Giuseppe La Greca

Voci dal confino. Antifascisti a Lipari. Anno 1926: L’arrivo

Collana “Quaderni del confino” I - Edizioni Centro Studi Eolie

Roma 2014 – www.centrostudieolie.it

 Centro Studi Lipari 2014

 

 

 SALUTO

di Nino Paino, presidente del Centro Studi

 

Tutto ebbe inizio nella bella casa del Notaio Pino Paino a Castellaro. Era suo ospite il più giovane confinato politico a Lipari Giovanni Ferro, autore del libro "Noviziato tra le Isole". Accompagnavo e aiutavo mio padre, muratore di fiducia del Notaio, per alcuni lavori da fare in estate.

I racconti di Ferro sul confino mi appassionavano e da lì nasce l'idea di fondare il centro studi e di riportare alla luce la storia di quegli anni fino ad allora poco conosciuta.

Mi recai a Firenze su indicazioni del Ferro per conoscere Jaures Busoni e lo andai a trovare a casa sua in Via Duprè. Aveva sposato una donna di Lipari e era entusiasta di organizzare dei convegni a Lipari sul confino. Ne furono fatti due di grande rilevanza, nel 1983 e 1985.

Vi partecipò anche Giuliano Vassalli (nipote del confinato Angeloni), futuro presidente del centro studi. Successivamente tante sono state le iniziative fatte, tante tesi di laurea e alcune pubblicazioni.

Oggi con il primo volume dei quaderni del confino a cura di Pino La Greca vogliamo portare a termine il lavoro intrapreso in quegli anni e speriamo con un piano editoriale che prevede la pubblicazione di sei quaderni dare a Lipari uno spaccato, il più possibile completo, della storia di quegli anni che videro Lipari protagonista anche di battaglie di libertà.

Un grazie a Pino da tutto il centro studi per la passione e l'impegno che sta profondendo nel riproporre il nostro passato.

 

 

 

PREMESSA

di Giuseppe La Greca

 

Nel condurre le ricerche sul periodo legato al confino fascista, mi sono imbattuto in un titolo di prima pagina del giornale “La Libertà”, edito dalla concentrazione degli antifascisti di Parigi, dell’11 agosto 1929. Si legge “L’isola maledetta sconvolta da un’audacia antifascista”; nel medesimo periodo viene stampato a Parigi un volume dal titolo “Almanacco dell’Esule”, dove alcune pagine sono dedicate alle “isole maledette”. In una traduzione in svedese del volume di Francesco Fausto Nitti Lipari viene definita “fascisternas Djavulso”, “L’isola del diavolo” dei fascisti” (1), mentre il giornale berlinese “Vossische Zeitung”, parla di Lipari come della “Siberia di Mussolini nel Mediterraneo”.

L’isola maledetta, l’isola del Diavolo, la Siberia di Mussolini, nell’immaginario degli stranieri e degli antifascisti era Lipari. La definizione è, per noi eoliani, orribile; “Maledetta”, “diabolica”, non era Lipari, ma coloro i quali l’avevano trasformata in un luogo di deportazione per secoli. Il nostro desiderio, oggi, è quello di ridare “voce” ai confinati, a “quelli che c’erano”, ai protagonisti e ai testimoni diretti della vicenda, per conoscere dalla loro voce Lipari e gli eoliani.

***

Il 1926 era stato annunciato da Mussolini come “l’anno napoleonico della rivoluzione fascista”. Liquidate ormai le opposizioni, si doveva iniziare a mettere mano ai codici, alle leggi fondamentali dello Stato, in specie a quelle di polizia. Con l’approvazione della Legge 25 novembre 1926 n. 2008 “provvedimenti per la difesa dello Stato” si compie un altro passo decisivo verso il consolidamento del regime con l’istituzione, fra l’altro, di un Tribunale Speciale. Essa segue di poco gli attentati Lucetti e Zamboni, anarchico il primo, a matrice incerta il secondo.

Altro strumento di repressione, ma di tipo amministrativo, è il confino di polizia per gli oppositori politici. L’emanazione di queste norme era stata preceduta, pochi mesi prima, dalla nomina a Capo della Pubblica Sicurezza del Prefetto Arturo Bocchini che grande parte avrà nella riorganizzazione dell’apparato repressivo del Regime.

Il confino, pur conservando certe regole del vecchio sistema, venne esteso ben oltre una generica area di emarginazione sociale, diventando uno strumento cardine del controllo poliziesco del Fascismo. In realtà, fin dal primo momento, il confino politico si presentò come parte organica della macchina repressiva finalizzata alla difesa non dello Stato, ma della dittatura mussoliniana.

