Autori: Romeo, Carlo − Steurer, Leopold

 

Rif. bibl.: «L’impegno per un altro Sudtirolo Alexander Langer e la contestazione al censimento del 1981». In: Fare ancora.Ripensando a Alexander Langer / Weitermachen. Nachdenken über Alexander Langer, a cura di / Hrsg. Gaia Carroli e Davide Dellai, Edizioni alphabeta Verlag, Merano 2011, pp. 15-38. ISBN 978-88-7223-179-1

 

 

 AlphabetA 2011

 

 

L’IMPEGNO PER UN ALTRO SUDTIROLO

ALEXANDER LANGER E LA CONTESTAZIONE

AL CENSIMENTO DEL 1981

 

di Carlo Romeo e Leopold Steurer

 

 

 

UNA “FRAGILE” EREDITÀ

 

Il grande e unanime sconcerto che nel luglio 1995 destò la notizia del suicidio di Alexander Langer derivava non solo dalla stima e simpatia che il suo coraggioso percorso di vita aveva saputo suscitare (pure tra gli avversari politici), ma anche dalla chiara consapevolezza di aver perduto un politico e intellettuale di spessore europeo. Fin dai suoi anni giovanili, Langer seppe interpretare al meglio, naturaliter, il ruolo di mediatore, traghettatore tra mondi, culture, sistemi valoriali diversi, individuandone i punti di sinergia. “Eretico” nei confronti di ogni appartenenza che si cristallizzasse in sterile ideologia, si distinse per la rapidità nell’individuare i nodi delle questioni politiche, anticipando nella sua riflessione l’insorgere dei problemi e proponendone possibili soluzioni.

Molto è stato scritto sulla sua parabola civile e politica che si distese nei più vari ambiti: dal movimento di contestazione degli anni Sessanta e Settanta alle battaglie “interetniche” in provincia di Bolzano, dalla cosiddetta “semina verde” che lo vide protagonista della nascita delle prime liste ambientaliste in Italia fino all’intensa, quasi “spasmodica” attività di eurodeputato per contrastare le maggiori crisi umanitarie, economiche e ambientali a livello internazionale.

Diverse ricostruzioni biografiche, inoltre, ci hanno restituito il profilo delle sue singolari doti personali: l’eccellente formazione culturale, la curiosità intellettuale, la sobrietà e modestia dello stile di vita, la completa dedizione alle cause in cui si impegnava nonché la capacità di incoraggiare e mettere in contatto tra loro persone e iniziative.

La presente raccolta si compone in gran parte (ma non solo) di testimonianze su Langer da parte di persone che l’hanno conosciuto e frequentato, perlopiù condividendone pensiero e azione, ai tempi della contestazione, della “dissidenza” e delle battaglie politiche per un altro Sudtirolo. In questa breve introduzione, quindi, tra tanti possibili aspetti abbiamo preferito richiamare il ruolo che Langer svolse all’interno della realtà sudtirolese in una fase fondamentale del cammino autonomistico, la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, quella dell’attuazione delle norme più controverse del cosiddetto Pacchetto. Col passare degli anni, infatti, nella percezione comune (soprattutto delle giovani generazioni) i contorni della sua ricca figura rischiano di sfumare attraverso categorie incerte e semplificate. Il nome di Langer non è associato a “vittorie”, a significative svolte istituzionali o politiche. Da un punto di vista strettamente formale, le sue battaglie – spesso considerate da avversari e persino amici astratte e utopistiche - si conclusero quasi sempre con sconfitte e non si tradussero in modifiche sostanziali delle regole di quest’autonomia. Eppure pochi politici locali hanno saputo come Langer imporre all’attenzione dell’opinione pubblica la propria visione su un piano culturale e progettuale (e quindi anche politico nel senso più alto del termine). Fu tra i primi a intuire e formulare con lucidità le contraddizioni insite in una gestione etnocentrica dell’autonomia provinciale. Fu tra i più lucidi nel denunciare le debolezze di un “sistema” che, efficacemente costruito per tutelare i diritti dei gruppi linguistici, non era altrettanto flessibile per garantire quelli individuali. Fu tra i più acuti a porre la questione della Heimat entro nuove coordinate: non più un rifugio/barricata di tipo etnico, bensì un luogo di partecipazione e condivisione su scelte ambientali, economiche, sociali. In questa prospettiva è indubbio che l’eredità del pensiero di Langer sia ancor oggi una risorsa preziosa in qualunque discorso su autonomia, appartenenza e convivenza. È un’eredità apparentemente fragile, perché dichiaratamente alternativa e non protetta da alcun “manto” istituzionale; eppure è un’eredità ancor oggi “vitale” nella sua richiesta di progettualità dentro quest’autonomia, ovvero del contemperamento delle tutele linguistiche con le ragioni della convivenza.

 

 

IL “RITORNO IN SUDTIROLO”

 

È stato lo stesso Langer a individuare nel proprio percorso biografico una data simbolicamente rilevante per la direzione del suo impegno politico, quasi una cesura: il funerale del poeta Norbert C. Kaser, nell’agosto del 1978. Il “poeta dissidente” per eccellenza si era spento poco più che trentenne, dopo una vita di solitudine ed emarginazione, “bruciata” dall’alcool. Le prime poesie di Kaser erano state pubblicate su “die Brücke” (1967-1969), il mensile cofondato dallo stesso Langer. Sotto la presidenza dello stesso Langer, la Südtiroler Hochschülerschaft (l’associazione degli studenti universitari sudtirolesi) nel 1969 aveva organizzato un convegno a Bressanone sulla situazione della cultura in provincia e Kaser vi aveva svolto la relazione più rivoluzionaria (1). Nelle sue poesie, valorizzate dalla critica solo più tardi, Kaser aveva espresso in modi graffianti e disperati la contestazione all’ideologia dominante, il rifiuto dell’ipocrita rappresentazione ufficiale di una Heimat conservatrice e immutabile, ma anche lo “spaesamento” di fronte all’irrompere di una “modernità” devastante. Un poeta amato e compianto da tutti coloro che per un decennio si erano illusi di partecipare ad un’ondata rivoluzionaria.

