Autore – Carlo Romeo

Rif. bibl. – Romeo, Carlo, Storia contemporanea in provincia, in: «Il Cristallo. Rassegna di varia umanità», Centro di Cultura dell’Alto Adige, XLVI/2 (sett. 2004), pp. 59-65.

 

 

 

 

 

 

 

Storia contemporanea in provincia

 

di Carlo Romeo

 

 

 

Premessa

Accogliendo l’invito del direttore Claudio Nolet, avvio questa rubrica di segnalazioni di pubblicazioni, ricerche, iniziative riguardanti la storia contemporanea in provincia di Bolzano. L'obiettivo è in primo luogo quello di contribuire a valorizzare attività e produzioni che, soprattutto negli ultimi anni, stanno acquistando sempre più continuità e qualità. Cercando di comporne i "segnali" in quadri periodici, si potranno forse intravedere linee di ricerca, tendenze, dibattiti che lo sguardo quotidiano della cronaca non consente di individuare agevolmente. Il limite di questa breve rassegna consisterà invece nella consapevole rinuncia all’esaustività, non solo per la difficoltà materiale di registrare automaticamente tutte le iniziative, ma anche per l'inevitabile soggettività degli interessi che guidano qualunque selezione. Spero comunque che questa rubrica riesca a dar conto della vivacità dell'attività di ricerca in provincia, la quale (è bene ricordarlo) si svolge in assenza di centri istituzionali specificamente a ciò deputati.
Per quanto riguarda questo primo appuntamento, il termine a quo del periodo preso in esame risale in qualche caso allo scorso anno (2003). Per contestualizzare meglio alcune iniziative ho aggiunto anche qualche breve nota sulle associazioni o gli enti che le hanno promosse.

 

 

 
Turismo, territorio e società

Assai vivace si presenta l'attuale panorama dei musei provinciali, la cui direzione sta attraversando una fase di ridefinizione attraverso la creazione di un ruolo di coordinamento, affidato all'ex assessore alla cultura in lingua tedesca, Bruno Hosp. Tra le molte recenti novità interessa qui segnalare le inaugurazioni del TOURISEUM (Museo del Turismo) e della sezione di storia contemporanea del percorso del MUSEO STORICO-CULTURALE DI CASTEL TIROLO, avvenute entrambe nel 2003.
Il primo ha sede in Castel Trauttmansdorff, la residenza che nell'Ottocento ospitò vari soggiorni dell'imperatrice Elisabetta (la famosa "Sissi"), moglie di Francesco Giuseppe d'Asburgo. Non si poteva scegliere luogo più fascinoso per un museo che intende rappresentare la nascita e lo sviluppo del turismo locale, che mosse proprio nel Burgraviato i suoi primi passi. Il concetto e l'allestimento sono innovativi e stimolanti, e consentono al visitatore un gradevole approccio (anche grazie alla multimedialità) alla storia del turismo. Quest'ultimo viene inteso come fenomeno sociale attraverso cui leggere non solo le congiunture economiche e le vicende politiche di un territorio, ma anche le trasformazioni della mentalità e del costume. Il relativo catalogo (Josef ROHRER, Camere libere: il libro del Touriseum, Bolzano 2003) segnala così le tappe di un lungo "viaggio" attraverso epoche diverse, dalla Merano Kurort internazionale della Belle époque fino al turismo di massa esploso col boom economico (soprattutto germanico) negli anni Sessanta, senza tralasciare le problematiche attuali. Il "Leitmotiv" del Touriseum si può dunque rinvenire nello sforzo di rappresentare i cambiamenti intervenuti nell'identità sudtirolese attraverso le innovazioni portate dal turismo, senza peraltro nasconderne i lati problematici e critici. Se al fondo dei tradizionali Heimatmuseum vi era un concetto di identità fissa e immutabile, il Touriseum accetta la sfida di rappresentarne la relatività, la fluidità, la metamorfosi.
A margine, dispiace notare che nel nuovo comitato scientifico del Museo del turismo (estate 2004) non sia stato riconfermato lo storico Hans Heiss. Questi, oltre ad essere stato uno dei più preziosi consulenti per il concetto e la realizzazione del museo stesso, è attualmente uno dei ricercatori più competenti in ambito europeo nella storia del turismo. Il motivo di tale esclusione va senza dubbio ricercato nella sua recente elezione nel consiglio provinciale (nella lista dei Verdi).