Sin dal novembre 1926 i confinati politici più “pericolosi” vengono inviati nelle colonie di confino delle isole di Lampedusa, Favignana, Ustica, Lipari, Ponza, Tremiti e Ventotene.

A partire dal 1930, in seguito all’evasione di Rosselli, Lussu e Nitti da Lipari, nelle colonie di Ponza, Ventotene e delle Tremiti vennero destinati la maggior parte degli antifascisti recidivi da sottoporre a speciale sorveglianza.

Carlo Spartaco Capogreco scrive che “nell’arco dei diciassette anni in cui il confino rimase operante, circa 17.000 oppositori politici del regime fascista sono deportati”.

Era un’impresa facile essere mandati al confino. Non importavano proclami in piazza o una forte attività antifascista, a volte era sufficiente il rifiuto del saluto romano, un “Muoia Mussolini!” sibilato a denti stretti, magari dopo aver udito l’ultimo bollettino di morti della guerra coloniale, bastava questo. C’era sempre, da qualche parte, un solerte cittadino che all’udire quelle parole, sia per cieca fede nel regime che per paura, si dirigeva al più vicino posto di polizia e faceva la sua denuncia. Un accanimento spietato e ossessivo fu quello teso a colpire chiunque, in un modo o nell’altro, festeggiasse il Primo Maggio. Attivisti, fascisti, militi e poliziotti in occasione di quella che un tempo era stata la festa dei lavoratori, si mobilitavano con un impegno del tutto speciale per spiare se il tale quel giorno indossava il vestito buono oppure banchettava con gli amici o magari esibiva qualche indumento di colore rosso. Tanto bastava per venire arrestati e spediti al confino. Ottimi motivi per essere strappati alle proprie famiglie e relegati nelle isole potevano essere rinvenuti nelle pagine dei diari e nelle lettere spedita a qualche familiare. La formidabile rete spionistica che avvolgeva e penetrava l’intera società non limitava le sue attenzione ai comportamenti politici dei cittadini e neanche soltanto alle pubbliche dichiarazioni. Non si tolleravano critiche al fascismo perfino quando queste erano rinchiuse nei cassetti delle scrivanie o affidate a lettere private. Non vi era un processo, ma solo una misera “autodifesa” scritta, che richiedeva una competenza giuridica. Documento molto spesso inutile, dato che la condanna poteva essere formulata anche prima dell’arresto.

Sin dall’insediamento delle colonie il regime cominciò a far circolare l’idea del confino-villeggiatura sia pure attraverso canali riservati, perché durante tutto il ventennio furono rarissime le comunicazioni ufficiali sul confino e ancora più rare le notizie apparse sulla stampa italiana. Nei colloqui coi giornalisti stranieri, con diplomatici di altri Paesi, con imprenditori e intellettuali, un esercito di funzionari di Stato e di partito lasciarono intendere che si doveva alla magnanimità del duce se tanti oppositori non venivano sterminati ma soltanto mandati a soggiornare in isole dall’invidiabile e indiscussa bellezza.

 

Sull’equazione confino-villeggiatura Mussolini e Bocchini profusero veline e fondi neri a favore di giornalisti compiacenti in patria e all’estero. La leggenda della bonarietà mussoliniana fu creata dallo stesso Mussolini, sempre attento a utilizzarla come copertura degli aspetti più violenti della sua dittatura. Esemplare, sotto questo profilo, fu il discorso tenuto dal duce il 25 maggio 1927 a quella che ormai, dopo la defenestrazione di tutti i parlamentari antifascisti, era la camera dei soli deputati fascisti: il discorso “dell’Ascensione” fu largamente dedicato alle leggi eccezionali del 1926 e alle loro conseguenze. In quell’occasione Mussolini spiegò i motivi e le finalità del confino politico. Nella sua visione gli antifascisti erano pusillanimi e incapaci, la loro opposizione “più bagolinistica che altro”. Non bisognava perciò massacrarli ma isolarli dal consorzio sociale come persone “infette”. Disse proprio così Mussolini, definendo l’ondata di arresti del 1926 e dei mesi successivi; si era trattato di un’operazione di “igiene sociale, profilassi nazionale. Si levano questi individui dalla circolazione, come un medico toglie dalla circolazione un infetto”. Sul confino politico Mussolini cominciò poi a giocare sui numeri, tacendo sul fatto che si trattava soltanto dell’inizio di una pratica destinata ad allargarsi; per minimizzare il carattere afflittivo del confino, ricordò che ai confinati venivano consegnate dieci lire al giorno e lasciò balenare la possibilità di “condoni individuali”, soprattutto quando fossero raccomandati da fascisti. A completare il quadro volle leggere nell’aula di Montecitorio alcune frasi tratte da lettere di confinati che chiedevano di poter tornare alle loro famiglie e che, in qualche caso, mostravano segni di cedimento politico. In altri termini, se non proprio una villeggiatura, il confino politico, nel discorso dell’Ascensione, fu presentato come un ricovero forzato di malati con qualche disturbo psichico, a fin di bene, nel loro stesso interesse. Ci si guardava bene, infine, dal consentire a osservatori indipendenti di visitare le isole del confino, interrogare i confinati senza testimoni, ispezionare dormitori e infermerie.  Per gli stessi giornalisti italiani, anche per i più convinti fascisti, le isole del confino restarono isole proibite. Con la travagliata eccezione fatta nel 1929 a favore di Mino Maccari, allora vicedirettore della “Stampa” diretta da Curzio Malaparte, che analizzeremo nel dettaglio.