 

«Per chi era "di sinistra", il funerale di Norbert era anche l'occasione per rivedersi tra compagni spesso rimasti dispersi dal 1969 in poi. Amici e compagni, molti dei quali partiti insieme negli anni ’60 ed arrivati, nel frattempo, a mete diverse per strade diverse, spesso frustrati dall'enorme e vischiosa difficoltà di cambiare qualcosa in una società così monolitica e chiusa, nella perversione della nobile causa di difesa di una minoranza etnica, nella comune contraddizione di essere figli di una terra al tempo stesso assai provinciale ed assai ricca di stimoli, combattuti tra la tentazione di voltare semplicemente le spalle, lasciando cuocere nel loro brodo gli insignificanti e dispotici padrini locali e la gente che li sopporta e li appoggia, e quella di unire le nostre forze per riprovare ancora, per riprendere un discorso lasciato in sospeso, da ognuno di noi, anni addietro.» (2)

 

Già il mese dopo il funerale di Kaser Langer pubblica sul bimensile “Südtiroler Volkszeitung” l’appello ad unire le variegate forze del dissenso in una lista da presentare già alle prossime elezioni regionali di novembre (3). Con lo stile profetico-visionario che resterà una delle peculiarità del suo linguaggio politico, Langer utilizza l’immagine biblica del “piccolo Davide” che si appresta ad affrontare il gigante Golia con l’ausilio di una semplice fionda. Il “gigante” è il “sistema” di potere sudtirolese nel suo complesso, e allude senza bisogno di tante spiegazioni a tutta una serie di aspetti che erano stati bersaglio delle critiche del mondo giovanile studentesco per un decennio: i blocchi etnici spartiti tra i partiti dominanti SVP e DC, il monopolio sull’informazione da parte dell’Athesia, la censura e l’omologazione etc.

La “fionda” con cui David potrebbe abbattere il gigante consiste nella “novità” degli strumenti, della concezione, del discorso politico che si dovrebbe portare avanti. Langer sgombra il campo da ogni illusione di poter rappresentare per il momento alcun “contropotere” (Gegenmacht); ciò che si può esercitare è solo “resistenza” (Widerstand). Non si deve creare un partito, diretto da “comitati”, non deve aspirare all’esercizio di un qualche potere. Le linee d’azione dovrebbero nascere attraverso assemblee pubbliche e iniziative di base e l’unico obiettivo della lista sarebbe quello di “metter loro il bastone tra le ruote” e “infilare un piede nella porta in modo che la gente sappia cosa succede ‘dentro’ e possa meglio difendersi”. Questi principi “movimentisti”, così caratteristici nelle proposte di Langer, derivano solo in parte dall’eredità “sessantottina” italiana; molto più forte è il richiamo alle esperienze che ha osservato in Germania, dove sembrano felicemente incontrarsi, su obiettivi comuni, iniziative civiche, ecologiste e alternative.

 

 

LA “PRIMAVERA SUDTIROLESE”

 

Per comprendere appieno l’iniziativa langeriana di promuovere una lista che raccolga il dissenso sparso e impotente, occorre tener presente i contorni di quella che lo stesso Langer definì più volte la “primavera sudtirolese”.

Il “Pacchetto” delle norme per l’Alto Adige/Südtirol, approvato dalla SVP nel 1969, si era tradotto -dopo una serie di passaggi istituzionali - nel secondo statuto di autonomia del 1972. Le più importanti competenze della Regione erano state trasferite alle due distinte Province di Bolzano e Trento e altre se ne erano aggiunte di nuove direttamente dallo Stato. La complessa elaborazione giuridica delle norme di attuazione dello Statuto, che necessitavano di diversi strumenti, da semplici leggi ordinarie fino a modifiche di rango costituzionale, era stata affidata alla Commissione dei Dodici (su base regionale) e a quella dei Sei (su base provinciale). Era cominciata la lunga “era del Pacchetto aperto”, che si sarebbe protratta per ben trent’anni, fino alla definitiva chiusura della controversia italo-austriaca (1992).

All’interno del mondo giovanile sudtirolese continua un’onda lunga cominciata alla fine degli anni Sessanta. Si tratta di una nuova generazione nata a ridosso della fine della guerra. Oltre che disporre di nuove possibilità di accesso agli studi superiori, in seguito alle riforme scolastiche degli anni Sessanta, ha anche l’opportunità di confrontarsi con modelli di vita e sistemi valoriali diversi dalla tradizione, portati dalla modernizzazione economica e dalla diffusione dei mass media. È una generazione che pur appartenendo ad una minoranza linguistica ancora minacciata nelle proprie garanzie, poco si riconosce nella concezione conservatrice e volkstümlich che la politica locale (ovvero il partito di raccolta SVP) propone a livello identitario. Proprio come la lotta di classe, anche la proposta di critica culturale e le forme di contestazione giovanile sono infatti considerate un pericolo per l’unità e la compattezza del gruppo etnico.

I primi segnali di quest’insoddisfazione emergono all’interno della già citata SH (Südtiroler Hochschülerschaft), che dal 1955 rappresenta gli interessi degli studenti universitari sudtirolesi. Le iniziative che essa ha sinora intrapreso riguardavano la parificazione dei titoli di studio e non vi sono state particolari divergenze con la politica culturale della SVP. Tuttavia dalla metà degli anni Sessanta la discussione all’interno della SH comincia a interessare questioni come l’opportunità di un’istituzione universitaria in Sudtirolo, il monopolio sull’informazione da parte dell’Athesia, la chiusura e i tabù della cultura ufficiale. Come già accennato, nell’agosto 1969 il XIII convegno organizzato dalla SH (presso l’Accademia Cusanus di Bressanone col titolo “Kunst und Kultur”) critica esplicitamente il ritardo culturale a cui la politica etnica ha costretto la società sudtirolese. Soprattutto l’infiammato intervento di Norbert C. Kaser provoca scandalo presso la stampa e i vertici politici tedeschi.

Accanto alla rivista della SH (“Skolast”) le voci dissidenti hanno trovato spazio nel mensile “die Brücke”, fondato nell’autunno del 1967 dall’ex referente culturale dell’SH Siegfried Stuffer, da Josef Schmid e dallo stesso Alexander Langer. L’obiettivo dichiarato è quello di opporsi al monopolio dell’Athesia per una “democratizzazione della vita pubblica”. Accanto a commenti sulla vita politica e culturale, liriche, recensioni, la rivista presenta gli sviluppi del movimento studentesco che agita l’intero mondo occidentale, dagli USA alla Francia, alla Germania e all’Italia. “Die Brücke” accoglie anche scritti in lingua italiana. L’iniziativa termina però già nel marzo del 1969.

 

In provincia non vi è stato un movimento studentesco organizzato paragonabile a quello di centri universitari italiani ed europei. Tuttavia in alcune scuole medie superiori in lingua italiana si sono registrate occupazioni e forme di contestazione, spesso sull’onda di ciò che succedeva nella vicina Trento. Qualche “scossa” ha subito anche la scuola tedesca; ad esempio nel 1969 presso il liceo classico la contestazione per la non ammissione di due alunni all’esame di maturità (il cosiddetto “caso Sailer” dal nome del preside di allora) ha coinvolto il neoinsegnante di storia e filosofia Langer.