 

 

 
Il Novecento a Castel Tirolo

Un poco della verve dialettica e critica che anima il Touriseum percorre anche la sezione di storia contemporanea del Museo storico-culturale di Castel Tirolo, ospitata nella torre settentrionale. Questa costituisce l'ultima tappa della visita al castello-museo, il cui percorso è stato suggestivamente rinnovato. Il percorso della visita unisce eccezionali reperti di archeologia paleocristiana (le fondamenta della chiesetta antistante il castello), di arte medievale (gli splendidi portali del Palazzo meridionale) oltre alla storia architettonica e politica dello Stammschloss dei conti di Tirolo, che ha dato il nome a tutta la regione. Ad ogni visitatore, assieme al biglietto d'entrata, viene consegnato l'elegante tascabile Tra Sud e Nord: lineamenti di storia del Tirolo, curato dal medievista Josef RIEDMANN. Si tratta di una cronologia sinottica che incastona la storia del territorio della provincia tra quella delle vicende a sud e a nord, dalla preistoria ai nostri giorni. Considerando che Castel Tirolo perde storicamente la sua centralità a favore di Innsbruck già all'inizio del XV secolo (ai tempi di "Federico il Tascavuota"), risalta con ancor più evidenza la volontà politica di attribuire a questo museo un ruolo simbolico e rappresentativo della storia di tutto il Land Tirol. Castel Tirolo è inoltre l'unico museo provinciale che resta indipendente dal coordinamento di cui sopra e il suo consiglio d'amministrazione è presieduto dallo stesso presidente della Giunta.
L'intero Novecento, come si è detto, è stato collocato nella torre, restaurata, con grande uso di materiali audiovisivi e con vivacità di impostazione. Salendo i piani sino allo splendido panorama finale, si ripercorrono le tappe principali del secolo: dall'annessione al ventennio fascista, dall'oppressione snazionalizzatrice alla penetrazione del nazionalsocialismo, dalle "opzioni" alla guerra e all'Alpenvorland, dalla lotta per l'autonomia provinciale fino al "pacchetto", all'unificazione europea e alla caduta delle frontiere. L'accento posto a prospettive come la mobilità e la dialettica fra le generazioni (si veda la rappresentazione delle nuove culture giovanili negli anni del boom) riesce a compensare l'inevitabile impressione "teleologica" dell'ascesa e a vivacizzare il percorso cronologico. Tuttavia la concentrazione di una tale massa di materiali in spazi così ristretti non aiuta la visita, o meglio la percezione dei "concetti" sottesi, che risultano talvolta più accennati che rappresentati.

 

 

 
Fascismo in provincia

Certo non è mai stato facile affrontare storicamente i vari aspetti del ventennio fascista in Alto Adige. Le ricorrenti polemiche, spesso di natura politica, non aiutano un approccio scientifico. Neppure aiuta il localismo di certe tradizionali impostazioni che riducono la discussione del fenomeno alla dimensione locale (e sostanzialmente a quella etnica) mettendo in subordine le linee interpretative generali.
Il ciclo di otto conferenze «Tra Roma e Bolzano: Nazione e provincia nel ventennio fascista» (aprile-novembre 2004), organizzato dal Comune di Bolzano (Archivio Storico) e dal Gruppo di ricerca per la storia regionale si è proposto di affiancare la prospettiva nazionale a quella locale, abbinandole in uno stesso incontro tematico: politica, economia, amministrazione pubblica, mobilità, cultura, urbanistica, razzismo, politica femminile. Relatori di grande rilievo nazionale (tra cui Nicola Tranfaglia, Gianni Toniolo, Mariuccia Salvati, Anna Treves, Angelo d'Orsi, Enzo Collotti) hanno avuto il compito di illustrare gli scenari generali della politica fascista entro cui si collocano (tra consonanze, dialettiche e scarti) i particolari sviluppi locali. L'obiettivo primario dell'italianizzazione della provincia appena conquistata dovette, infatti, inevitabilmente fare i conti, lungo tutto il Ventennio, con direttive, congiunture, esigenze che trascendevano la dimensione locale.
Sempre sul fascismo in provincia va sottolineata l'uscita del volume di Andrea DI MICHELE, L'italianizzazione imperfetta (Ed. dell'Orso, Alessandria 2003, con prefazione di Nicola Tranfaglia). Sulla scorta di un'amplissima documentazione il libro affronta sistematicamente il tema dell'amministrazione pubblica locale nel Ventennio, senza ovviamente tralasciare l'approfondimento sul periodo "liberale" (1919-1922). Di Michele mette in luce soprattutto i motivi del fallimento fascista nella creazione di un ceto dirigenziale ed amministrativo efficiente e funzionale al progetto di italianizzazione.

