Questo fascicolo è dedicato all’analisi di alcune (tra le molte) forme di giurisdizione che si incontrano nei due stati – nemici tra di loro e occupati da forze armate avversarie – in cui è divisa l’Italia tra l’autunno 1943 e la primavera del 1945, in seguito alla resa dell’Italia agli Alleati (annunciata l’8 settembre) e alla successiva dichiarazione di guerra alla Germania. (a cura di Tullio Omezzoli e Kerstin von Lingen)

 Storia e Regione 2015, n.2

 

 

Sonderjustiz im besetzten Italien /

Giustizia straordinaria nell'Italia occupata (1943-1945)

Storia e Regione / Geschichte und Region 24 (2015), 2

StudienVerlag, ISBN: 978-3-7065-5460-2

 

 

 

EDITORIALE

 

di Tullio Omezzoli e Kerstin von Lingen

 

 

Questo fascicolo è dedicato all’analisi di alcune (tra le molte) forme di giurisdizione che si incontrano nei due stati – nemici tra di loro e occupati da forze armate avversarie – in cui è divisa l’Italia tra l’autunno 1943 e la primavera del 1945, in seguito alla resa dell’Italia agli Alleati (annunciata l’8 settembre) e alla successiva dichiarazione di guerra alla Germania. Sono giurisdizioni civili e militari, ordinarie e straordinarie, che in parte si affiancano e in parte sovrappongono, concordi o rivali.

Per il corretto inquadramento dei contributi che seguono è opportuno tenere presente l’insieme del paesaggio giudiziario tanto nella Repubblica sociale italiana quanto nel Regno (i cui confini, dapprima circoscritti al Sud, si estenderanno, nell’autunno 1944, sino alla Linea gotica). E innanzi tutto va osservato che in entrambi gli stati il corso della giustizia corrente affidata a funzionari pubblici prosegue di regola senza incidenti. L’ordinamento giudiziario, vigente dal 1941, non muta né al Nord né al Sud; non vengono sostituiti i codici, che sono quelli fascisti entrati in vigore nel 1931, e non ci sono rivoluzioni nelle carriere dei magistrati.

Nella Repubblica sociale la routine non conosce variazioni di rilievo; se non che la giustizia vi è amministrata “in nome della legge” e non più del re imperatore: che non è una innovazione formale (come la rimozione dei ritratti dei sovrani), ma tocca la scaturigine stessa del potere giudiziario. (1)

Come nel Ventennio, la giustizia “politica” è affidata a un organo separato, il Tribunale speciale per la difesa dello Stato, istituito nel 1926, soppresso dal governo Badoglio a luglio 1943, richiamato in vita da Mussolini a dicembre ’43. Questo Tribunale ha competenza sugli attentati alla personalità dello Stato e alle istituzioni del regime nonché su una serie di reati – dalle lesioni alla rapina al sabotaggio al danneggiamento delle comunicazioni – che destano allarme sociale e che quindi favoriscono indirettamente la Resistenza. L’esistenza di un tribunale politico allevia di molto la responsabilità della magistratura ordinaria in servizio nei confini della Repubblica. Se non che, per intesa tra il ministero della Giustizia e il plenipotenziario germanico in Italia, i magistrati italiani sono chiamati a farsi carico di una parte dei procedimenti (quelli di minore rilievo) avviati dalla magistratura militare germanica contro italiani sospettati di aver agito a danno delle forze armate germaniche: una funzione ancillare estremamente esposta.

 

Tanto nella Repubblica quanto nel Regno sono istituiti organi civili di giustizia straordinaria, col compito di perseguire, con fini diversi, esponenti del passato regime. La Repubblica crea, a novembre 1943, i Tribunali provinciali straordinari, destinati a punire “i fascisti che hanno tradito il giuramento di fedeltà all’Idea”: i gerarchi locali o semplici militanti che hanno apertamente rinnegato il Fascismo in seguito alla caduta di Mussolini il 25 luglio 1943.

La platea dei giudicabili è ampia; ma i Tribunali provinciali hanno un profilo debole: non si rivelano capaci di esercitare l’intransigenza o, in alternativa, la magnanimità che sono lo specifico dei tribunali politici; per cui dopo meno di un anno di vita stentata sono soppressi, e le pene da essi inflitte condonate.