Nel 1975 alcuni insegnanti sudtirolesi fondano il Südtiroler Kulturzentrum (SK) che mira a costruire una cultura alternativa. Diffusosi ben presto in gruppi locali su tutto il territorio della provincia, l’SK si dedica alle arti, al cinema e alla canzone popolare. Di grande impatto è la messa in scena, nel 1976, di uno spettacolo su Michael Gaismair, il ribelle vipitenese, capo della rivolta dei contadini tirolesi del 1525 e ideale contraltare dell’eroe dell’“Heiliges Tirol” Andreas Hofer. Si tratta di restituire la memoria all’altra faccia del Tirolo, quella libertaria e contestatrice che tradizionalmente è sempre stata messa in ombra dall’immagine clericale e conservatrice.

Sempre dall’ambiente del Südtiroler Kulturzentrum nel 1978 nasce una nuova iniziativa editoriale. È fondata la cooperativa “Südtiroler Volkszeitung”, cui partecipano intellettuali, insegnanti, studenti, sindacalisti e che pubblica l’omonimo bimensile. Questo comincerà ben presto ad ospitare anche articoli in italiano e nel 1981 si trasformerà nel settimanale bilingue “Tandem” (mensile dal 1983), sempre più “organico” alle liste promosse da Langer. Anche Radio Popolare di Bolzano, nata qualche anno prima, prenderà il nome di Radio Tandem.

Sempre nel 1978 la Südtiroler Hochschülerschaft reagisce a un attacco del “Dolomiten” con una lettera pubblica (“lettera degli 83”) rivolta al presidente della giunta provinciale e all’assessore alla cultura tedesca. Vi si critica il clima di intolleranza e scarsa democrazia instaurato dal partito dominante. La lettera suscita l’interesse anche di alcuni media fuori regione e provoca qualche imbarazzo all’SVP.

Lungo gli anni Settanta si registra anche l’apertura “bilingue” (sino ad allora quasi solo formale) delle federazioni locali di grandi partiti nazionali. Ad esempio il PCI già dal 1973 ha un consigliere provinciale di lingua tedesca (Josef Stecher). All’interno dei sindacati confederali si consolida un reale percorso interetnico.

L’area del “dissenso” individuata da Langer e priva ancora di rappresentanza è insomma assai variegata e allo stesso tempo lontana sia dalle istituzioni come pure, in campo tedesco, dalla base dei precedenti partiti di opposizione all’SVP, quali la Sozialdemokratische Partei Südtirols (SPS) di Hans Dietl o la Soziale Fortschrittspartei (SFP) di Egmont Jenny.

Gran parte dei consensi alla proposta langeriana del 1978 arriverà dal mondo della sinistra extraparlamentare di lingua italiana, concentrata soprattutto a Bolzano. Lungo gli anni Settanta essa si è allargata soprattutto grazie al movimento studentesco e ai legami con le città universitarie (Trento, Padova, Bologna etc.). Tra le questioni locali che riescono, almeno occasionalmente, a “compattarla” vi è soprattutto la critica al provincialismo e all’assenza di liberi spazi culturali. Un ruolo “pionieristico” nella diffusione di una cultura alternativa in provincia svolge il Circolo “La Comune” fondato nel 1972. Delle tante piccole formazioni politiche nazionali che mirano a rappresentare quest’area, una certa continuità a Bolzano avrà, tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, Democrazia Proletaria/ Arbeiterdemokratie.

 

 

CONTRO IL SISTEMA DELLE “GABBIE”

 

Lanciato quello che si può chiamare l’“appello di Davide”, nel giro di due mesi si prepara la lista per le elezioni regionali. Il 14 ottobre 1978 Neue Linke/Nuova Sinistra è presentata in una conferenza stampa dai due capilista, Alexander Langer e Luigi Costalbano, rispettivamente del gruppo linguistico tedesco e italiano. Poco prima, in un incontro a Roma, Langer ha ottenuto il pieno appoggio di Marco Panella, leader dei radicali.

Nella presentazione del programma si precisa il rapporto di Neue Linke con la questione autonomistica. Non si tratta di una contestazione tout court dei principi autonomistici, bensì di quei meccanismi che finirebbero per “ingabbiare” per sempre i gruppi linguistici, perpetuando il conflitto tra di loro e impedendo una crescita democratica della società locale (si profila già la questione del censimento del 1981). Quattro candidati della lista vengono depennati per il loro rifiuto di dichiarare la loro appartenenza linguistica.

Il messaggio risulta efficace. Neue Linke/Nuova Sinistra ottiene quasi 10.000 voti, diventando il quarto partito in provincia (dopo SVP, DC e PCI e precedendo il PSI e l’MSI). La novità “interetnica” è davanti agli occhi di tutti. Per la prima volta una lista riesce a far convergere su di sé in modo significativo fasce di elettorato di lingua italiana (si stima per due terzi) e tedesca (un terzo). Bisogna ricordare che fino al 1988 la cosiddetta “proporzionale” rimarrà agganciata alla composizione etnica del Consiglio provinciale. Ciò rende difficile l’affermazione di liste interetniche; gli elettori, infatti, sono consapevoli che votare un candidato di gruppo linguistico diverso significa “danneggiare” gli interessi del proprio gruppo. Per ribadire simbolicamente la novità di questa rappresentanza, il neoconsigliere Langer pronuncia il suo primo discorso al Consiglio provinciale per metà in tedesco e per metà in italiano. È la prima volta che ciò accade.

 

 

SCAMBI TRA SCUOLE?

 

Nel 1979 i consigli d’istituto dei due Licei scientifici di Merano (quello in lingua tedesca e quello in italiana) deliberano il timido progetto di uno “scambio” di studenti, con il consenso delle famiglie interessate. Si tratta di permettere a due alunni per classe (esclusa quella finale) di frequentare, per una settimana, quella corrispondente nell’altro istituto. Appena partita, la sperimentazione incontra il veto da parte delle autorità scolastiche. Particolarmente attivo in questo senso si mostra l’intendente in lingua tedesca David Kofler, che si appella al primo comma dell’articolo 19 dello Statuto, interpretando questo “scambio” come un attentato al diritto di istruzione nella propria madrelingua. Grazie a dimostrazioni di solidarietà all’iniziativa da parte di docenti, studenti e forze politiche, il caso infiamma il dibattito anche fuori dai confini della provincia. Tra i più energici difensori dello scambio vi è ovviamente Alex Langer, appena entrato in Consiglio provinciale con Nuova Sinistra/Neue Linke. È proprio in occasione del dibattito consigliare sul caso meranese (20 marzo 1979) che l’assessore alla scuola e cultura in lingua tedesca, Anton Zelger, respingendo l’accusa di “razzismo”, enuncia nel modo più icastico la concezione della politica culturale nella nuova autonomia:

 

«Io non conosco alcuna cultura sudtirolese ma solo una cultura tedesca, italiana e ladina in Sudtirolo. Certamente molte persone parlano diverse lingue; culturalmente però si vive solo in una cultura (…) Quanto più chiaramente ci separiamo, tanto meglio ci comprendiamo. Se qualcuno vuole chiamarlo Apartheid, io non ho nulla in contrario.»

