Silvano Demarchi (secondo da sinistra)

Sulla lunga militanza poetica di Silvano Demarchi (1931-2018)

 

Rif. bibl.: Romeo, Carlo, Una tenace fedeltà. Silvano Demarchi e le ragioni della poesia. In Zibaldone 2019. Impegno culturale di una rivista di frontiera. Scritti per i 60 anni de «Il Cristallo» (1959-2019), a cura di Carlo Bertorelle, Centro di Cultura dell’Alto Adige, Edizioni alphabeta Verlag, Merano (BZ) 2019.

 

 

 

 

Una tenace fedeltà

Silvano Demarchi e le ragioni della poesia

 

di Carlo Romeo

 

Non è facile tracciare, nemmeno a grandi linee, un ritratto a tutto tondo di una figura come Silvano Demarchi, spentosi nell’agosto di quest’anno all’età di 87 anni. Da un lato vi è la vastità e poliedricità della sua produzione, che spazia da una ventina di raccolte poetiche a una decina di opere narrative, da traduzioni di lirica, soprattutto tedesca, a innumerevoli saggi critici (1). Dall’altro lato vi è l’ampiezza dei suoi interessi culturali che, muovendosi da un fondamentale, mai abbandonato nucleo platonico, si sono spinti con l’irrequietezza propria di un’autentica indole filosofica nei campi più disparati della conoscenza, dall’estetica alla teosofia, dalla psicologia alla religione. Al centro del suo maggiore interesse è rimasta comunque la poesia, vissuta come una fede, una testimonianza da preservare ad ogni costo.

L’aspetto che vorrei sottolineare in questo breve intervento è il ruolo svolto dal Demarchi nel panorama culturale regionale. Vi è stata anche a Bolzano e in provincia, dalla fine degli anni Sessanta fino a buona parte degli anni Ottanta, una stagione di “poesia diffusa” (2). Un fenomeno difficile da cogliere e definire, perché in gran parte “sotterraneo” rispetto ai diagrammi dettati dalle dinamiche dell’industria culturale, in questo caso della grande editoria. Un fenomeno la cui evidenza risulta comunque su un piano storico e sociologico, laddove lo sguardo si rivolga al fiorire in quegli anni di circoli e sodalizi letterari, con la conseguente promozione in quasi ogni regione italiana di pubblicazioni di raccolte, antologie e riviste, letture e concorsi. Un fenomeno che in prospettiva storica potrebbe trovare numerose ragioni di contesto. Gran parte di esse sembrano comunque ruotare intorno a un disorientamento pluri-generazionale nei confronti dell’accelerazione dei processi e delle metamorfosi innescate dalla società di massa, avvertite come pervasive e devastanti. La poesia, a dispetto delle avanguardie vecchie e nuove, rappresenta nella produzione letteraria italiana del Novecento il genere in cui maggiormente hanno resistito i concetti di tradizione e canone. E la parola poetica viene naturaliter individuata come la dimensione più idonea in cui tradurre inquietudini vecchie e nuove.

Silvano Demarchi rappresenta senz’altro per la nostra provincia la figura esemplare di tale stagione. La prospettiva geografica, ovviamente, non è qui intesa come limite alla dimensione del suo percorso poetico, che anzi si è collocato e confrontato con il panorama nazionale  ̶  e di ciò è conferma il giudizio di critici di valore come Aldo Capasso, Giorgio Bàrberi Squarotti, Ugo Fasolo, Vittoriano Esposito. Ciò che qui si vuole mettere in luce è piuttosto il ruolo di “militanza letteraria” avuto da Demarchi quale serio, rigoroso e instancabile teorico e interprete di questa istanza poetica. Questo suo prezioso lavoro, condotto per decenni attraverso l’attività di redazione di riviste, di lettore, critico, consigliere, prefatore di poeti di ogni generazione, formazione e condizione, mi sembra in prospettiva storica uno dei suoi meriti che non vanno sottovalutati.  

