Geschichte und Region /Storia e Regione 2011/2

 

Neues Recht / Diritto nuovo

“Geschichte und Region / Storia e Regione”

20 Jahrgang, 2001, Heft 2 – anno XX, 2011, n. 2

Herausgeberinnen /curatrici: Ellinor Forster und/e Margareth Lanzinger

 

StudienVerlag – Innsbruck, Wien, Bozen/Bolzano

 

 

 

EDITORIALE

 

 

Non c’è periodo storico che nella prospettiva del “nuovo diritto” denoti maggiore dinamismo, ma anche più contraddizioni, di quello compreso fra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo. Una grande varietà normativa aveva caratterizzato l’età moderna: nei secoli precedenti erano convissuti gli uni accanto agli altri i diritti territoriali e quelli delle città, unitamente ai privilegi accordati a gruppi di persone e istituzioni, quali ad esempio la nobiltà e le università, il diritto secolare e quello ecclesiastico. Politicamente il passaggio di mano di singoli territori faceva sì che i sovrani regnassero su giurisdizioni in parte molto eterogenee le une dalle altre. Fin dal Seicento si erano quindi registrati i primi tentativi di una codificazione finalizzata a uniformare l’applicazione delle leggi vigenti. Tale processo assunse caratteri molto più complessi e pervasisi nel Settecento, quando, per migliorare la governabilità, si decise di soppiantare la pluralità di norme con codificazioni unitarie.

Il giusnaturalismo aggiunse un fattore inedito agli sforzi di centralizzazione. In questa prospettiva basata sullo spirito dell’Illuminismo tutti gli uomini erano fin dalla nascita detentori di diritti “naturali”, che la legislazione vigente doveva riconoscere loro. Tale istanza permeò sia le codificazioni del diritto penale e civile, sia i progetti costituzionali che videro la luce in questo periodo, scontrandosi però ripetutamente con ostacoli all’atto della sua messa in pratica. E ciò non solo perché, su scala locale e regionale, il “nuovo Erbländiritto” interveniva su diritti acquisiti e consuetudini particolari e affermava la supremazia del diritto secolare su quello ecclesiastico, ma anche perché esso implicava una perdita dei privilegi cetuali e metteva in questione, almeno in linea di principio, la disuguaglianza dei sessi di fronte alla legge.

Un riordino normativo che andasse in questa direzione evocava e rafforzava le competizioni, trasferiva le competenze, modificava la pertinenza e la logica delle istituzioni delocalizzando il potere entro i territori subordinati. E tutto ciò generò riserve, resistenze e ogni sorta di rifiuto. Al tempo stesso, tuttavia, furono gettate le basi di una moderna concezione del diritto, anche se il suo sviluppo successivo fu pieno di ostacoli e non procedette in maniera lineare. Per uomini e donne delle più diverse estrazioni sociali, le nuove disposizioni legislative e le nuove codificazioni offrivano possibilità inedite di ricorrere al diritto. Vennero mitigate le forme e le entità delle pene. Il “nuovo diritto” della fine del Sette e dei primi dell’Ottocento – basti pensare al codice civile francese del 1804, all’Allgemeines Landrecht prussiano del 1794, alle previsioni normative di Giuseppe II degli anni ottanta del Settecento o al codice civile austriaco del 1811 – era di fatto una combinazione di illuministici sforzi innovativi e di istanze tradizionali, presenti in percentuale più o meno consistente.

I contributi presentati in questo numero monografico ci portano nei territori ereditari austriaci, a Torino, nel Lombardo-Veneto e in Toscana per quanto riguarda la loro ubicazione geografica, e su diversi ambiti del “nuovo diritto” per quanto riguarda gli argomenti di volta in volta affrontati. Gli interrogativi sollevati mirano a indagare il rapporto esistente fra vecchie e nuove norme; le trasformazioni politiche e sociali perseguite e attuate nell’amministrazione e nel ricorso al diritto; quali soggetti le nuove norme avvantaggiarono e quali da esse furono penalizzati; quali ostacoli e quali limiti potevano insorgere al momento della loro attuazione e quali conseguenze tale messa in atto comportò.