Con altrettanta decisione viene respinta la proposta di un neonato “Comitato per il bilinguismo” di insegnare il tedesco negli asili italiani. Essa viene interpretata come l’ulteriore mossa di una medesima “strategia” tesa a minare la forza della minoranza. Le istanze interetniche (di cui Neue Linke/Nuova Sinistra è la più esplicita rappresentazione politica) sono condannate come subdoli strumenti di “infiltrazione italiana” che aggirano le norme di tutela garantite dallo Statuto, dietro il finto appello a valori apparentemente “innocui” e condivisibili.

 

 

LA “BATTAGLIA DEL MONOPOLIO”

 

Nell’autunno del 1979 un’altra vicenda infiamma il dibattito locale intorno alle “barriere” linguistiche. Già da un paio d’anni il Sudtiroler Kulturzentrum (guidato da Irmtraud Mair) aveva avanzato la richiesta di uno spazio adeguato per lo svolgimento delle sue sempre più estese attività culturali. Nel luglio del 1979 ventidue associazioni culturali italiane e tedesche si riuniscono in consorzio con l’obiettivo primario di realizzare a Bolzano un centro polivalente “che serva alla popolazione locale come punto di incontro e crescita culturale” (4). L’edificio già da tempo individuato è il magazzino dell’ex Monopolio Tabacchi di via Dante, da anni in stato di abbandono, ceduto in affitto dallo Stato al Comune di Bolzano. Intenzione del Comune è di abbatterlo e adibire l’area a parcheggio. Di fronte al fallimento di ogni trattativa con il governo cittadino (sindaco è il democristiano Giancarlo Bolognini), il consorzio delle associazioni decide di occupare l’edificio. Si comincia l’opera di riadattamento dei locali e partono le prime attività. L’iniziativa viene accolta con simpatia da parte dei partiti di sinistra (PCI, PSI, Nuova Sinistra), dei sindacati e degli organi di stampa italiani. Si aggiungono associazioni ricreative e di volontariato sociale di diversa appartenenza.

L’iniziale diffidenza del “Dolomiten” si trasforma rapidamente in aperta condanna allorché emerge chiaramente il carattere interetnico della proposta. Quest’ultima viene presentata come parte integrante del medesimo “piano di indebolimento” della Volksgruppe, proprio come le proposte di scambio di studenti a Merano e di insegnamento del tedesco negli asili italiani: “C’era persino una certa attesa su quale sarebbe stata la prossima mossa sulla scacchiera. È venuta ed ha superato in perfidia entrambe. Questa volta è stata presa di mira la cultura (…) Ben 24 gruppi culturali! Non interessa che di questi gruppi facciano parte i circoli del greto del Talvera, notori fannulloni e perdigiorno” (“Dolomiten”, 13 nov. 1979).

Da diversi protagonisti dell’esperienza del “Monopolio” nasce l’allestimento dello spettacolo teatrale Die Rundköpfe und die Spitzköpfe /Teste tonde e teste a punta, diretto dal regista austriaco Götz Fritsch e che verrà rappresentato anche a Vienna. Si tratta dell’adattamento del dramma di Bertold Brecht, recitato dagli attori nella propria madrelingua (tedesco, italiano e ladino) e che allude esplicitamente alla separazione dei gruppi linguistici in vista dell’imminente censimento del 1981; una provocatoria e strumentale confusione linguistica (“Sprachmischmasch aus allen drei Landessprachen”), commenterà il “Dolomiten” (5).

 

 

IL CENSIMENTO DEL 1981

 

Sin dal luglio 1979 è sorto il Comitato di iniziativa contro le opzioni 1981/ Initiativekomitee gegen die Option 1981. La norma, annunciata ma non ancora varata dalla Commissione dei Sei, prevede la dichiarazione nominativa di appartenenza ad uno dei tre gruppi linguistici riconosciuti. Essa si configura come requisito necessario per l’accesso ai concorsi pubblici e per il godimento di diritti politici e economici (ad esempio nel campo dell’edilizia sovvenzionata). Qualche mese più tardi (marzo 1980) nel primo convegno del Comitato si manifestano due orientamenti divergenti. Il primo mira a ottenere sostanziali modifiche alla normativa; l’altro, considerata illusoria tale speranza, vuole una battaglia di principio che contrapponga nettamente l’idea di un “Sudtirolo indiviso” a quella che viene chiamata “schedatura etnica”.

Inizialmente Langer sembra convinto dell’esistenza di margini concreti di compromesso. Avanza infatti la proposta che sia legalmente riconosciuta la possibilità di dichiararsi appartenenti a più di un gruppo linguistico, tra cui almeno uno dei tre riconosciuti in provincia di Bolzano. Il compromesso lascerebbe inalterato, almeno per il momento, il sistema statutario dei gruppi linguistici. Esso consentirebbe però ai “dissidenti etnici” (in primis ai cosiddetti “mistilingui”) di aggregarsi a più di uno dei gruppi linguistici riconosciuti, senza per questo mettere in discussione il riconoscimento dei gruppi stessi.

Obiettivo dichiarato della proposta langeriana è quello di dar forza alla realtà mistilingue della provincia, l’unica che secondo lui potrebbe controbilanciare il rigido assetto etnico. Dotati di una sorta di “doppia cittadinanza etnica”, potrebbero con la loro mobilità tra i blocchi promuovere l’incontro e il dialogo tra i gruppi. Al posto di un’opzione esclusiva vi sarebbe una “professione di appartenenza” meno drastica e antagonistica.

 

 

NUOVE OPZIONI?

 

Le iniziative si susseguono a ritmo incalzante. È lo stesso Langer a creare a livello propagandistico il parallelo tra il censimento del 1981 e le opzioni del 1939. Si tratta indubbiamente di un paragone forzato, che non regge su un piano storico. Anche questo richiamo va però ricondotto al clima dei dibattiti culturali dell’epoca. È un periodo di grande fervore nella ridiscussione sulla storia del Tirolo, a nord e a sud del Brennero. Nel 1979 è stato pubblicato il libro del Reinhold Iblacker su Josef Mayr-Nusser (6) e per la prima volta si affrontano i tabù della storia più recente, tra cui il coinvolgimento di molti sudtirolesi nell’ideologia nazionalsocialista. Sono nati l’Alternatives Kontaktkomitee Nord-Südtirol e la Michael Gaismair Gesellschaft, animati da giovani ricercatori che riscoprono figure, vicende, aspetti in ombra dell’identità tirolese, come il movimento operaio e socialista, la persecuzione degli ebrei, la contiguità tra una certa ideologia conservatrice della Heimat e quella del Blut und Boden. Nel 1980 esce il numero monografico della rivista “Föhn” sulle “opzioni” che attraverso materiali inediti mette in discussione il “mito vittimistico” sudtirolese (7).

