Si tratta di un estratto del dramma messo in scena alla Fenice di Venezia già nel 1928, nato da una libera elaborazione della leggenda ladina narrata da C.F. Wolff.

 

28) G. Ginocchio, Le streghe dei prati rossi, in “Atesia Augusta”, I (1939), 8, pp. 31-38. Sull’autore si veda nota 1, a p. 229.

 

29) M. Ramperti, Tra veglia e sonno, nel castello incantato, in “Atesia Augusta”, II (1940), 1, pp. 26-28. Marco Ramperti (1886-1964) fu giornalista e romanziere assai attivo nel Ventennio. I suoi articoli propagandistici nel periodo 1943-45 gli procurarono nell’immediato dopoguerra una dura condanna per collaborazionismo, poi amnistiata. Su “Atesia Augusta” pubblicò, oltre a questa, solo un’altra novella e una prosa d’ambiente.

 

30) Un perfetto esempio si trova in F. Mantovani, Invito alla montagna, in “Atesia Augusta”, IV (1942), 5-6, pp. 32-33.