I primi risultati del processo di codificazione austriaco riguardante il “diritto civile” si ebbero negli anni ottanta del Settecento con gli editti di Giuseppe II, la patente matrimoniale del 1783, quella sul diritto successorio (Erbfolgepatent) e, infine, il primo Allgemeines Bürgerliches Gesetzbuch del 1786 (passato alla storia col nome di Codice Giuseppino). Con la patente matrimoniale vennero disciplinate in modo nuovo le competenze del potere secolare ed ecclesiastico in merito alla giurisdizione nelle cause matrimoniali. Mettendo a confronto cause di separazione di cui fino al 1783 si occupava il Concistoro arcivescovile di Vienna e, dopo l’entrata in vigore della patente matrimoniale, il Magistrat della città di Vienna, Andrea Griesebner e Georg Tschannett analizzano il significato che la nuova attribuzione di competenze rivestì per le coppie sposate. La patente matrimoniale non metteva invero in questione il dogma cattolico dell’inscindibilità del vincolo coniugale, consentendo alle coppie cattoliche soltanto una separazione da tavola e letto. I principi illuministici erano però stati accolti dal testo di legge, in quanto una separazione era possibile solo nel caso in cui vi acconsentissero entrambi i coniugi e non spettasse più al giudice decidere in merito all’esistenza o meno di validi motivi. Tale prassi finiva però di fatto col non tenere conto della realtà esistenziale di tante coppie in crisi e col rafforzare la posizione del coniuge, perlopiù il marito, che si opponeva alla separazione.

Un trasferimento di competenze dalla Chiesa allo Stato, perseguito a sua volta in misura significativa dalla patente matrimoniale e da alcuni decreti integrativi, riguardò i matrimoni tra parenti e affini. Come evidenzia Margareth Lanzinger, incontrarono notevoli difficoltà sia la riduzione dei gradi di parentela necessitanti una dispensa, che era stata voluta dallo Stato, sia l’obbligo fatto ai vescovi di concedere le dispense in assenza della delega papale a quanti evidenziavano un grado di parentela che costituiva un impedimento al matrimonio. Oltre che in una diocesi decisamente fedele a Roma come quella di Bressanone, tale stato di cose portò a incessanti lotte per il potere anche nelle diocesi confinanti. Le coppie di consanguinei e affini si trovarono ad affrontare situazioni veramente imponderabili.

Sotto questo punto di vista, il diritto dello Stato, contrariamente alle sue intenzioni, ostacolò piuttosto che agevolare la pratica della concessione delle dispense. Il codice civile napoleonico del 1804 conteneva un corpus normativo particolarmente progressista in fatto di trasmissione ereditaria; grazie all’influsso che la Francia vantava in diversi territori tedeschi e italiani ai primi dell’Ottocento, tale codice fu adottato anche in Piemonte. Il contributo di Beatrice Zucca Micheletto indaga il modo in cui a Torino le coppie di futuri sposi o di coniugi e, in particolare, le loro famiglie usavano le nuove norme, stando alle quali l’eredità paterna e materna doveva essere suddivisa in parti eguali fra tutti i figli, sia maschi che femmine. Tale forma di divisione ereditaria rompeva sia con la posizione privilegiata del primogenito rispetto ai cadetti, sia con la logica del sistema dotale precedentemente seguito, che per le figlie prevedeva una dote escludendole al tempo stesso dall’eredità. Sebbene tale esclusione non fosse più possibile, era ancora consentito stipulare atti dotali che rappresentavano un’alternativa al regime della comunità dei beni previsto dal codice civile napoleonico. Atti notarili contenenti espressioni ambigue e riguardanti transazioni specifiche evidenziano le strategie adottate, ancorché in maniera differenziata a seconda del ceto sociale, per aggirare le nuove norme in materia di trasmissione, che nessun testamento avrebbe potuto modificare, e neutralizzare le modifiche apportate all’uso del sistema dotale.

Emerge così chiaramente che il “nuovo diritto” quasi sempre incide sui rapporti fra i sessi o è costretto a prendere posizione a questo riguardo. Nel suo contributo Karin Neuwirth si sofferma su questo aspetto analizzandolo sul piano discorsivo. La studiosa mette a confronto discussioni filosofiche e giuridiche sul rapporto fra coniugi nel processo di codificazione dell’Allgemeines Landrecht prussiano del 1794 e del codice civile austriaco del 1811. In entrambi i codici le strutture di potere intrinseche al matrimonio potevano essere conservate stipulando un contratto, così come previsto da uno dei principali postulati dell’Illuminismo, ancorché si trattasse di un contratto di sottomissione al marito che la moglie accettava liberamente.

Ed è ancora sul terreno della normativa del diritto di famiglia che si situa l’analisi di Pavla Slavíčková sui nuovi o vecchi diritti delle madri nel momento in cui si trovassero a dover assumere la tutela sui propri figli. La studiosa mette a confronto gli ordinamenti giuridici e la raccolta di leggi municipali di Moravia e Boemia con i codici di fine Sette e inizio Ottocento per i territori ereditari austriaci, focalizzando l’attenzione sui problemi del diritto patrimoniale, e individua delle linee di continuità fra i diversi sistemi normativi. Già gli antichi ordinamenti giuridici di Moravia e Boemia consentivano alle madri di assumere la tutela sui propri figli, con tutte le clausole aggiuntive che si ritrovano anche nel codice civile austriaco, quali ad esempio la nomina di un co-tutore e la natura temporanea del diritto limitata al periodo della stretta vedovanza.