Nell’ottobre del 1981 nel corso di un’intervista televisiva il famoso scalatore Reinhold Messner commenta l’abuso della “parola Heimat, da parte di un popolo che come nessun altro l’a tradita, quando nel 1939 a stragrande maggioranza ha optato per la Germania, disponendosi a lasciare la propria terra”. Ne segue una campagna di pubblico sdegno guidata dal nuovo direttore del “Dolomiten” Josef Rampold (8).

 

 

PEDONI E CORSIE

 

Tra le iniziative più provocatorie e spettacolari messe in atto dalla contestazione anti-censimento vi è la divisione del passaggio del Ponte Talvera a Bolzano in corsie distinte per “pedoni tedeschi” e “italiani”. Il commento del “Dolomiten” è di pubblica esecrazione.

 

«Il fanatismo di neofascisti che si dicono di sinistra, che nel variegato movimento della “Nuova Sinistra” vogliono pescare nel torbido. Il processo di sviluppo della “Nuova Sinistra e il suo progetto del “Comitato contro le opzioni del 1981” mirano in tutt’altra direzione. Si vuole impedire che anche in futuro i sudtirolesi si riconoscano come sudtirolesi, si vuole cucinarli nel minestrone italiano e scardinare la loro identità etnica. Un giorno – così fanno il calcolo questi furbi – non ci saranno più sudtirolesi, perché con le scuole miste, asili misti e partiti “sovra-etnici” verrà spezzata la spina dorsale dei sudtirolesi.» (“Dolomiten”, 20 giugno 1980)

 

Nel febbraio 1981 sono promulgate le norme sul censimento, che prevedono una dichiarazione di appartenenza obbligatoria e nominale a uno dei tre gruppi linguistici. Il parlamento italiano respinge un’ultima mozione, presentata dai radicali, per introdurre qualche modifica. Una parte di coloro che si sono impegnati nella contestazione si schierano per il boicottaggio, pur nella consapevolezza delle inevitabili conseguenze personali. Al momento del censimento (novembre), in prima battuta sono ben 13.000 coloro che non dichiarano l’appartenenza. Dopo i richiami e gli ammonimenti rimarranno in cinquemila, tra cui anche Reinhold Messner che si dichiara “tedesco, italiano e inglese, perché sono queste le lingue che parlo e nelle quali mi sento a casa”. La mancata dichiarazione ha per Langer un’immediata conseguenza sul piano professionale. Il suo trasferimento dalla cattedra del liceo romano in cui è titolare a quella del liceo classico tedesco di Bolzano viene prontamente bloccato dall’intendenza scolastica perché, non essendosi dichiarato, non può essere considerato a tutti gli effetti di madrelingua tedesca.

 

 

IL “SUDTIROLO INDIVISO”

 

Una delle prime iniziative di Langer in Consiglio provinciale è un intervento con cui si chiede di impedire la discriminazione degli studenti di lingua italiana della provincia di Bolzano nelle università austriache. Al parlamento di Vienna, infatti, è in discussione una legge per l’equiparazione dei lavoratori e degli studenti sudtirolesi (di lingua tedesca e ladina) che frequentino atenei in Austria. L’esclusione dei “sudtirolesi italiani” provoca le proteste anche di forze politiche austriache e di intellettuali come il giornalista Claus Gatterer. Langer coglie l’occasione per ribadire il modello alternativo di un “Sudtirolo indiviso”, in cui anche gli italiani che vi risiedono possano sentirsi partecipi. È in questo senso che Langer ha dato il via a un programmatico, sistematico, “politico” uso in lingua italiana del termine “Sudtirolo” (9). Il significato che gli attribuisce è di inclusione di tutti i gruppi linguistici residenti in provincia, attraverso un unico sentimento di appartenenza. Allo stesso modo in lingua tedesca, nella prospettiva di Langer, l’aggettivo “südtiroler” dovrebbe subentrare, integrandolo, a “deutsch” quale connotazione della cosiddetta “minoranza dominante” (10).

“Sudtirolesi” in senso langeriano sono tutti coloro che partecipano di quest’autonomia. Si tratta dell’atteggiamento mentale in cui può svilupparsi un’autonomia territoriale che sostituisca quella di tipo etnico. È importante a questo riguardo notare l’intrinseca differenza semantica del “Sudtirolo” langeriano con l’uso che attualmente viene fatto del medesimo termine in contesti “rivendicativi” (cioè con l’unico scopo di evitare la dizione “Alto Adige”); infatti, in questo caso “Sudtirolo” non si riferisce all’“abbraccio” di più componenti in un’unica Heimat, ma sembra piuttosto esprimere una volontà di omologazione e assimilazione delle sensibilità minoritarie (in questo caso quella del gruppo italiano) all’interno della storia e delle coordinate culturali del gruppo maggioritario.

 

 

IL “DISAGIO” ITALIANO

 

Nei suoi interventi a cavallo dei due decenni, Langer sottolinea sempre più come l’autonomia quale viene profilandosi, più che risolvere la conflittualità etnica, la trasferisce dal rapporto tra Roma e Bolzano a quella tra i gruppi in provincia. Si tratta di un’autonomia basata sulla giustapposizione (nebeneinander) dei gruppi linguistici e non sulla convivenza (miteinander). Gli unici spazi di condivisione previsti avvengono “al vertice”, dove vengono prese le decisioni politiche ed economiche; per la “base”, cioè per la società nel suo complesso, sono previste solo misure di separazione.

In quel periodo comincia ad essere avvertito quello che, a livello pubblicistico, sarà chiamato “il disagio” del gruppo italiano nella nuova autonomia. Esso riflette il suo passaggio da maggioranza (nel nesso statale e regionale) a minoranza nella provincia. A ciò si aggiunge il ritardo e l’impreparazione con cui il gruppo italiano si presenta al momento dell’applicazione delle norme di attuazione più incisive, come quelle sul bilinguismo e sulla cosiddetta “proporzionale” nella ripartizione degli impieghi, delle risorse e sovvenzioni pubbliche (1976). L’obiettivo di riequilibrare l’occupazione tra i gruppi si scontra con la realtà del quadro sociale del gruppo italiano, concentrato nelle città e nei settori dell’industria, del pubblico impiego e del terziario e praticamente assente nel Land, nell’agricoltura e nel turismo.

L’ostilità con cui gli italiani guardano al rafforzamento dell’autonomia provinciale si unisce alla percezione di “essere stati abbandonati” dallo Stato e politicamene si tradurrà ben presto nella “punizione” dei partiti tradizionali, in quanto “complici” del Pacchetto. Il segnale più netto arriverà alle elezioni comunali del 1985, quando il Movimento Sociale Italiano diventerà il primo partito del capoluogo. Si tratta inizialmente un voto di protesta, che tuttavia negli anni successivi si consoliderà nella logica dei “blocchi etnici”.

