Riedito da Alphabeta il memoriale di Giambattista Lazagna del 1975, che contribuì alla liberazione di Hans Pircher.
Giambattista Lazagna: Il caso del partigiano Pircher
A cura di Carlo Romeo e Leopold Steurer
2022 Edizioni Alphabeta Verlag, Merano - ISBN 978-88-7223-393-1
Con il sostegno della Provincia Autonoma di Bolzano e di
ANPI Circolo Culturale Franca “Anita” Turra / Hans Egarter Bolzano
Preceduto da un’ampia introduzione storica, è qui riedito il Memoriale sul caso Pircher che Giambattista Lazagna scrisse nel carcere di Fossano tra la fine del 1974 e gli inizi del 1975. Durante la seconda guerra mondiale, il venostano Hans Pircher aveva disertato dalla Wehrmacht svolgendo incarichi di corriere tra le forze militari alleate di stanza in Svizzera e Hans Egarter, capo della resistenza sudtirolese, e unendosi infine al gruppo di partigiani attivi in Val Passiria. Nel contraddittorio clima politico del dopoguerra, questi ultimi furono imputati di atti che sarebbero dovuti rientrare nelle varie amnistie previste per la Guerra di Liberazione. Dopo una prima assoluzione, Pircher fu condannato nel processo d’appello, svoltosi incredibilmente a sua insaputa. Casualmente arrestato a distanza di anni e trasferito da un carcere all’altro, percorse un lungo tunnel di disperazione e solitudine, fino al provvidenziale incontro con un singolare compagno di detenzione, l’“avvocato dei poveri” Roberto Miroglio. Affiancandone la difesa tecnica, Lazagna denunciò lo scandalo della vicenda non solo da un punto di vista giuridico, ma anche su un piano storico, politico e civile, innescando un’ampia campagna di mobilitazione pubblica che portò al condono della pena e alla liberazione di Pircher.
1992: G.B. Lazagna e Hans Pircher a Vezzano (cr)
INDICE
Carlo Romeo e Leopold Steurer
Tra la Val Borbera e la Val Venosta passando per Fossano. Itinerari in margine a Il caso del partigiano Pircher
Congedo da Fossano - Oltre il caso giudiziario - Una storia sudtirolese - Da “partigiani mancati” a “banditi” - Dentro un tunnel - Difesa tecnica e difesa politica - Il comitato di Bolzano - Un caso scomodo – Epiloghi
Giambattista Lazagna
Il caso del partigiano Pircher
Umberto Terracini
Quella sentenza sul caso Pircher
Hans Egarter
La lotta per la libertà
Carlo Romeo e Leopold Steurer
Resistenza, politica e memoria. Cenni biografici su Giambattista Lazagna
Antifascismo di famiglia - Il partigianato di montagna - Professione e politica nel dopoguerra - Gli anni settanta e le vicende giudiziarie - Ricerca e memoria
Giambattista Lazagna (Daniele Gaglianone, Cichero, 1993)
Giambattista Lazagna (1923-2003), genovese, prese parte alla Resistenza sull’Appennino ligure-piemontese. Ferito gravemente in combattimento, assunse ruoli di crescente responsabilità, fino a diventare vicecomandante della divisione Pinan-Cichero. Medaglia d’argento al valor militare, descrisse la propria vicenda in Ponte rotto (1946), una delle prime e più importanti ricostruzioni della guerra partigiana. Accanto alla professione di giuslavorista, svolse nel dopoguerra un’intensa attività politica nelle file del PCI, avvicinandosi poi ai movimenti della sinistra extraparlamentare. Coinvolto nelle indagini relative al primo “terrorismo rosso”, nel 1972 e nel 1974-75 trascorse alcuni periodi in carcere. Da questa esperienza nacquero alcuni libri di denuncia, tra cui Il caso del Partigiano Pircher. Si dedicò poi alla ricerca storica promuovendo la nascita a Rocchetta Ligure (AL) di un centro di documentazione sulla Resistenza che oggi, trasformato in museo, porta il suo nome.