 

 
La "storia regionale"

Il Gruppo di Ricerca per la Storia Regionale/Arbeitsgruppe Regionalgeschichte edita dal 1992 la rivista bilingue «STORIA E REGIONE/GESCHICHTE UND REGION», in collaborazione con l'Archivio Provinciale. L'idea originaria della rivista era quella di creare un forum bilingue in cui trovassero espressione le nuove tendenze storiografiche dell'area alpina centrale. La "storia regionale" promossa dalla rivista si contrappone alla tradizionale "Landesgeschichte", incentrata sostanzialmente su fattori etnici o nazionali. Usando programmaticamente l'approccio comparativo, la "storia regionale" mira invece a combinare lo studio analitico delle fonti di un determinato territorio con i più aggiornati strumenti metodologici offerti dalle discipline storico-sociali. La rivista, di cadenza semestrale e che si avvale di 25 corrispondenti da Italia, Austria, Svizzera, Germania e Inghilterra, contiene una parte monografica, una di contributi diversi, un forum e una rubrica di recensioni. L'ultimo numero del 2003 (n. 12), curato da Siglinde CLEMENTI e Cecilia NUBOLA, affrontava il tema della Devozione femminile, con grande attenzione alla "terra santa" del Tirolo (vedasi il saggio d'apertura di Nicole Priesching sulla figura della "vergine stigmatizzata" di Caldaro Marie von Mörl e quello di Severino Vareschi su Domenica Lazzeri di Capriana).
Il primo numero della rivista nel 2004 (La memoria dei fascismi, n. 13), curato da Andrea DI MICHELE e Gerald STEINACHER, pubblica invece i risultati di un omonimo convegno svoltosi a Bolzano lo scorso anno, che ha trattato i processi di rimozione della memoria dei totalitarismi (nazionalsocialismo e fascismo) nel dopoguerra, sia in Austria che in Italia.

 

 
Italiani a Merano

Continua l'ampio progetto editoriale promosso dal Comune di Merano mirato all'approfondimento della presenza italiana nella città passirese ed affidato al giornalista e ricercatore Paolo Valente, già autore di diversi studi sull'argomento. Tra questi, per l'affinità della tematica, vanno ricordati almeno Con i piedi nell'acqua (con Claudio ANSALONI, 1991) e Pietra su pietra: Santo Spirito a Merano 1271-1951 (con Carlo MÖSENEDER, 1996). La ricerca e la riflessione di Valente partono da una profonda e sentita esigenza di indagare, al di là del "mito", la realtà di un centro multiculturale quale Merano.
Lo scorso anno (2003) era uscito il primo tomo dell'opera, Il muro e il ponte (Trento 2003). Partendo dal Medioevo esso giungeva, con rapida corsa, sino alla fine della belle époque, cioè alla vigilia della guerra (1914), approfondendo in particolare il "periodo d'oro" del Kurort internazionale. E' infatti alle soglie del Novecento che la presenza italiana comincia a rendersi timidamente "visibile" nell'associazionismo, nella politica e nella vita religiosa. Degli italiani a Merano, avverte l'autore, non è facile scrivere la storia. Innanzi tutto perché le percezioni costruite nell'epoca dei nazionalismi hanno spesso annacquato la consapevolezza di un Tirolo effettivamente plurilingue. In secondo luogo, in una prospettiva sociale, perché tale presenza ha avuto un profilo scarsamente "compatto" e riconoscibile. In altre parole, la sua tendenza all'"invisibilità" è dovuta anche al silenzio che incombe tradizionalmente sulla storia dei ceti subalterni.
Quest'anno è apparso il secondo volume, Nero e altri colori (Trento 2004) che continua il percorso fino al 1938. E' l'anno del "picco" demografico della cittadina, che di lì a poco farà registrare un netto calo di residenti, sia per l'esodo degli ebrei (leggi razziali) che per le conseguenze delle opzioni. Il terzo volume previsto riguarderà il periodo 1939-1951. Già nella scelta delle cesure si segnala una prospettiva rivolta soprattutto alle dinamiche demografiche e alla storia della popolazione, più che alla dimensione istituzionale-politica. Oltre ad un'ampia contestualizzazione che arricchisce la spiegazione dei fenomeni locali, sono indicate con chiarezza le peculiarità del "caso Merano", così diverso sia dalla "Grande Bolzano" (come fu talvolta chiamato il capoluogo nel Ventennio) sia dai centri minori di vallata di tipo rurale, in cui l'insediamento italiano fu di semplice "facciata".

