L’ultimo numero di “Storia e Regione/Geschichte und Region” è dedicato alla memoria delle guerre d’Abissinia e di Spagna in Alto Adige.

 

 

 

 

 

Rif. bibl.: Romeo, Carlo, “Tra Franco e l’Abissinia: la memoria rimossa”, in “Alto Adige”, 17 maggio 2017, p. 9.

 

 

 

 

Dall’Abissinia alla Spagna: memorie in Alto Adige

 

 

di Carlo Romeo

 

 

A lungo la memoria della Seconda guerra mondiale ha oscurato quella di due guerre fasciste immediatamente precedenti: l’aggressione all’Abissinia e l’intervento nella guerra civile spagnola al fianco dei nazionalisti di Franco. Entrambe hanno rappresentato un importante banco di prova per la mobilitazione e la propaganda del regime negli anni del suo massimo consenso. La trionfale grancassa di cerimonie, onorificenze e intitolazioni non durò che qualche anno e si spense con la fine del fascismo. Il ricordo di chi aveva partecipato a quelle guerre  ̶  imperialista la prima, fondamentalmente ideologica la seconda  ̶  evitava generalmente lesibizione pubblica.

Da diversi decenni la ricerca ha però cominciato a esplorare tale memoria anche a livello regionale, acquisendo notevoli fonti che si erano conservate con un certo imbarazzo negli archivi familiari: diari, lettere, cartoline e soprattutto fotografie. I sentimenti, le percezioni e gli orientamenti trasmessi da questi “ego-documenti” incrinano talvolta le narrazioni tradizionali.

Proprio alla “memoria altoatesina” di queste due guerre è dedicato l’ultimo numero della rivista bilingue “Storia e Regione/Geschichte und Region”, che sarà presentato a Bolzano mercoledì 17 maggio (Biblioteca Tessmann, ore 20.00). Curato da Andrea Di Michele, il volume contribuisce a mettere a fuoco il complesso rapporto tra minoranze nazionali/linguistiche e regime fascista, che spesso viene appiattito sul modello di una irriducibile alterità. Vengono presentate le esperienze di alcuni fra gli oltre mille sudtirolesi arruolati per l’Africa e di alcuni che partirono volontari per combattere contro la repubblica spagnola. Si arricchisce così il quadro dei punti di contatto e consenso  ̶  minoritario ma significativo  ̶  che i potenti strumenti del regime fascista erano riusciti a guadagnare persino nel gruppo sudtirolese, nonostante la politica snazionalizzatrice di quegli anni. Il caso più famoso, per certi versi “eccezionale”, viene ricordato nel contributo di Di Michele. Il meranese Wilhelm Schrefler, dopo aver italianizzato il proprio nome in Guglielmo Sandri (come il campione di motociclismo preferito), combatté le guerre del regime su quasi ogni fronte: Etiopia, Spagna, Francia, Jugoslavia, Libia fino a essere ferito gravemente a El Alamein. Il suo famoso fondo di 4.000 fotografie (scoperto casualmente e ora all’Archivio provinciale di Bolzano) non solo rappresenta la più consistente documentazione sull’intervento italiano nella guerra di Spagna, ma segnala anche la stretta e definitiva identificazione ideologica col regime da parte del suo autore.

 

Soldati del CTV in marcia in Spagna (Archivio prov. BZ, Fondo Sandri)

 

 

La guerra d’Africa fu la prima in cui i soldati italiani usarono massicciamente le macchine fotografiche, ormai “leggere”. Sebastian De Pretto confronta le immagini propagandistiche costruite dall’istituto LUCE con quelle private scattate da soldati sudtirolesi. Risultano consonanze nella prospettiva colonialista (ambiente, rapporto con gli indigeni etc.) mentre le foto della guerra vera e propria sembrano segnalare un certo grado di distanza dalla violenza del conflitto.

L’esperienza della violenza emerge anche dall’analisi condotta da Markus Wurzer sui diari di soldati sudtirolesi, accanto alla dimensione esotica di un’avventura in un ambiente opposto all’Europa civilizzata. Interessante è poi la varietà dei sentimenti di appartenenza che manifestano i diaristi a seconda delle situazioni e degli interlocutori, ad esempio in relazione ai conterranei sudtirolesi o ai commilitoni del proprio corpo.

 

Genti locali nelle foto private dei soldati

 

 

L’appartenenza regionale è un tratto che caratterizza anche i circa 600 volontari trentini nel Corpo Truppe Volontarie in Spagna, inquadrati in unità intitolate ai martiri dell’irredentismo (su tutti Cesare Battisti). Davide Zendri ne ricostruisce le diverse provenienze, motivazioni e i successivi destini. Il suo contributo si conclude con la damnatio memoriae di questa guerra dopo il 1945, che si rispecchia nella rimozione di targhe, busti, intitolazione di luoghi. Una rimozione, sottolinea Di Michele, che non toccò l’Alto Adige a causa della sua particolare dialettica politico-etnica. A tale proposito viene ricordato il singolare caso dell’intitolazione da parte del Consiglio comunale di Bolzano di una via all’Amba Alagi: essa avvenne non sotto il fascismo ma nel 1953, con un consenso pressoché unanime (anche della SVP) e l’astensione di solo due consiglieri (comunisti).

La difficile memoria di quelle guerre si riflette anche nei percorsi biografici finora individuati di quegli antifascisti che partirono volontari per difendere la repubblica spagnola. Enzo Ianes e Lorenzo Vicentini si occupano dei circa 70 trentini, Joachim Gatterer e Friedrich Stepanek dei circa 50 tirolesi e sudtirolesi, la cui formazione socialista internazionalista risulta strettamente legata a storie di emigrazione. Nel dopoguerra la loro memoria in ambito regionale fu emarginata anche a causa del conservatorismo e dell’anticomunismo dominanti nel discorso pubblico.