 

 

PER UN NUOVO MODELLO DI HEIMAT

 

Nella prima metà degli anni Ottanta il clima politico locale peggiora anche per il riemergere di posizioni radicali all’interno della SVP. Sotto la segreteria di Bruno Hosp, nell’SVP si torna a discutere di autodeterminazione. A quest’ultima si richiama come proprio cavallo di battaglia il neonato Wahlverband des Heimatsbundes, che nel 1983 manderà in Consiglio provinciale la propria capolista Eva Klotz. Nel 1984 suscita grande clamore a Innsbruck la corona di spine portata dagli Schützen nella sfilata per le celebrazioni hoferiane. L’immagine, che vuole simboleggiare la “via crucis” e la “Passione” sudtirolese, era stata già proposta in occasione delle commemorazioni del 1959; allora era stata criticata a livello ideologico per la commistione tra religione e rivendicazione politico-etnica. La sua riproposizione nel 1984 suscita la quasi unanime riprovazione nei confronti di un “vittimismo” ritenuto ormai ingiustificato. Inoltre, già dal settembre 1978, con l’attentato al Monumento alla Vittoria, si è riaccesa una nuova fase terroristica.

La campagna contro il censimento è stata fallimentare da un punto di vista giuridico e formale. Tuttavia ha mobilitato molte forze e ha dimostrato la capacità di far convergere su temi civili fasce di opinione pubblica generalmente distanti dalla militanza o comunque dalla politica attiva. In questi anni Langer si richiama sempre più agli sviluppi dei movimenti in Germania. Nel 1980 è nato il partito dei Grünen, punto di arrivo dell’attivismo di liste e circoli ambientalisti, femministi, pacifisti e per i diritti civili. L’obiettivo è quello di agitare le nuove, grandi questioni che toccano le popolazioni ben oltre gli steccati ideologici e partitici di vecchio stampo.

Nella riflessione langeriana diventa primaria l’esigenza di individuare ragioni comuni che uniscano più di prima le popolazioni della provincia, proprio mentre formalmente esse risultano più divise dall’istituzione di un “catasto etnico”. Nel dicembre 1982 Neue Linke/Nuova Sinistra organizza a Trento un convegno sull’ipotesi di fondare un movimento “verde” anche in Italia. Nel giugno del 1983 Langer e Messner organizzano a Bolzano (Castel Mareccio) il convegno “Für ein anderes Südtirol/ Per un altro Sudtirolo”. È il preannuncio della nuova lista che scende in campo in autunno per le regionali. La “Lista alternativa per l'altro Sudtirolo / Alternative Liste fürs andere Südtirol” ottiene più di 13.000 voti che, secondo le stime, provengono per due terzi dall’elettorato tedesco e un terzo da quello italiano. Oltre a Langer, viene eletta Andreina Emeri-Ardizzone. Per l’appuntamento elettorale Langer si è dichiarato appartenente al gruppo ladino (dopo averne imparato la lingua). Questa sorta di “smarcamento” rispetto all’agonismo tra i due gruppi più forti (quello ladino è il gruppo più piccolo) avrà un’imprevista conseguenza. Grazie all’elezione di Langer i ladini, per la prima volta, avranno due consiglieri. Proprio per questo (art. 61 e 62 dello Statuto), per la prima volta, nella giunta provinciale verrà cooptato un ladino (Hugo Valentin della SVP).

D’ora in poi nei programmi, nelle riflessioni, nelle linee attribuibili a Langer, accanto ai temi interetnici locali saranno sempre più presenti questioni ambientali e legate ai problemi concreti che lo sviluppo pone alle popolazioni. L’approdo successivo a una lista esplicitamente “verde” (Lista Verde Alternativa/Grüne Alternative Liste, 1988) ne sarà il logico sviluppo.

Anche nelle responsabilità a cui sarà chiamato successivamente, a livello nazionale ed europeo, non verrà meno alle sue caratteristiche di “eretico”, “disertore” e Mauerspringer (“saltatore di steccati”). Anche sulla base della sofferta esperienza della realtà sudtirolese, sarà uno dei più attenti e partecipi osservatori delle crisi etniche su scala europea e mondiale.

A livello locale, l’impegno nella “battaglia” del censimento del 1981, anche se formalmente sconfitto, ha contribuito a creare un diverso “modo di pensare” la nostra autonomia.

 

«Per definire un po’ la quintessenza di questa esperienza, racconto sempre questo fatto. Se chiedete al casellante dell’autostrada, all’arrivo a Bolzano, chi sono questi della Lista, vi dirà: “Sono quelli che vogliono mettere d’accordo italiani e tedeschi”. Questo è il messaggio centrale, più decisivo che è passato nel corso della nostra esperienza politica (…) Del “pacchetto” abbiamo sempre apprezzato lo spirito conciliatore che stava alla base, ma abbiamo denunciato il fatto che questo spirito era stato via via abbandonato da parte degli stessi protagonisti iniziali, che non hanno voluto permettere la nascita di una base sociale adeguata per la convivenza e hanno stravolto con leggi etnocentriche quello stesso spirito. Ci siamo sempre opposti all’idea che la nostra autonomia avesse bisogno di un temperato scontro etnico per funzionare (…) Nel corso del tempo abbiamo lottato contro il furore normativo che ispira il sistema in cui viviamo, cercando di opporci all’artificiosa compattezza etnica, anche perché i gruppi linguistici si assomigliano sempre di più…» (Alex Langer, 1990) (11)

 

 

 

CENNI BIOGRAFICI SU UN MAUERSPRINGER

 

 

Alexander Langer nasce a Vipiteno/Sterzing il 22 febbraio 1946. Il padre Arthur, medico presso il locale ospedale, era nato a Vienna nel 1900 e si era trasferito a Bolzano a 14 anni, poco prima dello scoppio del primo conflitto mondiale. Di origini ebraiche, licenziato a seguito delle leggi razziali del 1938, durante il periodo delle persecuzioni aveva trovato riparo in Trentino e poi a Firenze presso amici italiani. La madre, Elisabeth Kofler, era invece originaria di Vipiteno e di professione farmacista. Attiva nella locale SVP, riveste per un certo periodo il ruolo di consigliera comunale. Alexander ha due fratelli minori, Martin e Peter. Dopo l’asilo italiano e le scuole elementari tedesche, dal 1956 al 1964 frequenta il ginnasio-liceo dei Padri Francescani a Bolzano. Qui è tra i fondatori del periodico “Offenes Wort” della Congregazione Mariana a cui continuerà a collaborare fino al 1966.

Si iscrive quindi alla Facoltà di giurisprudenza a Firenze, dove si avvicina al mondo del “dissenso cattolico”. Conosce Ernesto Balducci, il teologo di “Liberazione”, ed Enzo Mazzi, fondatore della “Comunità dell’Isolotto”. La rivista “Il Ponte” gli pubblica nel 1967 un contributo sull’Alto Adige. Tra i propri docenti ha Giorgio La Pira (storia del diritto romano) e il costituzionalista Paolo Barile. Quest’ultimo lo segue nella tesi di laurea sull’autonomia altoatesina (1968). Sempre a Firenze conosce Valeria Malcontenti, che diventa sua compagna di vita e che sposerà nel 1984.

