Un episodio poco conosciuto della Guerra di Sicilia (Guerra della Quadruplice alleanza) del 1718-1720 (di Giuseppe La Greca)
L’assedio di Milazzo del 15 ottobre 1718 in una stampa dell’epoca
Autore: Giuseppe La Greca
Rif. bibl.: La Greca, Giuseppe, Lipari nella guerra di Sicilia del 1718 – 1720. In «Humanities» (semestrale dell’Università di Messina), anno IX, 18 (dicembre 2020), pp. 87-102.
LIPARI NELLA GUERRA DI SICILIA DEL 1718 – 1720
di Giuseppe La Greca
La Guerra di Sicilia
Il periodo storico relativo alla guerra di Sicilia del 1718 – 1720 non trova testimonianze negli storici delle Isole Eolie. Filippo V Borbone, Re di Spagna, non si era rassegnato alla situazione che, determinata dalla fine della guerra per la successione spagnola, aveva visto l’occupazione da parte degli austriaci dei possedimenti spagnoli in Italia (Milano, Sardegna, Regno di Napoli e Regno di Sicilia ceduto a Vittorio Amedeo II di Savoia). Dunque, alla prima occasione (quando l’impero austriaco fu impegnato in una durissima guerra contro i Turchi) il Borbone inviò un fortissimo corpo di spedizione, che occupò un dopo l’altra la Sardegna e la Sicilia. Le potenze garanti dei trattati di pace del 1714 e dell’assetto che ne era conseguito (in primis la Gran Bretagna e la Francia) reagirono. La Gran Bretagna inviò una potente flotta nel Mediterraneo, che ribaltò il rapporto di forze e praticamente impedì che l’esercito spagnolo nelle due isole potesse ricevere soccorsi. L’impero austriaco da Milano e da Napoli raccolse ed inviò un numero sempre crescente di truppe, che invasero a loro volta la Sicilia (il cui dominio era stato nel frattempo ceduto da Vittorio Amedeo all’Austria in cambio del regno di Sardegna). La coalizione europea costrinse alla fine la Spagna a rinunciare alla sua avventura ed evacuare le due Isole.
Lipari si schiera con gli Spagnoli
All'indomani dello sbarco del contingente spagnolo nei pressi di Palermo, il 1° luglio 1718, i Giurati di Lipari, probabilmente a larga maggioranza, decidono di schierarsi con gli spagnoli. Il governatore sabaudo, Monsù Giuseppe Domenico Margheria decide di ritirarsi, cercando asilo, all'interno del convento dei Francescani sito nella piazza della Civita. Sul dibattito interno alla comunità eoliana non abbiamo conferme né riscontri. Le lettere del governatore sabaudo dirette all'omologo di Milazzo confermano la sostanziale unanimità del collegio dei Giurati. Anche il presidio militare dell'isola si schiera con gli spagnoli; in effetti era composto da truppe spagnole (dette residenti) rimaste nell'isola al servizio di Vittorio Amedeo sin dal 1713.
Lipari per secoli era stata legata alle corone spagnole di Napoli e di Sicilia; sin dalla guerra del Vespro, i marinai e le navi di Lipari avevano prestato servizio nelle flotte aragonesi, armando galee, fornendo gli equipaggi per la galea reale di Alfonso il Magnanimo e dei suoi discendenti napoletani, e raggiungendo le più alte cariche militari con due ammiragli, Betto du Principato e Lancio di Sergio. Gli ampi privilegi di cui godevano gli abitanti delle Eolie erano il risultato di questi secoli di fedeltà alla Corona. Le mura del Castello di Lipari, riedificate dopo il sacco del 1544 da parte di Ariadeno Barbarossa erano state volute e finanziate da Carlo V. I sovrani di Spagna, in estrema sintesi, erano sentiti dai liparoti come propri.