Sempre nella Repubblica sociale è riunita a Verona, a gennaio 1944, una corte specializzata (e anche pleonastica, perché la condanna degli imputati è la premessa del processo) per giudicare i membri del Gran consiglio del Fascismo rei di aver sottoscritto l’ordine del giorno Grandi, un documento che era stato concausa, o precursore, della caduta di Mussolini.

Nel Regno si perseguono i fascisti sulla base del presupposto che il Fascismo sia stato un fenomeno criminale di massa, una “storia” di illegalità da ripercorrere giudizialmente. Lo strumento predisposto per punire i responsabili principali e sanzionare le legioni di quelli minori è il “decreto Bonomi” del 27 luglio 1944. (2) Esso contempla diverse categorie di “colpevoli” e altrettanti organi di giudizio; per punire i rei della categoria principale, i gerarchi del Fascismo e i membri del governo fascista, è costituita un’Alta corte di giustizia, soggetto politico (nominato dal governo) di otto membri, che ha facoltà di scegliere, per i condannati, tra la pena di morte e l’ergastolo. Per gli altri rei sono previste corti meno solenni; ma va osservato che nei confronti di chi ha collaborato con i tedeschi la legge ha validità retroattiva; inoltre i collaborazionisti sono giudicati in base al Codice penale militare di guerra, anche se sono civili. Dal “decreto Bonomi” i vecchi e nuovi avversari del passato regime fascista si aspettano una giustizia immediata, draconiana e riparatrice: di fatto gli esiti sono molto inferiori alle attese. Non vanno confusi i procedimenti giudiziari avviati nel Regno con quelli amministrativi che avrebbero come fine l’“epurazione” tra i dipendenti pubblici e nel mondo politico ed economico.

 

Giurisdizioni eccezionali sorgono nelle due “Zone di operazioni nell’Italia nord-orientale confinante col Reich denominate Alpenvorland e Adriatisches Küstenland (Prealpi e Litorale adriatico), formalmente italiane ma di fatto confiscate dall’occupante germanico: qui, per disposizione dei Commissari supremi che governano le due Zone, sono istituiti dei Tribunali speciali che sottraggono alcune competenze alla giustizia italiana (nell’Alpenvorland anche a quella della Wehrmacht).

Come le altre istituzioni, anche le forze armate, o quanto rimane di esse, si sdoppiano in seguito alla resa dell’Italia agli Alleati e all’occupazione germanica; ma gli organi della giustizia militare, i codici e le pratiche (spesso ottuse) rimangono immutati.

I tribunali dell’esercito repubblicano affrontano – districandosi a fatica tra le pressioni opposte dei comandi italiani e germanici – il fenomeno della renitenza alla leva e delle diserzioni di massa; ma anche quelli dell’esercito regio registrano una casistica simile. I tribunali militari repubblicani (territoriali, straordinari, di corpo) hanno competenza anche sui partigiani e sui civili che prestino in qualsiasi modo la loro opera a favore della Resistenza.

Oltre ai militari regolari, hanno propri tribunali le milizie fasciste in tutto o in parte volontarie, come le Brigate nere (la forza combattente del partito fascista). Gli Alleati subito dopo lo sbarco in Sicilia (luglio 1943) provvedono a epurare gli ex fascisti, e sottomettono gli italiani, combattenti e no, al giudizio di due diverse specie di tribunali: quelli marziali e le Corti militari alleate.

I primi hanno competenza, oltre che sui membri delle stesse forze armate alleate, sui militari italiani e tedeschi accusati di aver violato le convenzioni internazionali sulla guerra; le seconde giudicano i civili italiani imputati per attentati alla sicurezza e agli interessi degli occupanti e, in alcuni casi, per la violazione delle leggi italiane.

Vari tipi, regolari o (molto) irregolari, di giustizia, prendono corpo nelle formazioni partigiane, e hanno per oggetto sia i partigiani stessi, sia la popolazione in generale, sia figure più o meno di spicco dell’apparato fascista, militare e civile.