Si avvicina anche a don Lorenzo Milani, interessandosi della sua “Scuola di Barbiana”: traduce in tedesco, insieme a Marianne Andre, Lettera a una professoressa, pubblicata nel 1970 dall’editore Wagenbach di Berlino (12). Collabora anche alle riviste “Testimonianze” e “Politica”.

Nei primi anni Settanta Langer trascorre periodi di studio e perfezionamento nella Germania Federale, come “uditore” all’Università di Bonn e collaboratore della Biblioteca del Bundestag; si interessa non solo di diritto comparato ma anche degli sviluppi politici della contestazione. Per conto di “Lotta Continua”, svolge il ruolo di osservatore e commentatore del variegato mondo extraparlamentare tedesco.

Assolto il servizio militare (1972-73), riprende l’attività di insegnante, iniziata già nel 1969 presso il liceo classico in lingua tedesca “Walther von der Vogelweide”. È il periodo in cui l’onda della contestazione lambisce anche la scuola sudtirolese. Nel 1969 Langer è coinvolto nelle manifestazioni in difesa di due studenti non ammessi all’esame di maturità. Ne scaturisce un braccio di ferro col preside, Oswald Sailer, che finisce col trasferimento del giovane insegnante di storia e filosofia al liceo “Beda Weber” di Merano. Nel 1975 ottiene il trasferimento in un liceo scientifico di Roma dove rimarrà per tre anni. È il periodo di più intensa collaborazione a “Lotta Continua”. Partecipa al secondo e ultimo congresso del movimento-partito, che ne sancisce lo scioglimento. Insieme ad altri compagni, si impegna a far sopravvivere almeno il giornale, di cui è direttore responsabile nel biennio 1976/77.

Nel frattempo ha aggiunto alla laurea in Giurisprudenza anche quella in Sociologia a Trento. La sua tesi, scritta insieme a Bruno Lovera e discussa nel 1972, reca il titolo “Per un’analisi delle classi e delle contraddizioni sociali in Alto Adige (Sudtirolo)”.

Nel 1978 avviene quello che egli stesso definirà il “ritorno al Sudtirolo”, con la creazione della lista Neue Linke/Nuova Sinistra, che unisce alle istanze della sinistra extraparlamentare una marcata connotazione interetnica. La lista ottiene quasi diecimila voti e diventa la quarta forza politica in provincia. Langer viene eletto in consiglio regionale, da cui si dimette per “rotazione etnica” (e non senza polemiche interne al movimento) nel dicembre del 1981, a favore di Luigi Costalbano. In questo primo mandato si mette in luce soprattutto per le iniziative contro le norme del censimento del 1981 (obbligo della dichiarazione nominale di appartenenza al gruppo linguistico).

Si ripresenta alle elezioni regionali del 1983 con una nuova lista (Das andere Südtirol/ Lista alternativa per l’altro Sudtirolo) che ottiene quasi tredicimila voti e due seggi. Insieme a Langer entra in consiglio Andreina Ardizzone-Emeri; dopo il decesso di quest’ultima subentra Arnold Tribus, ex studente di Langer.

Dalla metà degli anni Ottanta, Langer è il principale promotore in Italia della nascita di movimenti eco-sociali sul modello dei Grünen tedeschi. Nel novembre 1986 è fondata la Federazione Nazionale delle Liste Verdi e l’anno dopo Langer è chiamato nel comitato dei garanti per la preparazione della lista per le elezioni politiche.

Nel 1988 si presenta alle elezioni regionali con la Grüne alternative Liste/Lista Verde Alternativa ottenendo più di ventimila voti. Con lui entra in consiglio Arnold Tribus. Nel giugno 1989 accetta la candidatura con la Lista verde alle elezioni per il Parlamento europeo nella circoscrizione Nord-Est. Viene eletto e in consiglio regionale gli subentra Alessandra Zendron.

Diventa il primo presidente del Gruppo Verde europeo. Si moltiplicano le sue iniziative a favore di progetti di solidarietà internazionale per il Terzo Mondo. Fa approvare dal Parlamento europeo una risoluzione sul commercio equo e solidale. Con Saverio Tutino fonda la Fiera delle utopie concrete, un convegno annuale sulle problematiche della conversione ecologica trasformatosi in seguito in un’agenzia ambientale (sostenuta dal Comune di Città di Castello, dalla Provincia di Perugia e della Regione umbra). Dal gennaio 1991 presiede la delegazione del Parlamento europeo per i rapporti con l’Albania, Bulgaria, Romania; compie diverse missioni ufficiali nei punti di maggiore crisi internazionale, da Tirana a Gerusalemme. Si ricandida coi Verdi/Grüne al Parlamento europeo nel giugno 1994 (circoscrizione Nord-Est) ottenendo quasi venticinquemila voti. Fonda a Bolzano l’associazione Pro Europa che reca il motto “anti-olimpico” da lui stesso elaborato lentius, profundius, suavius (più lentamente, più profondamente, più dolcemente).

Nell’ultimo periodo della sua vita si trova ad impegnarsi sempre più nella tragica crisi dell’ex Jugoslavia. Fa approvare dal Parlamento europeo una proposta a favore dell’istituzione di un Tribunale internazionale per i crimini contro l’umanità nei Paesi balcanici. È uno dei fondatori del Forum di Verona per la pace e la riconciliazione nell’ex-Jugoslavia e degli animatori dell’European Action Council for Peace in the Balkans. Le sue iniziative si intrecciano con una vasta rete di associazioni per i diritti umani e per la pace, di varia ispirazione, da Amnesty International ai Beati costruttori di pace, dalle Donne in nero al Movimento nonviolento, dall’Associazione per i popoli minacciati/Gesellschaft fur bedrohte Völker a Pax Christi. I suoi ultimi interventi denunciano l’inerzia delle organizzazioni internazionali nei confronti dell’escalation della violenza in Bosnia e la necessità di un intervento armato che liberi Sarajevo dall’assedio.

Nel giugno 1995 arriva l’esclusione dalle elezioni amministrative di Bolzano della lista di cui era candidato sindaco, in quanto non ha dato la propria dichiarazione di appartenenza al gruppo linguistico.

Il 3 luglio 1995 si toglie la vita a Pian dei Giullari, presso Firenze.

 

 

BIBLIOGRAFIA MINIMA

 

Da sempre impegnato in molteplici collaborazioni giornalistiche, relazioni in convegni, contributi in volumi collettivi, traduzioni etc., Alexander Langer non ha lasciato monografie o sistematiche raccolte di propri scritti. L’unica (ma ricchissima) silloge uscita in vita è:

Langer, Alexander, Vie di pace. Rapporto dall’Europa. Nuovi movimenti e vecchi conflitti: tra autodeterminazione e cooperazione, federalismo e nazionalismo, convivenza e razzismo/ Frieden schließen. Berichte aus Europa. Neue Bewegungen, alte Konflikte: über Selbstbestimmung, Zusammenarbeit, Föderalismus, Nationalismus, Zusammenleben und Rassismus, edizioni arcobaleno, Mezzocorona (TN) 1992.