Gli spagnoli conoscevano bene le difese della Sicilia, concentrate sulla costruzione di varie fortificazioni lungo tutta la costa per evitare assalti e sbarchi in luoghi strategici, ma lasciando l'interno senza notevoli piazzeforti. Per questi motivi, la difesa dell'isola si basava principalmente su sei porti principali (Palermo, Milazzo, Messina, Augusta, Siracusa e Trapani), oltre a luoghi strategici come Lipari. La posizione chiave delle isole Eolie, in grado di controllare le rotte marittime da e per Messina, Napoli e la Costa Calabra, sono uno dei primi obiettivi che si pone il Marchese di Lede, comandante del Corpo di spedizione spagnolo, che sta progettando di inviare due galere nell'isola per conoscere le decisioni della popolazione. Don Gaspare de Narbona gli suggerisce di affidare la missione ad un prete di Lipari residente a Palermo, Don Giuseppe Lo Nigro. Il sacerdote accetta di portare a compimento la missione ed il marchese gli affida delle lettere indirizzate ai Giurati liparoti. Don Giuseppe, insieme con il fratello Antonino, capitano di una feluca, prende il mare per dirigersi a Lipari.
I fratelli Lo Nigro, raggiunta Lipari, decidono di assumere un atteggiamento prudente e non manifestano immediatamente gli scopi della loro missione; Antonino sbarca e una volta all'interno della città comprende che la volontà popolare è apertamente filo-spagnola. Nonostante ciò l'uomo ritorna sull'imbarcazione e riferisce le proprie osservazioni al fratello. Il sacerdote, tuttavia, si muove con cautela e decide di dirigersi verso Vulcano. L'allontanamento da Lipari conferma che non tutti all'interno della classe dirigente della città sono su posizioni filo-spagnole e il sacerdote non vuole compromettersi troppo. Raggiunta la vicina isola invia un messaggio ai giurati.
Ricevuto il messaggio del Lo Nigro, i Giurati decidono di raggiungerlo a Vulcano. Nel corso dell'incontro il sacerdote consegna ai Giurati le lettere del Marchese di Lede. Quindi, lette le missive, i Giurati rientrano a Lipari «fecero con solennità l'acclamazione al re Cattolico col consenso di tutto il popolo, di cui si ascoltavano le alte grida di giubilo; e nel medesimo tempo fu sequestrato con guardie nell’istesso convento il governatore».
I Giurati di Lipari delegano due inviati, Don Francesco Russo e D. Antonino Amendola, per andare a Palermo ad incontrare il Marchese di Lede ma intercettano la flotta spagnola in navigazione verso Messina. Vennero dunque ricevuti sull'ammiraglia e confermarono al Marchese la volontà popolare dei cittadini di Lipari, chiedendogli vita e libertà per il governatore Monsù Giuseppe Domenico Margheria. Il Marchese concede la libertà al governatore piemontese.
La prima notizia del passaggio di Lipari al fronte spagnolo viene pubblica dalla “Gazette de France” (1) il 9 agosto 1718, con una corrispondenza proveniente da Roma: «Il 7 arrivò una feluca da Palermo, con dei dispacci per il Card. Acquaviva […] che il M. di Lede aveva fatto equipaggiare 24 feluche da Lipari, Milazzo, Palermo e Messina, per portare notizie a Roma ed in Sardegna».
L'altra notizia viene dal “Corriere Ordinario” (2):
Scrivono da Palermo in data del 22 di Luglio, tutta la Sicilia, comprendendosi anco l'isola di Lipari, stava già alla divozione del Duca d'Angiù (3), alla riserva di Messina, Siracusa (ove si era rifugiato il Conte Maffei viceré Savoiardo) del Castello di Termini, e di quello di Melazzo, tutt'i quali luoghi gli Spagnoli volevano attaccar in un medesimo tempo.