 

La giustizia nel corso della Seconda guerra mondiale è stato a lungo un tema di cui i contemporaneisti si sono occupati solo marginalmente: poco si sapeva del modo di operare degli apparati giudiziari, della loro struttura e della loro produzione; troppo eterogenee erano le fonti. Nell’ultimo decennio, però, la storiografia militare ha affinato l’indagine, sviluppando la ricerca sulla giustizia nel corso della guerra al fine di avere risposte sulla struttura interna del Nazionalsocialismo e sul suo dominio nell’Europa occupata. Cruciale in questa prospettiva è innanzitutto l’ultima fase del conflitto, accompagnata dalla radicalizzazione nell’ambito giurisdizionale. In Italia questa fase coincide con l’occupazione tedesca del paese già partner dell’Asse.

La ricerca storica tedesca relativa alla giustizia si è concentrata soprattutto sulla giurisdizione specificamente nazista: la giustizia della Wehrmacht, il problema delle diserzioni, i Tribunali del popolo (Volksgerichtshof ), la giustizia delle SS, i tribunali straordinari, la giustizia militare nell’Europa occupata dai Nazisti. I primi studi sono da inserire nel contesto storico del dopoguerra: prevalevano i contributi degli stessi protagonisti – molti dei quali ex giudici militari – che in opere memorialistiche o collettive ragionavano sulla giustizia della Wehrmacht, sulla pronuncia delle sentenze e sul diritto di guerra. (3) Erano peraltro lavori con impianto apologetico; pertanto solo nel 1987 sono state prodotte le prime ricerche scientifiche che sono servite da spunto ad altre successive. (4) L’indagine si è poi estesa all’Unione Sovietica, dove, per effetto del famigerato Decreto sulla giustizia militare (“Kriegsgerichtsbarkeitserlass”) ogni altra giurisdizione era stata di fatto abolita (5); questo soggetto ha monopolizzato per lungo tempo l’attenzione degli studiosi, per cui è rimasto in ombra il fatto che la giustizia d’occupazione nazista si era radicalizzata anche nelle altre parti dell’Europa occupata.

Negli anni Novanta, la mostra sull’esercito tedesco (“Wehrmachtausstellung”) in Germania apriva la strada a un nuovo indirizzo di ricerca, la “storia militare critica”, che dava origine a innumerevoli studi specifici. (6) Nascevano ampi progetti di lavoro, tra cui sulla giustizia delle SS, e si tenevano convegni sulla ricerca di base in merito alle diverse forme di giustizia, al carattere e alla ricaduta delle sentenze, ai luoghi in cui erano pronunciate (7), alle diverse categorie di vittime e alle modalità di indennizzo economico previsto in loro favore8. Un altro filone di ricerca si concentrava sulla biografia dei magistrati che avevano operato presso cosiffatte corti, sulle loro reti professionali nonché sulla prosecuzione della loro carriera nel dopoguerra (9); divenne oggetto di ricerca anche il modo in cui la giustizia nazista sin rifletteva nel cinema e nella letteratura.

Dopo il 1989 un altro filone di ricerca analizzava la continuità tra la giustizia repressiva nazista e quella della DDR. (10)

Infine, la dimensione globale dei regimi di occupazione in Europa è stata oggetto di indagini sistematiche. (11) In sintesi: la ricerca tedesca ha cercato da un lato di analizzare le strutture dei tribunali nazisti e la prassi giudiziaria, dall’altro di far luce sui protagonisti di quella giustizia, e soprattutto sulla loro carriera dopo il 1945, e infine, di dare una voce alle vittime. In ogni caso la ricerca comparativa nel quadro europeo è solo in fase di avvio.

