Intorno all'ultimo libro di Miguel Gotor, Generazione Settanta, che ricostruisce un decennio dai tanti nodi non sciolti (di Roberto Antolini)

 Anni Settanta

 

Miguel Gotor

Generazione Settanta: storia del decennio più lungo del secolo breve 1966-1982,

Torino, Einaudi, 2022, 447 p., € 34

 

 

GEOPOLITICA DEGLI ANNI '70 IN ITALIA

 

di Roberto Antolini

 

Vi è mai venuto qualche dubbio sulla bomba scoppiata il 12 dicembre 1969 alla Banca dell’Agricoltura di Milano, sulle altre che la hanno seguita negli anni ’70, nonché sulle interminabili vicende giudiziarie che ne sono scaturite, incapaci (?) di mettere la parola fine su quanto avvenuto? Io per la prima volta ne ho trovato una convincente ricostruzione storiografica (quindi oltre il semplice giornalismo, o la memorialistica) nel recente libro sugli anni ’70 Generazione Settanta di Miguel Gotor, docente di storia moderna all’Università di Tor Vergata a Roma (nonché assessore alla cultura nella giunta Gualtieri al municipio di Roma), che nel passo più impegnativo del libro - dopo aver ricostruito le vicende politiche, burocratiche e giudiziarie sulla base anche di documenti italiani ed esteri da poco desecretati - scrive:

 

«come mai i servizi segreti italiani e, più in generale, gli apparati di sicurezza dello Stato, nonostante la rete di infiltrati nelle organizzazioni neofasciste di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, non riuscirono a prevenire le stragi del periodo 1969-74 e a individuarne i responsabili dopo? Non lo fecero perché non ricevettero dal governo alcun impulso a procedere in quella direzione, sebbene alcuni giovani e coraggiosi magistrati avessero da subito imboccato la strada giusta. In verità gli apparati di sicurezza si assunsero un compito esattamente opposto: sostenere fermamente l’esistenza di una pista anarchica e, nel caso, costruirla un pezzo dopo l’altro così da coprire, come fanno i gattini con i propri escrementi, gli effettivi responsabili delle stragi e i loro ispiratori nazionali e internazionali. Questi depistaggi non scaturirono da alcuna “deviazione” dell’attività dei servizi segreti, come in seguito si volle far credere all’opinione pubblica per carità di patria e per ricercare una consolatoria quanto indulgente versione autoassolutoria, ma costituirono il risultato di un preciso mandato istituzionale, svolto con professionalità e perizia dagli esponenti degli apparati dello Stato costituzionalmente preposti a tutelare la sicurezza nazionale e finanziati con le tasse dei loro concittadini». (p.133)

 

 Il libro in questione è un libro di storia degli anni ’70 costruito – finalmente – con una prospettiva nuova, che non ficca la testa nella sabbia. Quali sono le vicende più importanti del decennio? Indubbiamente quelle più atroci e “inspiegabili” che lo hanno insanguinato: le bombe del terrorismo stragista e le morti degli anni di piombo, che, se lasciate senza risposta, molto chiaramente impediscono di scrivere una storia del decennio (si può scrivere di storia di quegli anni parlando d’altro?). Gotor ci prova, senza fare come i gattini.

Lo fa ampliando la prospettiva sistematicamente oltre il limite dei confini nazionali, e partendo dal ruolo dell’Italia nei primi decenni dopo il fascismo e la fine della guerra mondiale. Dalla mancata defascistizzazione, che aveva lasciato negli apparati dello stato (come nella società) una pesante ipoteca “nostalgica” nel modo di pensare la vita politico-sociale e le regole democratiche, alla “sovranità limitata” del nostro Paese in epoca di guerra fredda. Dopo la guerra l’Italia, uscita distrutta, si riprende miracolosamente, diventa un paese moderno e rampante, incastrata negli schemi dell’Occidente atlantico, ma che sgomita anche per allargare i propri spazi di manovra, per esempio tessendo nel panorama della decolonizzazione rapporti energetici diretti con ambienti nordafricani e mediorientali, che danno fastidio agli eredi del vecchio colonialismo. Gotor individua un conflitto che attraversa tutto il dopoguerra, ma che viene al dunque proprio negli anni ’70, fra fedeltà atlantico-occidentale e tendenze all’autonomia, diciamo nazionale, presenti nella politica italiana. Un conflitto “sporco” che si gioca più sottobanco che in chiaro, e che a sua volta si intreccia con un altalenarsi delle politiche atlantiche fra Ostpolitik (che guarda al concorrente d’oltre-cortina in modo colloquiale e sdrammatizzante) e “richiami all’ordine” di una guerra fredda proprio bellica, senza tentennamenti. In questo quadro Gotor racconta la trasformazione del Paese anche nelle coscienze, e nell’idea di sé delle nuove generazioni, venute dopo la caduta del fascismo, e cerca di indagare i conflitti e le osmosi fra modernizzazione e sopravvivenze.

Il nodo storico centrale del decennio, così come di tutto il dopoguerra – secondo Gotor – è il sequestro Moro, dove tutto si intreccia: movimenti di protesta ed infiltrazioni, politica nazionale e vincoli esterni, burocrazia P2ista e servizi segreti vari.

 

«Dopo la feroce lezione che l’operazione Moro aveva impartito alle classi dirigenti italiane, - scrive Gotor – nessuno più avrebbe osato provare a disallinearla, come avevano tentato di fare, con un’italica operosa tenacia (che gli osservatori stranieri sbagliarono a sottovalutare) e una buona dose di raffinatezza intellettuale, pur nella diversità dei loro rispettivi elettorati di riferimento e inclinazioni caratteriali e ideologiche, il pugliese Moro, il sardo Berlinguer e il siciliano La Malfa, tra il 1969 e il 1979.» (p.261)

 

Dopo il sequestro e assassinio di Moro e della sua scorta, nulla è più come prima, in Italia, con la fine dei tentativi di consolidare modernità e democrazia con l’inserimento del PCI nell’area di governo, ma parallelamente anche nel mondo di cui l’Italia fa parte. Con la fine del decennio franarono i presupposti per la distensione: con l’elezione a papa del polacco Wojtyla, con la presa del potere degli islamisti in Iran e la caduta del democratico Carter, con l’invasione dell’Afghanistan da parte dell’URSS ed infine con l’elezione a presidente USA di Reagan.

In Italia, al giro del decennio, quelli che erano stati i sessantottini si dividono - schematizza per esemplificare Gotor - fra yoga e attività “alternative” di benessere individuale da una parte e tentativi di inserimento yuppista e rampante dall’altra.

 

 «A ben guardare, entrambe queste strade, seppur sostanzialmente diverse sul piano sociale e della rappresentazione di sé, erano accomunate da una centralità ideologica dell’individuo come valore che ha progressivamente assunto le forme di una vera e propria deriva narcisistica di tipo autoreferenziale, uno degli esiti possibili della lunga stagione dei movimenti e del crollo delle speranze rivoluzionarie.» (p.377)