Da quel momento Lipari si trasforma in una base per le azioni di guerra corsara da parte dei liparoti verso il naviglio napoletano. […]
Il castello di Lipari in una stampa ottocentesca
La decisione di occupare l'isola
I tentativi di sottomettere Lipari con mezzi esclusivamente navali erano falliti e il nuovo comandante imperiale Claudio Florimondo d'Argenteau, conte di Mercy, subentrato al conte Wallis nel corso del 1719, decide di occuparla; la decisione è giustificata anche dall'imminente ritiro della flotta inglese. Il corpo di spedizione guidato dal Barone di Seckendorf (4) è preceduto da un tentativo da parte del tenente colonnello Antonio Botta Adorno che ha l'incarico di recarsi a Lipari per intimare la resa al presidio spagnolo. Seckendorf dedica tutta la sua attenzione all'allestimento della sua spedizione. All'impresa sono destinati tra duemilasettecento e tremila uomini circa (su questo dato le testimonianze sono discordanti) ripartiti in: dodici compagnie di granatieri (un migliaio di uomini) in due battaglioni di formazione comandati dal colonnello Parisoni e dal tenente colonnello Jenik; tre battaglioni provvisori di fucilieri formati con parte delle reclute destinate ai reggimenti di guarnigione a Milazzo, circa 1500 uomini in tutto agli ordini del colonnello Fritsch e dei tenenti colonnelli Rost e Wallis (da non confondere col generale); un distaccamento di centocinquanta cavalieri; un piccolo parco di artiglieria composto di due cannoni da 27 libbre, uno da 25, due mortai e un lanciatore di petardi; un ingegnere con quattro minatori. (5) […]
Causa il vento contrario il convoglio può salpare da Milazzo soltanto la sera del 1° giugno, giungendo a destinazione il mattino del giorno dopo, accolto da alcune cannonate sparate dalle mura del Castello. Prima della partenza sono rinnovati gli ordini del Governatore Mercy: «Conducendosi sopra dett’armata gran quantità di bombe, con ordine espresso di farsi il sacco alla città tutta se al primo avviso non s’avesse reso».
I liparoti, memori dell'assedio ad opera di Ariadeno Barbarossa del 1544 trasferiscono una parte della popolazione, donne e bambini, verso le spiagge di Capo d'Orlando (6). A difesa della città restano duecento spagnoli del Distaccamento e la milizia cittadina composta da circa mille uomini.
Venerdì 2 giugno […] Verso l’alba del 2 giugno l'avanguardia della spedizione è a circa dieci miglia da Lipari, e alle 9 tutta la flotta è in piena vista dell'isola. Il barone Seckendorf sale sulla nave del capitano Walton e decide di inviare un altro parlamentare alle autorità di Lipari per chiedere loro una pacifica sottomissione. L’incarico è dato all’Oberst-Wachtmeister del reggimento “Max Starhemberg”, conte Colmanero de Valdris, con la scorta di alcuni granatieri.
Nel frattempo la flotta si è avvicinata all'isola e anche il conte Colmanero ha fatto ritorno, senza aver raggiunto nessun risultato. Giunte alla distanza di un colpo di cannone da Lipari, le navi sono effettivamente prese di mira da singoli colpi che vanno a vuoto. Questo conduce alla convinzione che i liparoti possono essere portati all’obbedienza solo usando la forza. Il comandante in capo degli imperiali decise di far dirigere le navi non direttamente verso la città di Lipari, ma verso Canneto (7), dove lo sbarco può procedere senza essere disturbato. […]
Sabato 3 giugno […] Alle prime luci dell'alba tutti i luoghi posti fuori dalle mura sono occupati gradualmente, malgrado il continuo fuoco d'artiglieria e di moschetteria dei difensori, che provoca diverse vittime. La resistenza della Milizia liparota, provocò 25 vittime agli austriaci ed altrettanti feriti.
Alla fine della giornata, come riferisce Seckendorf, in tutto il territorio fuori dalla città fortificata la popolazione si era sottomessa “alla grazia dell’imperatore”.
Nella serata vengono trasferiti a Milazzo trentatré soldati feriti nel corso degli scontri tra austriaci e Milizia di Lipari.