La ricerca italiana, relativamente al biennio 1943–1945, si è concentrata, piuttosto che sulla giurisdizione, sulla mancata giustizia: l’occultamento e la mancata punizione dei crimini nazifascisti in Italia, l’omertà sui crimini di guerra delle forze di occupazione italiane, l’immunità di cui hanno goduto gerarchi e criminali fascisti passati indenni attraverso le maglie larghe dell’Alta Corte di giustizia, delle Corti straordinarie d’assise e delle Commissioni di epurazione. (12) Le diverse forme di giustizia, amministrate tanto nel Regno (le province italiane liberate) quanto nella Repubblica sociale italiana da magistrati professionali o improvvisati, civili e militari (italiani, alleati e germanici) nei confronti di combattenti e “borghesi”, non sono ancora state oggetto di una attenzione comprensiva. Ma anche le indagini analitiche fanno difetto: la giustizia militare alleata a carico dei civili italiani è ancora inesplorata (13); la giustizia della Resistenza figura come segmento di trattazioni generali (14); il rapporto assai esposto della magistratura italiana sia con gli occupanti sia con il regime neo fascista non è ancora stato messo a fuoco (15), così come manca uno studio sistematico sulla giustizia militare italiana a nord e a sud della Linea gotica (16). Cenni sui giudizi sommari pronunciati contro soggetti destinati alla deportazione e al lavoro coatto in Germania si trovano nei lavori dedicati a questi temi. (17)

 

In questo fascicolo si esamina l’operato di alcune istanze giudiziarie, tra quelle sopra ricordate, che sino a questo momento hanno goduto di un’attenzione minore.

Tullio Omezzoli sonda l’esteso e tortuoso ambito della giustizia partigiana in quanto momento della guerriglia partigiana, prendendo in esame le finalità morali e materiali dei processi, le diverse categorie di giudicabili, gli stili estremamente eterogenei dei procedimenti, gli esiti conformi o difformi rispetto alle attese.

Due contributi sono dedicati alla giustizia militare: Christopher Theel riferisce sulla giustizia delle SS, sui suoi codici di riferimento e sulla gerarchia dell’apparato giudiziario; esamina in particolare la sorte di quei combattenti italiani, soldati e ufficiali, che in Italia e in Grecia dopo l’8 settembre sono passati sotto la giurisdizione militare germanica e sottoposti a giudizi di particolare severità.

Samuele Tieghi esamina l’operato dei tribunali della Guardia nazionale repubblicana, chiamati ad applicare sanzioni eccezionali nei confronti di mancanti alla chiamata e disertori, ma di fatto restii, per calcolo o per rispetto della legge, a dare alla norma quell’esecuzione rigorosa che è auspicata dai vertici militari e da Mussolini stesso.

Due contributi sono dedicati ai tribunali straordinari istituiti nelle due Zone di operazioni, l’Alpenvorland, e l’Adriatisches Küstenland, per iniziativa dei locali Commissari supremi germanici: due organi non “gemelli”, che intrecciano distinte e originali relazioni con la giustizia civile italiana e quella militare tedesca.

Kerstin von Lingen analizza con il Sondergericht di Bolzano uno strumento specifico nazista che serve a mantenere l’ordine in una zona occupata, di fatto annessa al Reich. Le modalità dei procedimenti documenta la vita quotidiana sotto l’occupazione nonché la radicalizzazione del regime stesso nell’ultimo periodo di guerra. L’articolo prende anche in esame l’espiazione della pena, che quando ha luogo presso un Lager porta spesso alla morte dei condannati dal Sondergericht di Bolzano.

Carlo Maria Zampi spiega come nel Litorale, per iniziativa del Supremo commissario, la giustizia civile italiana sia sottoposta alla supervisione delle autorità germaniche sia attraverso la nomina di consiglieri civili tedeschi presso le autorità giudiziarie, sia con la creazione di una Corte straordinaria per la sicurezza pubblica, che è uno strumento di controllo sociale e economico nelle mani del Supremo commissario, ma che paradossalmente è composta da magistrati italiani e ha sede presso la Corte d’appello triestina.

Il lavoro pionieristico di Ilenia Rossini costituisce la prima indagine rigorosa sui processi (circa 85 mila) celebrati presso le Corti militari alleate a carico di civili italiani, colpevoli di reati o contravvenzioni, anche modeste, nei confronti delle forze di occupazione alleate. L’autrice illustra il perimetro e le finalità di questa giurisdizione militare, le procedure (ispirate alla common law), gli esiti dei processi, il non facile rapporto e le sovrapposizioni con la giustizia civile italiana.