 

 
Bolzano in guerra

Attiva da numerosi anni nel campo nella ricerca storica (ma non solo) è l'associazione «La Fabbrica del Tempo», che «riconosce come proprio obiettivo prioritario lo studio, la divulgazione della storia e della cultura della Minoranza di lingua italiana dell’Alto Adige, l’accrescimento delle sue potenzialità di sviluppo e di radicamento nel segno di una fattiva, completa collaborazione con tutti i gruppi linguistici e culturali che qui vivono» (dallo statuto dell'associazione). Si è dedicata soprattutto alla ricostruzione dell'insediamento della grande industria in Alto Adige (cfr. i volumi collettanei C'era una volta un villaggio, 1999, sul «villaggio Lancia»; Uomini e macchine, sugli stabilimenti Lancia e Viberti, 2001), all'allestimento di mostre e all'organizzazione di convegni. Particolare attenzione viene rivolta dall'associazione al tema della salvaguardia dei luoghi della memoria del gruppo italiano, quale integrazione della storia di una terra da sempre plurilingue. Suo è stato, ad esempio, l'appello e il progetto di un "Museo delle semirurali" che raccogliesse le testimonianze del lavoro operaio a Bolzano.
Sullo scorcio dello scorso anno (2003) l'associazione ha presentato l'opera Non abbiamo più caffè. Bolzano 1940-43: una città in guerra. La grande ricerca documentaria, condotta da un "team" guidato da Tiziano ROSANI e Fabrizio MIORI, ha trovato sbocco in due grossi volumi, che raccolgono saggi di vario genere e approccio. Dominante è la storia militare (si vedano i saggi sulla guerra aerea e sull'"otto settembre", rispettivamente di Fabrizio Miori e Mario Rizza), affiancata da ricostruzioni della vita quotidiana, dello "spirito pubblico" (con lo spoglio di numerose lettere "censurate"), dei processi giudiziari dell'epoca, etc. I volumi suscitano l'immediato interesse degli specialisti grazie ai numerosi materiali raccolti (a margine, dispiace la mancanza di un indice dei nomi, che ne avrebbe reso più agile la consultazione). Solo parzialmente raggiunti mi paiono invece gli obiettivi dell'elaborazione critica dei materiali e, quasi di conseguenza, della divulgazione; in molte di queste pagine l'amore per il dettaglio, la successione "evenemenziale" e l'assenza di approcci comparativi, rendono faticosa la lettura e vanno a scapito dell'organicità.

 


"Fare storia" a scuola

L'importante questione dell'insegnamento della storia in una "provincia difficile" come la nostra ha indotto la Sovrintendenza scolastica di Bolzano ad istituire dal 2001 un «Centro servizi per la didattica della storia» (precedentemente collocato presso l'Istituto pedagogico in lingua italiana), che offre alle scuole consulenze, percorsi, laboratori nelle classi, stage di aggiornamento. Il «Lab*doc storia/Geschichte», coordinato da Milena COSSETTO, cura dal gennaio 2003 la pubblicazione della rivista quadrimestrale «Storia e», cui sono allegati periodici «Dossier». Tra gli obiettivi dichiarati vi è quello di offrire a docenti e studenti materiali, in primo luogo documenti, che consentano un nuovo modo di "fare storia" a scuola, operativo e interattivo, nel solco di tendenze didattiche e pedagogiche consolidatesi in Italia dagli anni Ottanta. La finalità è dunque sostanzialmente quella di trasferire la centralità dall'acquisizione di conoscenze già strutturate (ad esempio quelle contenute in un tradizionale "manuale") allo sviluppo di quelle capacità di analisi e interpretazione che sono tipiche della disciplina storica. Com'è noto, in campo nazionale è oggi particolarmente acceso il dibattito sulle metodologie didattiche della storia e certamente la confusione è stata accresciuta dalla «riscrittura ossessiva» (G. Bosco), avvenuta sotto gli ultimi governi, di curricoli, indicazioni, linee guida che presentano filosofie pedagogico-politiche talora divergenti. «Sembra che ogni volta il curricolo di storia debba essere ristrutturato ex novo, senza preoccuparsi molto di quanto c'era prima, come se questo fosse un gioco con molti inizi e nessuna vera conclusione formativa. Così facendo, però, l'insegnamento scolastico della storia (…) subisce frastornato i continui contraccolpi di una perniciosa sindrome dell'anno zero» (Giuseppe Bosco, in Bosco/Mantovani (a cura di), La storia contemporanea tra scuola e università: manuali, programmi, docenti, 2004, p.229).
Tornando alla rivista edita dalla Sovrintendenza, mirati alla storia contemporanea sono stati i seguenti «Dossier», che abbinano contributi saggistici a percorsi documentari guidati: «La giornata della memoria: Shoah» (a.I, n.1) e «1900-1950: vita quotidiana e storia in Alto Adige Südtirol» (a.I, n.3).