 

Silvano Demarchi nasce a Bolzano nel 1931 da genitori di origine trentina (Val di Fiemme). Il padre vi lavora fin dall’inizio degli anni Venti come maestro di scuola. Il fatto di essere direttore di un orfanatrofio e collaboratore della rivista per le scuole «Il Balilla dell’Alto Adige» non lo preserva da improvvisi trasferimenti. Nel 1933, come esponente sindacale, si trova a protestare contro l’allontanamento dall’Alto Adige di maestri e maestre originarie dell’ex Tirolo (ovvero del Welschtirol), disposto dal ministero per far posto ai cosiddetti “trecentisti” provenienti dalle vecchie province. L’unico risultato che ottiene è il proprio brusco trasferimento in una cittadina sul lago di Como. È a questo periodo che risalgono i primi ricordi d’infanzia di Silvano Demarchi, fissati in alcune liriche e soprattutto nel romanzo autobiografico Gli anni di Lucio (3). Poco prima dello scoppio della guerra, il padre decide di tornare nella valle d’origine dedicandosi a tutt’altra attività (apre un’azienda del legno, trasformata nel dopoguerra in un albergo). Eccettuato un anno di collegio a Merano, il nostro trascorrerà in Val di Fiemme gli anni bellici, ricordati anch’essi in varie forme nelle sue opere, soprattutto nei loro caratteri di emergenza e brutalità: bombardamenti e sfollamenti, occupazione nazista (Alpenvorland) e repressione. Impressa nella sua memoria resterà la fucilazione di due compagni di scuola di qualche anno più grandi.

A guerra conclusa, continuati gli studi medi a Rovereto fino al diploma, si reca a Milano per gli studi filosofici e letterari. Si iscrive dapprima all’Università Cattolica per trasferirsi ben presto a quella statale. Motiverà in seguito il gesto con il rifiuto del neotomismo di cui l’ateneo di padre Gemelli costituiva la roccaforte. Un tratto caratterizzante del suo pensiero (insieme a una sotterranea avversione al clericalismo) rimarrà sempre la distanza da quelle filosofie e sistemi culturali che avverte potenzialmente pericolosi perché rigidi e cristallizzanti.

 

A Milano si laurea nel 1956 con una tesi sul pensiero estetico di Platone, che diventerà la sua prima opera saggistica (4). La riflessione intorno alla visione platonica dell’arte coincide con un orientamento di fondo che investe tutti i campi (letterario, umano, spirituale), a cui rimarrà fedele per il resto della vita. In Platone Demarchi trova non tanto una chiave interpretativa in termini assoluti (che non cerca), quanto una via esemplare di superamento delle dicotomie tra reale e ideale, ragione e intuizione, finito e ansia di infinito. Questo approdo costituisce il nucleo più profondo di tutta la sua opera letteraria. Anche i suoi interessi culturali in generale ne saranno coinvolti. Il suo avvicinamento alla teosofia, ad esempio, nasce proprio dalle radici di un’inquietudine conoscitiva che cerca continuamente il superamento del finito. Dopo aver partecipato al Gruppo Teosofico “Giordano Bruno” di Genova, fonda quello bolzanino (“Oriente”), presiedendolo per vent’anni. L’aspetto che più lo coinvolge è quello della ricerca dei piani di contatto tra poesia, arte, conoscenza filosofica e dimensione soprannaturale (5). 

Nel frattempo ha inizio la sua attività di insegnamento in Alto Adige, tra cui quello di italiano in una scuola tedesca (che gli darà modo di perfezionare la conoscenza della lingua) e poi di materie letterarie e filosofia nelle scuole superiori. Nel 1969 è nominato preside di una scuola media. Un’esperienza che nei suoi inizi è segnata dal periodo della contestazione e che torna più volte nella sua narrativa, con accenti satirici e al contempo amari e disillusi (6). È attivo anche nel Comitato provinciale di Bolzano della Società Dante Alighieri, di cui regge la presidenza dal 1978 al 1983.

 

Ma, come detto, è soprattutto la poesia a diventare il fulcro del suo interesse. Manifestatasi nel 1968 con la pubblicazione della prima raccolta (Una stagione) nella collana di Bino Rebellato (7), la sua ispirazione non conoscerà più soste dando vita alla serie di una quindicina di sillogi, interpretata dalla critica come uno dei più interessanti e organici percorsi della poesia italiana di quei decenni. Estraneo a qualunque sperimentalismo, Demarchi si colloca lungo una linea di fedeltà alla tradizione, di “richiamo all’ordine” che si sente affine al «realismo lirico» (anti-ermetico) dei primi anni del dopoguerra (8).