Gli studi mostrano come la giustizia negli anni 1943–1945 nell’Italia occupata sia andata radicalizzandosi costantemente; un approccio che serve anche a portare l’attenzione sul destino delle vittime. Il fascicolo si concentra sulla compenetrazione dei numerosi organi di giustizia in Italia nella fase finale della guerra, e rende comprensibile l’interazione tra i fattori discordi e concorrenti che si incontrano sulla scena: dal lato tedesco, lo sforzo per mantenere intatto il dominio del Reich nella prospettiva di estenderlo ulteriormente; dal lato italiano, l’emergere di una giustizia di tipo particolare (quella partigiana), e la crescente difficoltà di quella ordinaria, sia a Nord sia nel Regno del sud, a garantire la propria sfera giurisdizionale; dal lato degli Alleati la messa in opera di una giustizia a tutela dei propri interessi. Da questo quadro emerge la discontinuità, ma anche la discrezionalità nella giurisdizione in Italia tra il 1943 e il 1945. In particolare i contributi sugli organi di giustizia germanici mostrano una varietà di strutture, di leggi e di pratiche giudiziarie che contraddicono la tesi di una giustizia di occupazione omogenea, anche se naturalmente rimane chiaro l’obiettivo comune: disciplinare il proprio personale militare e quello straniero, nonché reprimere la popolazione civile; finalità quest’ultima che conferma come la giustizia fosse un elemento della guerra di annientamento.

Gli studi qui presentati, almeno la maggior parte di essi, costituiscono dei sondaggi; alcuni dei filoni presi in esame, come la giustizia partigiana e quella degli Alleati, sono suscettibili di larghi sviluppi; altri, come la giustizia militare germanica, vanno ampliati mettendo a fuoco il destino dei resistenti e soprattutto dei civili; in uno stadio ulteriore, a seguito di una ricerca di base più larga, si potrà verificare se sia possibile una rappresentazione comprensiva, che non sia una collezione di ricerche settoriali ma un mosaico che restituisca la complessa fisionomia della giustizia ordinaria (ma certo influenzata dallo stato di guerra) e eccezionale nell’Italia occupata.

 

 

NOTE

 

1 Nello Statuto albertino, in vigore dal 1848 fino al referendum istituzionale del 1946, si dice, all’art. 68, che “la Giustizia emana dal Re, ed è amministrata in Suo Nome dai Giudici ch’Egli istituisce”. La giustizia come “emanazione” regia dà ragione di poteri eccezionali in capo al re, come quello di grazia.

 

2 Il decreto n. 159 del 27 luglio 1944 è promulgato non già dal re, ma dal suo erede, che dopo la liberazione di Roma (4 giugno 1944) ha assunto il ruolo di Luogotenente generale del Regno

 

3 Per esempio il volume collettivo di ex giudici della Wehrmacht: Otto Peter Schweling, Die deutsche Militärjustiz in der Zeit des Nationalsozialismus, curato da Erich Schwinge, Marburg 1977. La letteratura memoralistica è molto vasta, qui si rimanda a due opere che hanno avuto una certa influenza: Karl Michel, Der Kriegsrichter von Paris, Wiesbaden 1949; Hans Luther, Der französische Widerstand gegen die deutsche Besatzungsmacht und seine Bekämpfung, Tübingen 1957.

4 Manfred Messerschmidt/Fritz Wüllner, Die Wehrmachtjustiz im Dienste des Nationalsozialismus. Zerstörung einer Legende, Baden-Baden 1987; Detlef Garbe, “In jedem Einzelfall … bis zur Todesstrafe”. Der Militärstrafrechtler Erich Schwinge, ein deutsches Juristenleben, Hamburg 1989.

 

5 Christian Streit, Keine Kameraden, Bonn 1991; Jürgen Förster, Das Unternehmen „Barbarossa“ als Eroberungsund Vernichtungskrieg. In: Horst Boog/Jürgen Förster/Joachim Hoffmann/Ernst Klink/Rolf-Dieter Müller/Gerd R. Ueberschär, Der Angriff auf die Sowjetunion (Das Deutsche Reich und der Zweite Weltkrieg 4), Stuttgart 1987; Felix Römer, Der Kommissarbefehl. Wehrmacht- und SS-Verbrechen an der Ostfront, Paderborn 2008.