Congedo da Fossano
(dall’Introduzione di C. Romeo e L. Steurer)
Nel tardo pomeriggio dell’otto agosto 1975 la direzione del carcere di Fossano, in provincia di Cuneo, ricevette il fonogramma del Ministero di grazia e giustizia che comunicava la concessione da parte del presidente della Repubblica, Giovanni Leone, del «condono condizionale» al detenuto Giovanni (Johann) Pircher, condannato nel lontano febbraio 1954 dalla Corte di assise di appello di Trento per «omicidio volontario, rapina aggravata e violenza privata». Il maresciallo Dino Farci, comandante del carcere ̶ che da mesi, insieme al direttore del penitenziario Luigi Dotto, non aveva fatto mistero, anche sulla stampa, della sua simpatia verso il detenuto e la sua triste storia ̶ lo convocò subito per informarlo. Pircher era così frastornato che, per convincerlo che questa volta era davvero finita, ci vollero anche le “voci delle celle”, quelle dei compagni che di lì a poco lo chiamarono per ascoltare la notizia alla radio e alla televisione. La notte non riuscì a chiudere occhio e tutto il giorno seguente rimase in febbrile attesa. Troppe volte si era illuso. Eppure già tutta la stampa nazionale riportava il comunicato dell’ANSA con cui veniva annunciata la grazia al «partigiano Pircher». (1)
Solo alle otto di sera fu accompagnato all’uscita. Sul piccolo slargo antistante il portone del «Santa Caterina» lo attendeva un piccolo comitato d’addio. Strinse la mano al maresciallo Farci e al cappellano don Felice Favole, mentre a nome del PSI di Fossano gli veniva consegnato un mazzo di fiori rossi. Ad aspettarlo c’era l’amico d’infanzia Franz Josef Schwienbacher, che l’avrebbe portato con sé a Torino e gli avrebbe procurato anche un lavoro presso la sua ditta di restauri edilizi. A quella tarda ora, così inconsueta per una dimissione, erano presenti pochissimi giornalisti. Alle loro domande Pircher rispose con sorrisi tirati e una dichiarazione di poche parole, nel suo duro italiano che i giornalisti si erano abituati ad aggiustare nella forma:
Ringrazio chi si è adoperato per tirarmi fuori di lì, per primo Roberto Miroglio che ho conosciuto in prigione e che ha studiato a fondo la mia situazione, ha scoperto i madornali errori giudiziari commessi ai miei danni […] poi i giornali di tutta Italia che si sono battuti perché mi fosse resa giustizia, infine l’avvocato Lazagna che è anche lui lì dentro e su di me ha scritto un libro. (2)
Si concludeva così la vicenda carceraria di Hans Pircher, dopo nove anni di detenzione. Eppure quella scarcerazione volutamente in sordina, «semiclandestina e ferragostana» (3) non poteva non lasciare un’ombra di amarezza in lui e nelle persone che l’avevano aiutato da vicino. (4) La soluzione adottata non era stata una revisione del processo, una completa riabilitazione e neppure una “grazia” vera e propria, bensì una “sorveglianza speciale” che sarebbe durata cinque anni. Una soluzione che sembrava voler attutire il più possibile il clamore dello “scandalo”, gli aspetti storici, politici e civili di quel «caso del partigiano Pircher» che ormai da mesi stava montando sulle pagine dei giornali, con interventi di politici e intellettuali, comitati, mozioni e petizioni. […]
NOTE
1) Tra gli altri: “Corriere della Sera” (Fabio Felicetti, Concessa la grazia al partigiano Pircher, 09.08.1975), “l’Unità”, “Il Giorno”.
2) Franco Coliddà, Scarcerato a Fossano piange come un bambino, “Gazzetta del Popolo”, 10.08.1975. Altre cronache di giornalisti presenti: Pircher è uscito dal carcere di Fossano, “Il Giorno, 10.08.1975; Roberto Masutti, Liberato Johann Pircher. Si stabilirà in Piemonte, “L’Adige”, 10.08.1975. Era presente anche una troupe televisiva della RAI.
3) Il partigiano Pircher non ha la grazia ma la sorveglianza speciale, “il manifesto”, 28.08.1975.
4) Così Roberto Miroglio, da poco trasferito al carcere di Massa Carrara, in una lettera a Giambattista Lazagna (14.08.1975): «Pircher, domenica mattina, mi ha fatto pervenire un lungo telegramma di ringraziamenti che mi ha molto commosso sino alle lacrime. Ora tutto è finito, lui è libero anche se ancora molto ci sarebbe da fare per la totale riabilitazione, con la revisione. Rimanderemo questa soluzione a tempi migliori, ossia a quando anch’io sarò libero come spero tanto anche per Lei, essendo certo».