 

Nota

1) La stessa definizione la troviamo nell’edizione in inglese: Escape the personal narrative of a political prisoner who was rescued from Lipari, the fascist "Devil’s Island" by Francesco Fausto Nitti.

 

 

Giuseppe La Greca presenta il libro a Stromboli presso “La Libreria dell’isola” (agosto 2014)

 www.carloromeo.it

 

ANTIFASCISTI A LIPARI

VOCI DAL CONFINO

  

COLLANA

“I QUADERNI DEL CONFINO”

Edizioni del Centro Studi Eoliano

 

 

PIANO DELL’OPERA

 

I quaderno - Anno 1926

Il primo volume racconta dell’avvio della colonia per confinati antifascisti di Lipari e della reazione della popolazione alla notizia del ripristino delle Eolie quale sede di confino.

Viene descritto l’arrivo dei confinati e le prassi relative, la ricerca delle case, del lavoro e l’arrivo, in alcuni casi, anche delle famiglie di alcuni dei confinati. I problemi relativi alla ricerca del lavoro, la fondazione della biblioteca, della scuola e della palestra da parte di alcuni confinati rivolte ai confinati stessi ed ai loro figli, frequentate anche da cittadini di Lipari. La formazione delle mense comuni. Il volume si conclude parlando della stretta censura a cui erano sottoposte tutte le corrispondenze in entrata ed in uscita da Lipari e della prassi “suggerita” ai confinati di presentare “la domandina” al duce per ottenere la grazia.

Il volume ha in appendice una racconta di immagini sui luoghi del confino realizzate da Maria Vittoria Backhaus Mussolini, tutte rigorosamente in bianco e nero.

La prefazione è stata scritta da Bernardo Valli.

 

II quaderno

Il secondo volume programmato per il 2015, tratta dell’anno “1927” e racconta attraverso la testimonianza dei confinati il primo anno di vita all’interno della colonia confinaria di Lipari.

L’anno 1927 vede l’arrivo di personaggi di primo piano dell’antifascismo italiano, dal tirolese Josef Noldin, al gran maestro della Massoneria, Domizio Torrigiani, ad Emilio Lussu; un ampio capitolo è dedicato dalla vita quotidiana vista dal giornalista, “l’antifascista riluttante”. Il volume si conclude descrivendo il primo, forte giro di vite all’interno della colonia con l’arrivo della Milizia e l’assassinio di Isso del Moro e la grande retata del dicembre 1927 ai danni dei confinati comunisti.

 

III quaderno

Il terzo volume, programmato per il 2016, tratta dell’anno “1928”, e dei primi tentativi di evasione, quali quella di Domaschi, Magri, Canepa, Michelangeloni e quella di Antonio Spangaro.

Un  capitolo di approfondimento viene dedicato agli anarchici confinati a Lipari.

 

IV quaderno

Il quarto volume, programmato per il 2017, tratta dell’anno “1929” quello della grande fuga; raccontando prima l’arrivo a Lipari di Carlo Rosselli, e dell’organizzazione della fuga di Nitti, Lussu e Rosselli e del successivo “giro di vite” operato all’interno della colonia confinaria.

Un capitolo è dedicato al reportage fatto da Mino Maccari per conto della Stampa di Torino ed un approfondimento sui gruppi dei comunisti inviati al confino.

 

V quaderno

Il quinto volume, programmato per il 2018, tratta degli anni dal “1930 – 1931” e delle condizioni di vita venutesi a creare all’interno della colonia confinaria di Lipari a seguito della grande evasione del 1929. Un capitolo di approfondimento è dedicato ad una indagine condotta a Lipari dalla Croce Rossa Italiana.

 

VI quaderno

 

Il sesto, ed ultimo volume, programmato per il 2019, dal titolo “Anno 1932 – verso la chiusura” racconta i rapporti tra i confinati e la comunità eoliana; capitoli di approfondimento sono dedicati alle confinate, ai gruppi repubblicani, socialisti, sugli isolati e sui fascisti dissidenti.