 

6 Si possono citare ad esempio Michael Eberlein/Roland Müller (a cura di), Militärjustiz im Nationalsozialismus. Das Marburger Militärgericht, Marburg 1994; Norbert Haase, Das Reichskriegsgericht und der Widerstand gegen die nationalsozialistische Herrschaft. Katalog zur Gedenkstätte Deutscher Widerstand Berlin, Berlin 1993.

 

7 Michael Eberlein/ Norbert Haase/ Wolfgang Oleschinski (a cura di), Torgau im Hinterland des Zweiten Weltkriegs. Militärjustiz, Wehrmachtgefängnisse, Reichskriegsgericht, Leipzig 1999.

 

8 Christoph Rass, “Menschenmaterial”. Deutsche Soldaten an der Ostfront. Innenansichten einer Infanteriedivision, 1939–1945, Paderborn 2003; Birgit Beck, Wehrmacht und sexuelle Gewalt. Sexualverbrechen vor deutschen Militärgerichten 1939–1945, Paderborn 2004; Walter Manoschek (a cura di), Opfer der NS-Militärjustiz. Urteilspraxis, Strafvollzug, Entschädigungspolitik in Österreich, Wien 2003; Ulrich Baumann/Magnus Koch (a cura di), “Was damals Recht war…”. Soldaten und Zivilisten vor Gerichten der Wehrmacht, Berlin 2008.

 

9 Albrecht Kirschner (a cura di), Deserteure, Wehrkraftzersetzer und ihre Richter. Marburger Zwischenbilanz zur NS-Militärjustiz vor und nach 1945, Marburg 2010; Peter Pirker/Florian Wenninger (a cura di), Wehrmachtjustiz. Kontext, Praxis, Nachwirkungen, Wien 2010; Joachim Perels/Wolfram Wette (a cura di), Mit reinem Gewissen. Wehrmachtrichter in der Bundesrepublik und ihre Opfer, Berlin 2011.

 

10 Norbert Haase/Brigitte Oleschinski (a cura di), Das Torgau Tabu. Wehrmachtstrafsystem, NKWD-Straflager, DDR-Strafvollzug, Leipzig 1993.

 

11 Claudia Bade/Lars Skrowronski/Michael Viebig (a cura di), NS-Militärjustiz im Zweiten Weltkrieg. Disziplinierungs- und Repressionsinstrument in europäischer Dimension, Göttingen 2015.

 

12 Due bei lavori per il grande pubblico, ma informati e corretti, sui crimini di guerra germanici e italiani sono quelli di Mimmo Franzinelli, Le stragi nascoste. L’armadio della vergogna: impunità e rimozione dei crimini di guerra nazifascisti, 1943–2001, Milano 2002 e di Gianni Oliva, “Si ammazza troppo poco”. I crimini di guerra italiani 1940–43, Milano 2006. Una disamina esauriente e equilibrata sulle istituzioni preposte alla punizione dei reati fascisti, e sulla maggiore o minore efficacia delle stesse, è quella di Hans Woller, I conti col fascismo. L’epurazione in Italia 1943-1948, Bologna 2004.

 

13 V. più avanti in questo fascicolo, p. 125, nota 16, le osservazioni di Ilenia Rossini sul disinteresse degli storici per questo soggetto cruciale.

 

14 L’attuale testo base per chi affronti lo studio della Resistenza italiana, il lavoro di Claudio

Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza, Torino 1991, tocca in modo non sistematico la giustizia a partire da p. 449; il corposo Dizionario della

Resistenza, Torino 2006, ha una sintetica voce ‘Giustizia partigiana’ a cura di Ettore Gallo (vol. II, pp. 677–699; ma lo spazio maggiore è dedicato alle sanzioni contro il fascismo). Spicca, al confronto, l’abbondante letteratura sui diversi tipi di tribunali repubblican attivi in Spagna nel corso della guerra civile (la si trova citata in Gabriele Ranzato, L’eclissi della democrazia. La guerra

civile spagnola e le sue origini 1931–1939, Torino 2012; vi si trovano chiavi utili alla lettura della giustizia partigiana in Italia).