Nel 1989 redige il manifesto Gruppo Golfo 89: per una poesia come ispirazione, che trova l’adesione di una cinquantina tra poeti, artisti e uomini di cultura e a cui fa seguito l’omonima antologia, pubblicata dalla Forum (9). È un atto di fede nell’autenticità della poesia, nei suoi valori perenni di disvelamento di verità umane, che si avvertono minacciati dalla dimensione effimera, approssimata e nebulosa della moderna industria culturale.

Ed è una presa di posizione che illumina a ritroso, spiegandone le intime ragioni, tutta la tenace attività che Demarchi ha dispiegato per quasi mezzo secolo anche nella nostra provincia, con instancabile dedizione.

 

 Pasquale Cardone

 Il Gruppo Bz in un dipinto di Pasquale Cardone (1973)

 

Fin dalla fondazione del Circolo Amici della Poesia di Bolzano (1969), trasformatosi poi nell’Associazione Scrittori Trentini e Altoatesini, egli vi svolge il ruolo di “colonna teorica”, come pure per le relative riviste, «Adige Panorama» (1970-1984) e «Regioni Panorama» (1985-1990) (10). Se nel clima dell’epoca non sembra possibile instaurare un profondo rapporto con il mondo letterario sudtirolese (se si eccettua la collaborazione di Joseph Maurer), «Adige Panorama» si trova invece a intercettare l’onda di una diffusa richiesta di “difesa della poesia”, che   ̶   in controtendenza rispetto alle scelte della grande editoria nazionale   ̶   sale “dal basso”, a livello regionale. Nel giro di pochi anni la rivista si trasforma in un vero e proprio forum regionale, con rubriche e redazioni dislocate in tutt’Italia.

Il gruppo altoatesino risulta uno dei più attivi in questo «fare poesia» (espressione che ricorre spesso in quegli anni), che viene declinato in più direzioni: nella pubblicazione di quasi un centinaio di sillogi, nell’organizzazione di concorsi, letture e presentazioni, iniziative nelle scuole. Un lavoro gestito a livello operativo soprattutto da Cesare Guglielmo ma sorretto teoricamente da Silvano Demarchi. A lui viene affidato immancabilmente il compito di analizzare, interpretare, collocare entro solide reti l’ondata di questa varia produzione poetica. E lo fa sempre con cura, con la religiosa attenzione di chi assegna alla poesia anche una valenza pedagogica nel senso più alto. Infatti, accanto al rispettoso ascolto da parte di chi «ritiene che chiunque possa, a diversi livelli, creare qualcosa di genuino e di autentico, purché si trovi nelle reali condizioni del processo creativo» (11), vi è sempre in Demarchi l’assunzione di una seria (quindi anche severa) responsabilità educativa, che rimanda alla ferma convinzione della “funzione sociale” della poesia.

Valga per tutti questo nitido esempio, tratto dal verbale di una giuria da lui presieduta nel 1974, al termine dell’esame di quasi 500 componimenti provenienti da tutta Italia.

       «Senso di solitudine profonda, disgusto e protesta verso l'attuale società che non sa offrire altro ideale che quello del benessere, sfiducia e assenza di valori su cui costruire l'avvenire, smarrimento. Da tutto ciò nasce una condizione di ingorgo interiore che si risolve in un diluito sentimentalismo di marca crepuscolare o in una retorica populista che non ha saputo trovare dalla migliore poesia sociale i vigorosi toni della denuncia e, stranamente, il vagheggiamento della fanciullezza felice che tuttavia non riesce a esprimersi in forme personali. Ciò che ha più colpito la giuria è stato l'aspetto formale che rivela carenza di buone letture. L'allusività del simbolismo, la concentrazione espressiva dell'ermetismo, le innovazioni stilistiche di scelta lessicale e di tecnica compositiva dei neo-realisti, sono state completamente ignorate. La giuria si è trovata così ad esaminare una poesia che, non differenziandosi dalla prosa più comune, si prodiga in effusioni verbali senza fine oppure, impegnandosi in costruzioni cerebrali, perde il necessario carattere di spontaneità.» (12)

 

 La rivista "Adige Panorama"

 

È soprattutto grazie a lui che l’Alto Adige può figurare, accanto alle altre regioni, in quel vero censimento poetico nazionale (l’ultimo del suo genere) che l’editore Giampaolo Piccari mette in campo negli anni Ottanta (13).