Giambattista Lazagna: Der Fall des Partisanen Pircher
Herausgegeben von Carlo Romeo und Leopold Steurer
2022 Edizioni alphabeta Verlag, Merano (BZ) - ISBN 978-88-7223-394-8
Die Drucklegung dieser Publikation wurde gefördert von Autonome Provinz Bozen und ANPI KulturVerein Franca “Anita” Turra und Hans Egarter
Eine detaillierte Einleitung der beiden Südtiroler Historiker Carlo Romeo und Leopold Steurer führt in die Neuauflage der Verteidigungsschrift zum Fall Pircher ein, die Giambattista Lazagna Ende 1974 im Gefängnis von Fossano verfasste. Während des Zweiten Weltkriegs desertierte der Vinschger Hans Pircher von der Wehrmacht und übernahm Kurierdienste für die in der Schweiz stationierten Alliierten und die Egarter-Gruppe im Burggrafenamt sowie die Partisanen des Passeiertals. Im widersprüchlichen Klima der unmittelbaren Nachkriegszeit wurden Letztere für Taten angeklagt, die unter die Amnestiegesetze – wie sie für den Befreiungskrieg vorgesehen waren – hätten fallen müssen. Nach einem ersten Freispruch wurde Pircher im Berufungsverfahren (ohne sein Wissen und in seiner Abwesenheit) zu langjähriger Haft verurteilt. Nachdem er Jahre später zufällig festgenommen und von einem Gefängnis ins andere verlegt worden war, begegnete er einem außergewöhnlichen Mithäftling, dem sogennannten „Anwalt der Armen“ Roberto Miroglio. Dieser wandte sich im Laufe der Nachforschungen zu Pirchers Fall an den ebenfalls inhaftierten Giambattista Lazagna. Er verfasste dann den vorliegenden Text, prangerte darin neben den technischen Aspekten der Verteidigung diesen Justizskandal auf historischer, politischer und ziviler Ebene an und initiierte eine breite Kampagne zur öffentlichen Mobilisierung, die endlich zur Begnadigung und Freilassung Pirchers führte.
INHALT
Carlo Romeo und Leopold Steurer
Einführung: Vom Borbera-Tal über Fossano ins Vinschgau. Ein Spaziergang mit dem Fall des Partisanen Pircher im Kopf
Entlassung aus dem Gefängnis von Fossano - Jenseits des Gerichtsverfahrens - Eine Südtiroler Geschichte - Von „gescheiterten Partisanen“ zu „Banditen“ - Im Tunnel - Die Verteidigung aus verfahrenstechnischer und politischer Sicht - Das Bozner Komitee - Ein unangenehmer Fall - Epilog
Giambattista Lazagna
Der Fall des Partisanen Pircher
Umberto Terracini
Jenes Urteil im Fall Pircher
Hans Egarter
Der Kampf um die Freiheit
Carlo Romeo und Leopold Steurer
Widerstand, Politik und Erinnerung. Biografische Notizen zu Giambattista Lazagna
Antifaschismus in der Familie - Die Bergpartisanen - Beruf und Politik nach dem Krieg - Die 1970er-Jahre und die Gerichtsverfahren - Forschung und Gedächtnis
Hans Pircher und Giambattista Lazagna in Vetzan, 1992 (cr)
Giambattista Lazagna (Genua 1923–2003) nahm aktiv am Widerstand im ligurisch-piemontesischen Apennin teil. Nachdem er in einem Feuergefecht schwer verwundet worden war, übernahm er immer verantwortungsvollere Aufgaben, wurde schließlich zum Vizekommandanten der Division Pinan-Cichero ernannt und später mit der silbernen Tapferkeitsmedaille ausgezeichnet. Nach Kriegsende schrieb er seine Erfahrungen im Buch Ponte rotto (1946) nieder, einer der ersten und wichtigsten Publikationen über den bewaffneten Widerstand. Neben seinem Beruf als Arbeitsrechtler war er in der Nachkriegszeit politisch in der Kommunistischen Partei Italiens aktiv, der er 1943 beigetreten war, und näherte sich in der Folge den politischen Bewegungen der Neuen Linken an. In die polizeilichen Ermittlung des „roten Terrorismus“ verwickelt, verbrachte er in den Jahren 1972 und 1974/75 einige Zeit im Gefängnis. Diese Erfahrungen inspirierten ihn unter anderem auch zu der Publikation Der Fall des Partisanen Pircher. Später widmete er sich der Geschichtsforschung und setzte sich in der Gemeinde Rocchetta Ligure in der Provinz Alessandria für den Aufbau eines Dokumentationszentrums des Widerstandes ein, das heute, in ein Museum umgewidmet, seinen Namen trägt.