 

15 Sul piano regionale si v. Giovanni Focardi, Magistratura e fascismo. L’amministrazione della giustizia in Veneto 1920–1945, Padova 2012. Una rassegna ad ampio spettro e quindi meno approfondita del desiderabile è quella curata da Luigi Lacchè (a cura di), Il diritto del Duce. Giustizia e repressione nell’Italia fascista, Roma 2015. Di ben altro peso la ricerca sulla giustiziasotto l’occupazione in Francia, tra cui si v. Alain Bancaud, Une exception ordinaire. La magistrature en France 1930–1950, Paris 2002; sulla magistratura cospirante si v. Liora Israël, Robes noires, années sombres. Avocats et magistrats en résistance pendant la Seconde Guerre mondiale, Paris 2005.

 

16 Nel citato collettivo curato da Lacchè, Il diritto del Duce, troviamo, pp. 279–297; Toni Rovatti, I tribunali speciali della Repubblica sociale italiana, al cui interno, pp. 291–297, figura il breve capitolo “I Tribunali militari regionali e i Tribunali militari straordinari”. Un’ampia rassegna bibliografica sui tribunali militari del Regno e della RSI in Mimmo Franzinelli, Disertori. Una storia mai raccontata della Seconda guerra mondiale, Milano 2016.

 

17 Brunello Mantelli (a cura di), Deportati, Deportatori, Tempi, Luoghi, (Il libro dei deportati 2), Milano 2010.

 

 

INHALT/INDICE

 

 

Editorial/Editoriale

Sonderjustiz im besetzten Italien

Giustizia straordinaria nell’Italia occupata

(1943–1945)

 

Tullio Omezzoli

Giustizia partigiana. Alcune direzioni di ricerca

 

Christopher Theel

Italienische Soldaten vor SS- und Polizeigerichten. Beispiele aus Italien und Griechenland

 

Samuele Tieghi

I disertori di Salò. Il fenomeno delle diserzioni nella RSI attraverso i documenti dei tribunali militari

 

Kerstin von Lingen

Sondergericht Bozen: ‚Standgerichte der Besatzungsjustiz‘ gegen Südtiroler, 1943–1945

 

Carlo Maria Zampi

La Corte Speciale per la sicurezza pubblica di Trieste

 

Ilenia Rossini

Le Allied Military Courts: gli alleati e la giustizia di guerra in Italia

 

 

 

Aufsätze/Contributi

 

Alessio Fornasin

Fanti e Alpini. I soldati del Bellunese e del Friuli caduti durante la Prima guerra mondiale

 

Wolfgang Strobl

Mussolini im Gewande Neros. Subversives und Zensur in der Kunst einer Grenzregion des faschistischen Italien (Zu Hans Piffraders Fries für die Casa del Fascio in Bozen)

 

 

Forum

 

Brunella Germini

Mussolini come Marco Aurelio? Sull’uso ideologico del rilievo storico romano nel fregio di HansPiffrader a Bolzano

 

Hans Heiss

Così vicini, così lontani. Presentazione di “Gli Spostati. Profughi, Flüchtlinge, Uprchlíci.1914–1919”

 

Francesco Frizzera

“Paesaggi di guerra: immagini, rappresentazioni, esperienze”. Cronaca di un convegno sulla Grande Guerra

 

Doris Hörmann

Bericht zur Tagung „Tourism and Transformation – Regional Development in European History“

 

 

Rezensionen/Recensioni

 

András Vári/Judid Pál/Stefan Brakensiek, Herrschaft an der Grenze. Mikrogeschichte der Macht im östlichen Ungarn im 18. Jahrhundert

(Margareth Lanzinger)

 

Heather R. Perry, Recycling the Disabled. Army, Medicine and Modernity in WWI Germany

(Martina Salvante)

 

Maria Fiebrandt, Auslese für die Siedlergesellschaft. Die Einbeziehung Volksdeutscher in die NS-Erbgesundheitspolitik im Kontext der Umsiedlungen 1939–1945

(Stefan Lechner)

 

Zdenĕk Kravar, Das Reichsarchiv Troppau. Die NS-Etappe in der Geschichte des Archivwesens in tschechisch Schlesien

(Ellinor Forster)

 

Thomas Albrich, Luftkrieg über der Alpenfestung 1943–1945. Der Gau Tirol Vorarlberg und die Operationszone Alpenvorland

(Horst Schreiber)