La sua attività di fondatore, direttore e redattore di riviste (tra cui «Nuovo contrappunto»), di saggista, critico e recensore non conoscerà interruzioni fino ai suoi ultimi giorni. Con gli anni compare nella sua produzione anche una vena ironico-satirica, che pur nel consueto garbo segnala uno sguardo amaro e disilluso sul panorama contemporaneo. Ed è su questo sfondo che sembra risaltare ancor di più la coerenza complessiva del percorso che ha incarnato: una testimonianza che coincide  ̶  come ben osservava Aldo Capasso all’indomani del Manifesto del Gruppo 89  ̶  con un’incrollabile fede nella parola poetica.

      «Come, a dispetto delle teorizzazioni sul “pensiero debole”, le ansie ed ipotesi e speranze metafisiche non sono morte, così pur vive  ̶  ispirata ed umana  ̶  la poesia dei valori perenni. E questo poeta ha ben il diritto di parlarci con pietas dell’eterno miracolo dell’Ispirazione […] Farsi teorizzatore in questo senso, esporsi in tale missione di battaglia, è stato un atto di coraggio, che gli creerà molti nemici. Ma è stato anche gioia, una gioia di certezza. Egli ha una sua fede: sente davvero che alcunché di “divino” è originariamente sceso nel profondo dell’uomo e può a volte da quella profondità risalire in forma di carmina(14)

 

 

NOTE

 

1) Tra i vari studi complessivi dedicati all’opera dell’autore: Giuseppe D’Errico, La poesia di Silvano Demarchi attraverso la critica, Piovan, Abano Terme 1984; Liliana Porro Andriuoli, L’itinerario poetico di Silvano Demarchie le sue tematiche fondamentali, Le Mani Editore, Recco 2005, a cui è seguito La narrativa di Silvano Demarchi (2010); Antonio Crecchia, La militanza letteraria di Silvano Demarchi, Salerno 2011.

2) Umberto Piersanti, Fabio Doplicher, Poesia diffusa: editoria, scrittura, oralità, Shakespeare & Company, Milano 1982. Per i risvolti altoatesini: Carlo Romeo, Le riviste Adige Panorama e Regioni Panorama 1970-1990. In: Gli anni delle poesie, Provincia Autonoma di Bolzano-Alto Adige, Brunico 2003, pp. 7-24.

3) Silvano Demarchi, Gli anni di Lucio, Schio 1981.

4) Idem, Il pensiero estetico di Platone, Bolzano 1960.

5) Tra le opere di Demarchi riferite alla teosofia: Il pensiero teosofico nella filosofia antica, Abano Terme/Trieste 1989; Poesia e iniziazione da San Francesco a Dante, Abano Terme 1989; Vicenza 2007, 2° ed.; Il sé superiore, Vicenza 2009.

6) Cfr. ad esempio il bozzetto L’operatore scolastico e la scuola inesistente, primo dei sette racconti di Incomunicabilità, Forum/Quinta Generazione, Forlì 1989, pp. 7-24.

7) Silvano Demarchi, Una stagione, Rebellato, Padova 1968.

8) Questa è la tesi di fondo di Aldo Capasso nell’Introduzione a Silvano Demarchi. Poesie scelte (1968-1990), Forum/Quinta Generazione, Forlì 1990, pp. 5-17.

9) Elio Andriuoli, Silvano Demarchi (a cura), Per una poesia come ispirazione / Gruppo Golfo '89, con interventi di Vittorio Vettori, Aldo Capasso, Marcella Uffreduzzi, Forum/Quinta Generazione, Forlì 1990.

10) Demarchi continuò fino alla fine un’intensa collaborazione anche con le successive «Latmag» (1985) e «La Gazzetta di Bolzano» (1992) di Franco Latino e Franco Maria Maggi.

11) Silvano Demarchi, Manifesto Gruppo Golfo 89. Per una poesia come ispirazione. In: Antonio Crecchia, La militanza letteraria di Silvano Demarchi, cit., p. 210.

12) Verbale del Premio nazionale "Vincenzo Rippo", III ed. 1974, 176 concorrenti, 494 composizioni. In «Adige Panorama», n.17, p. 4.

13) Per la collana «I poeti della Quinta Generazione nelle regioni d’Italia», supplemento dell’omonima rivista, Silvano Demarchi, insieme a Duccio Canestrini e Vittoriano Esposito, curò il volume La poesia nel Trentino-Alto Adige (Forlì 1988).

14) Aldo Capasso, Introduzione, cit., p. 17.