 

Numerose sono state le opere di raccolta degli scritti di Langer dopo la sua morte. Tra esse:

Langer, Alexander, Il viaggiatore leggero. Scritti 1961-1995, a cura di Edi Rabini, Sellerio Editore, Palermo 1996.

Langer, Alexander, La scelta della convivenza, a cura di Goffredo Fofi, introduzione di Gianfranco Bettin, edizioni E/O, Roma 1995.

Langer, Alexander, Die Mehrheit der Minderheiten. Warum wird unsere Welt vom ethnischen Sauberkeitswahn und vom grundlosen Vertrauen in Mehrheiten beherrscht?, a cura di Peter Kammerer, Wagenbach, Berlin 1996.

Langer, Alexander, Aufsätze zu Südtirol/ Scritti sul Sudtirolo 1978-1995, a cura di Baur, Siegfried/Dello Sbarba, Riccardo, edizioni Alpha & Beta, Merano 1996.

Langer, Alexander, più lenti più dolci più profondi/ langsamer tiefer sanfter, Roma 1998 (supplemento a “Notizie Verdi”, nr. 17 del 31/10/1998).

Fondazione Langer Stiftung (a c. di), The Importance of Mediators, Bridge Builders, Wall Vaulters and Frontier Crossers, ed. Una Città, 2005.

Langer, Alexander, Fare Pace. Scritti su Azione Nonviolenta 1984-1995, a c. di Mao Valpiana, coedizione Cierre–Movimento Nonviolento, Verona 2005.

Langer, Alexander, Una vita più semplice. Biografia e parole di Alexander Langer, con contributi di Giulia Allegrini, Giuseppina Ciuffreda e Gianni Tamino, Altreconomia, 2005.

Langer, Alexander, Lettere dall’Italia, a cura di Clemente Manenti, Editoriale Diario/ Fondazione Alexander Langer, Milano 2005. Raccoglie le corrispondenze dall’Italia, dal 1984 al 1995, per il mensile di Francoforte “Kommune. Forum für Politik, Ökonomie und Kultur”.

 

Punto di riferimento della documentazione e della ricerca è la Fondazione Alexander Langer Stiftung, nata a Bolzano nel 1999 (www.alexanderlanger.org).

 

Tra le biografie dell’uomo, del politico e dell’intellettuale:

Dall’Olio, Roberto, Entro il limite. La resistenza mite in Alex Langer, Ed. La Meridiana, Molfetta 2000.

Kronbichler, Florian, Was gut war. Ein Alexander-Langer-Abc, Edition Raetia, Bozen 2005.

Levi, Fabio, In viaggio con Alex. La vita, gli incontri e le imprese di Alexander Langer 1946-1995, Feltrinelli Editore, Milano 2007.

 

Una vasta raccolta di testimonianze è in:

Boato, Marco (a c. di), Le parole del commiato. Alexander Langer dieci anni dopo. Poesie, articoli, testimonianze, Edizioni Verdi del Trentino, Trento 2005.

La rivista fiorentina “Testimonianze”, fondata da Ernesto Balducci, ha pubblicato gli atti di “Euromediterranea 2005” in un numero speciale dedicato ad Alexander Langer: Alexander Langer traghettatore di speranza, a cura di Christine Stufferin e Edi Rabini (“Testimonianze” n. 442).

 

Tra le rappresentazioni teatrali/musicali:

Alex Brücke Langer, ritratto musicale di Giovanni Verrando su libretto di Vito Calabretta con la regia di Yoshi Oida, messo in scena dalla Fondazione “Nuovo Teatro comunale” di Bolzano nell’aprile 2003.

Alexander Langer, profeta tra gli stupidi, 2008, drammaturgia di Andrea Brunello e Mirko Artuso, regia di Mirko Artuso, Compagnia/produzione Teatro di Bambs di Trento.

Tra i documentari:

Alexander Langer: 1947-1995: “… macht weiter was gut war”, regia di Christoph Franceschini e Helmuth Lechthaler, RAI-Sender Bozen, 1997.

Alexander Langer. Impronte di un viaggiatore, di Francesca Nesler e Nicoletta Arena, ed. Rai 2000.

Uno di noi: un film su Alexander Langer e la resistenza, di Dietmar Höss, Blue Star Film, 2007.

 

 

NOTE

 

1 Südtiroler Hochschülerschaft (ed.), Kunst und Kultur. Sondernummer zur XIII. Studientagung der SH (“Skolast” 1969).

2 Langer, Alexander, Funerale laico con Te Deum, in “Lotta Continua”, agosto 1980.

3 Langer, Alexander, Mit einer Schleuder gegen Goliath antreten?, in “Südtiroler Volkszeitung”, 8 sett. 1978.

4 Südtiroler Hochschülerschaft/ Südtiroler Kulturzentrum (ed.), Occupato „ex Monopolio“ in Via Dante-Str. 6 Besetzt, Verona 1980.

5 Manipuliertes Theaterstück in Bozen, “Dolomiten” 26.01.1980. Sulle polemiche suscitate dalla rappresentazione cfr. la rassegna stampa in: www.Meran70.it

6 Iblacker, Reinhold, Keinen Eid auf diesen Führer, Innsbruck 1979. Ed. italiana: Non giuro a questo Führer, Bolzano 1990. Al valore della testimonianza di Mayr-Nusser il diciottenne Langer aveva dedicato un’attenta riflessione già in “Offenes Wort” (gen. 1965).

7 Südtirol 1939-1945: Option, Umsiedlung, Widerstand (“Föhn”, Heft 6/7, 1980).

8 Cfr. a riguardo: Langer, Alex, Reinhold Messner:Heimat e tradimento, in “Tandem”, 22 feb. 1982.

9 È utile ricordare che solo con la riforma del 2001 il termine “Südtirol” è entrato nel testo costituzionale nell’indicazione bilingue della provincia (“Alto Adige- Südtirol”), su proposta del deputato verde Marco Boato.

10 Così anche il titolo di un libro di grande discussione sullo scorcio degli anni Settanta: Pristinger, Flavia, La minoranza dominante nel Sudtirolo, Patron Editore, Bologna-Padova 1978.

11 Langer, Alex, I Verdi Alternativi per l’Altro Sudtirolo, in: Peruz, Francesca (a c. di), La storia dei partiti politici in Alto Adige Südtirol, Cesfor, Bolzano 1990.

12 Milani, Lorenzo, Die Schülerschule. Brief an eine Lehrerin, prefazione di Peter Bichsel, Verlag Wagenbach, Berlin 1970.