 

 
A sessant'anni dall'Alpenvorland

Il sessantesimo dell'occupazione nazista (1943) è stato da stimolo per non poche iniziative editoriali, tra cui spicca quella curata da Gerald STEINACHER, Südtirol im Dritten Reich/L'Alto Adige nel Terzo Reich 1943-1945 (pubblicazioni dell'Archivio Provinciale, vol. 18, Innsbruck 2003). Il volume collettaneo (ben 20 autori) offre in sintesi il quadro completo delle ultime ricerche, mirate ai più vari aspetti: dalla politica del Gauleiter Hofer nella Zona di Operazioni Prealpi alla storia militare, dai fenomeni resistenziali alle persecuzioni, dalla scuola alla Chiesa, sena trascurare sguardi di comparazione col Trentino e col Bellunese. Il curatore, Gerald Steinacher, è un giovane, attivissimo ricercatore che si è fatto conoscere per i suoi studi sui servizi segreti in Alto Adige, concretizzatisi in Südtirol und die Geheimdieste 1943-45 (Innsbruck 2000), cui ha fatto seguito il volume collettaneo Im Schatten der Geheimdienste (Innsbruck 2003). Quest'ultima opera amplia lo sguardo sul ruolo dello spionaggio e delle "guerre segrete" combattute in provincia dalla fine della Grande guerra alle ultime fasi del terrorismo (anni Ottanta). A questo volume, accanto agli storici (Mimmo FRANZINELLI, Leopold STEURER), hanno collaborato giornalisti esperti del fenomeno terroristico sudtirolese (Christoph FRANCESCHINI, Hans Karl PETERLINI).
Tornando all'occupazione nazista, di grande interesse è stata la presentazione del libro di Margareth LUN, NS-Herrschaft in Südtirol: Die Operationszone Alpenvorland 1943-1945 (Studien Verlag, Innsbruck 2004). Il ponderoso volume (più di 600 pagine) è il risultato di una più che decennale ricerca, partita dalla tesi di laurea dell'autrice discussa nel 1993. Si tratta del più completo quadro d'insieme sull'argomento, particolarmente esaustivo riguardo all'economia, all'amministrazione e alla storia militare, con notevole ed inedita documentazione.
Tra le numerose iniziative promosse dal Museo Storico in Trento, occorre segnalare almeno due recenti, importanti pubblicazioni. La prima è Ribelli di confine, curato da Giuseppe FERRANDI e Walter GIULIANO (in: «archivio trentino», 2003, n.1), che raccoglie i contributi dell'omonimo convegno (Borgo Valsugana 2001) sulla Resistenza trentina. Il secondo è l'accurato studio dello psichiatra nordtirolese Hartmann HINTERHUBER, Uccisi e dimenticati: crimini nazisti contro malati psichici e disabili del Nordtirolo e dell'Alto Adige (Trento 2003).
Nel giugno 2004, su iniziativa della Città di Bolzano, delle associazioni Anei, Anpi, Anppia e della Comunità Ebraica di Merano, sono stati inaugurati, di fronte al muro originario del Durchgangslager di Bolzano, sei pannelli che ricostruiscono brevemente, anche con fotografie, la drammatica vicenda del campo di Via Resia, attivo dall'estate 1944 alla fine della guerra. Nella stessa occasione è stata presentata la ricerca di Dario VENEGONI, Uomini, donne e bambini nel Lager di Bolzano (Milano 2004), sostenuta dall'Unione Europea e che amplia significativamente le conoscenze sul numero e sull'identità dei deportati che transitarono per Bolzano.