Domenica 4 giugno. Nel corso della nottata le truppe austriache riescono a mettere i loro pezzi in posizione con grande difficoltà per via del terreno accidentato, «perché non c’erano sentieri percorribili con carri, figuriamoci con i cannoni». Seckendorf fa aggiungere qualche altro piccolo pezzo, che spara proiettili da due e tre libbre, abbandonati dai Liparoti sulle alture sovrastanti Canneto, e aspetta con impazienza gli effetti della sua artiglieria «per prendere ulteriori misure a gloria e servizio di Sua Maestà». Nel cuore della notte gli imperiali devono registrare la perdita del tenente colonnello Wallis colpito a morte (8). Questi, di propria iniziativa, si era recato a ispezionare gli avamposti dei granatieri e viene colpito da uno sparo degli assediati.
Intorno alle 5 del mattino gli austriaci cominciano il bombardamento. All'attacco partecipano anche le navi, le tartane e le galere che sono all'interno della baia. La città è colpita da cinque bombe, mentre altre colpiscono alcune case nel Borgo.
Il borgo, l'abitato fuori dalle mura, è sottoposto al saccheggio da parte delle truppe e dei marinai delle navi napoletane e calabre per ben cinque ore. Anche le Chiese subiscono lo stesso trattamento nonostante l'iniziativa assunta dal clero, che esce incontro alle truppe imperiali in processione con il Vicario Generale, nelle loro vesti sacerdotali.
Una parte della popolazione, rimasta fuori dalla città murata, si sottomette all'imperatore.
Lo schieramento imperiale fa facilmente capire al comandante «della forza di occupazione spagnola» di Lipari che non sarà in grado di affrontare uno scontro. Costui - un tenente colonnello di origine fiamminga (il suo nome non è menzionato) – aveva a disposizione non più di duecentocinque uomini, e solo venti artiglieri per armare ventidue cannoni (incluse due colubrine).
Non abbiamo notizie del dibattito interno al gruppo dirigente della città, l'azione più nota è quella di Don Giuseppe Rossi, al quale in seguito Seckendorf non solo concesse un’attestazione di merito ma anche l’amministrazione civile dell’isola […]
I Giurati evitano il saccheggio delle abitazioni all'interno della città murata con il pagamento di uno «sborzo» di duemila doble d’oro da parte dei cittadini (alcune fonti parlano di tremila, altri di cinquemila).
Dopo la capitolazione, l’Oberst-Wachmeister Colmanero occupa la città con quattro compagnie di granatieri. Il Barone Seckendorf nella sua relazione definisce il luogo migliore di come era stato descritto, dice che i suoi bastioni e fortificazioni, a parte l’altezza, sono altrettanto valide come quelle della Villa Maree a Melazzo. Seckendorf si considera inoltre fortunato ad aver conquistato così facilmente Lipari; infatti, dopo aver ispezionato la solidità e lo spessore delle mura, si convince che con i suoi tre cannoni nemmeno in sei settimane sarebbe riuscito ad aprirvi un buco.
Le truppe regolari, consistenti in quattordici ufficiali e centotrentuno soldati spagnoli, dieci artiglieri e cinquantatré soldati siciliani (della compagnia che aveva presidiato l'isola ai tempi del dominio sabaudo) sono presi come prigionieri di guerra. Gli imperiali prendono anche ventidue cannoni insieme a una forte scorta di munizioni. I miliziani liparoti vengono disarmati e rimandati alle loro case. Non si conosce il numero dei morti e feriti tra gli abitanti di Lipari.
Seckendorf fa inoltre ricercare coloro che hanno istigato alla resistenza tra gli abitanti e li fa imprigionare. Per celebrare la felice conclusione della spedizione fa celebrare un solenne Te Deum con sparo di cannoni, i liparoti prestano il giuramento di fedeltà e lo stemma imperiale è collocato ovunque. Fino ad allora gli eoliani erano stati esentati da tutte le tasse e imposte; Seckendorf fa notare che li ha presi con le armi in mano e solo dopo aver subito perdite tra le sue truppe. Quindi impone ai Giurati l'obbligo di mantenere la guarnigione che rimarrà in città, a cui destina trecento uomini sotto il comando del maggiore Formentini […]
La lapide a Königsberg che ricorda la nascita di F. H. von Seckendorf
NOTE
1. «La Gazette de France», fondata da Théphraste Renaudot, pubblicò la sua prima edizione il 30 maggio 1631.
2. Edizione del 13 agosto. Il «Corriere Ordinario» era un foglio in lingua italiana pubblicato due volte la settimana a Vienna tra il 1671 ed il 1721. Le notizie riportate sono molto stringate: la pubblicazione usciva infatti sotto forma di foglio unico stampato fronte e retro, generalmente il mercoledì e il sabato. Nel prosieguo C.O.
3. Il foglio austriaco non menziona mai Filippo V quale Re di Spagna, ma come Duca d'Angiò.
4. Barone (poi conte) Friedrich Heinrich von Seckendorf (1673-1763). Nato a Königsberg (In Franconia) entro come “volontario” nel 1693 nell'esercito anglo-olandese del re Guglielmo III. Militò poi in diversi eserciti, compreso quello veneziano col quale prestò servizio in Morea (Peloponneso) nel 1695. Combatté in Ungheria e dopo la pace di Passarowitz guidò una delle colonne mandate in Lombardia. Il 2 aprile 1719 Carlo VI lo nominò conte del Sacro Romano Impero. Alla battaglia di Francavilla comandò la colonna impegnata più a lungo. Durante le operazioni in Sicilia rimase ferito tre volte e fu uno dei plenipotenziari che stipularono il trattato di evacuazione dell'isola.
5. Questo l’elenco dei reggimenti impegnati nell'assedio di Lipari.
IR (Imperial Regiment) Nesselrode (poi Seckendorf). Colonnelli: General- Feldwachtmeister Johann Hermann von Nesselrode, nominato “commissario di guerra supremo”; Feldmarschall-Lieutenant barone Friedrich Heinrich von Seckendorf. Costituito nel 1682, viene trasferito a Napoli nel 1717 trasformato in Seckendorf, con un battaglione e una compagnia di granatieri. Sbarca in Sicilia col General Mercy. Il Battaglione dopo aver partecipato alla presa di Lipari, partecipa alla battaglia di Francavilla.
IR Bayreuth. Colonnello: Feldmarschall George Wilhem magravio di Brandenburg- Bayreuth. Reggimento “capitolato” nel 1701. Un distaccamento partecipa alla presa di Lipari.
IR Max Starhemberg. Colonnello: Feldmarschall conte Guidobald Starhemberg. Costituito nel 1642. Una compagnia di granatieri partecipò alla presa di Lipari.
All'occupazione di Lipari, inoltre, parteciparono una parte del reggimento “Zum Jung” (numero 27), il Battaglione di Granatieri “Wolkenstein”, 30 granatieri del reggimento “Carl Lothar”, un reggimento “Konigsegg”.
6. La costa nell'area di San Gregorio, ad est del promontorio di Capo d’Orlando, era la sede di una tonnara, costruita nel 1488 per volere di un certo Manfredo da Trento. La Tonnara passò presto in mano dei signori feudali di Naso, ed era abbondante di pesca perché il sito si trovava in alto mare. I liparoti erano noti anche come pescatori oltre che corsari ed è facile pensare che molte delle feluche di Lipari abbiano raggiunto le spiagge della vicina costa siciliana per mettere al riparo donne e bambini. La tonnara fu abbandonata del tutto nel 1777, per aver riportato gravissimi danni durante una tempesta. Alla fine dell'800 era ancora possibile vedere alcuni ruderi, oggi del tutto scomparsi.
7. Nelle varie fonti l'abitato di Canneto, viene chiamato Canetto dalle fonti austriache; altri parlano di “Cannitello”, Di Marzo parla “dalla porta del Cannito”.
8. Carlo Antonio Wallis aveva 24 anni, il suo corpo fu sepolto nella chiesa Convento San Francesco di Paola nella città di Milazzo.
BIBLIOGRAFIA
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Anonimo “Diario di tutto quello successe nell'ultima guerra di Sicilia dal giorno 21 maggio 1719 sino 9 maggio 1720” predisposto da “un curioso e veridico palermitano”. Il volume è consultabile presso la sezione Rari della Bib. Regionale universitaria di Messina.
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