Diversamente da quanto succedeva nell’ambito del diritto civile, già primadelle codificazioni sette e ottocentesche le norme in materia di diritto penale erano spesso formulate in termini neutrali sotto il profilo di genere. Proprio per questo è importante volgere lo sguardo verso la giurisprudenza penale per comprendere quanto potente fosse schema di genere. Francesca Brunet approfondisce questo aspetto nella sua indagine sui processi penali celebrati davanti al Senato Lombardo-Veneto nel Vormärz e centra l’attenzione sui criteri di genere adottati dai giudici, che si esprimevano nel concetto di “fama” delle donne basata sulla loro onorabilità dal punto di vista sessuale. La studiosa evidenzia quale influenza avesse sull’imputazione della colpa la percezione che i giudici di cultura borghese avevano delle donne accusate di omicidio. Il rovescio della medaglia era rappresentato dal fatto che l’omicidio di una fidanzata o moglie fedifraga o presunta tale da parte del fidanzato o marito fosse considerato in certo qual modo scusabile, così che l’assassino poteva contare su una raccomandazione di grazia da parte dei giudici. Lo sguardo selettivo dei giudici emerge chiaramente dagli atti processuali e dalle perizie e viene alla luce già nel modo in cui vengono condotti gli interrogatori dei testimoni.

 

Il contributo di Ellinor Forster getta un ponte fra territori austriaci e italiani, fra progetti costituzionali – di “diritto pubblico” – e bozze di codici civili. La studiosa confronta gli studi sui codici civili con il progetto costituzionale per la Toscana, le riflessioni di Joseph von Sonnenfels su un codice politico e i testi di Andreas Riedel che puntavano a una Costituzione unitaria per tutti i territori della monarchia austriaca. I temi che l’autrice affronta in particolare riguardano l’applicazione dei principi illuministici alla ridefinizione del rapporto fra sovrano e sudditi e a una armonizzazione dei diritti dei gruppi sociali alla fine del XVIII secolo. Dalla lettura dei testi emerge che i concetti e le definizioni avevano subito un processo di trasformazione e armonizzazione, mentre le idee sottostanti non erano state aggiornate alla stessa velocità. Laddove tali progetti – o loro parti – trovarono applicazione, si possono rinvenire tracce di vecchie rappresentazioni dei rapporti sociali che contemplavano disuguaglianze nei diritti fra gruppi e fra generi.

Dai contributi presentati si coglie molto bene che il negoziare, il formulare e il codificare del diritto non possono prescindere dal suo essere concretamente situato nel tempo e nei relativi contesti politici, sociali e culturali. Esiste un intimo nesso fra “nuovo diritto” e processi della società, trasformazioni sociali e cambiamenti politici, le cui idee guida e i cui principi tuttavia non sono necessariamente condivisi da tutti i gruppi in cui si articola la società. Talvolta le norme del “nuovo diritto” raccolgono istanze affermate e diffuse da tempo nella realtà sociale, altre volte esse sono animate dalla visione di una società futura migliore e più equa e puntano ad avviare processi di trasformazione strutturale. Il diritto che in certo qual modo precorre i tempi si scontra tendenzialmente con grandi difficoltà, in particolare quando interviene negli ambiti della Chiesa, della famiglia o di gruppi che fino ad allora avevano goduto di privilegi e ne limita le pratiche abituali, sorrette da precise politiche di inclusione e di esclusione, ne restringe le competenze e il raggio d’azione e intende spezzarne il potere in ambiti specifici. Inoltre, le istanze e le regole di funzionamento dei processi amministrativi spesso non sono disegnate in modo accurato, mettendo amministratori e amministrati di fronte a fattori imponderabili di sfida e incertezza. Possono emergere incoerenze sia nel diritto – ad esempio fra il rimanere intrappolati in “vecchie” rappresentazioni della realtà e il formulare nuove idee e rivendicare nuove istanze – che nella sua applicazione. Nel periodo storico preso in esame, e anche successivamente, agiscono forze che oppongono una tenace resistenza, forti di un pensiero articolato su categorie cetuali che possono essere sgretolate solo lentamente e di un ordinamento di genere imperniato sulla supremazia maschile e maritale e sulla patria potestà. L’eccessiva divergenza fra diritto e prassi sociale consolidata può comportare o rendere necessari tagli e aggiustamenti a posteriori, oppure può far sì che i soggetti interessati adottino strategie per aggirare le norme e con successo riescano a far valere i propri interessi.

 

Dietro le codificazioni del diritto ci sono le persone che hanno redatto le norme, le persone che devono applicarle, e a seconda delle materie il diritto si rivolge a tutti o a coloro che si trovano in una precisa situazione entro uno spazio giuridico determinato. Il diritto presenta sempre dimensioni concettuali e discorsive, tuttavia, per cogliere appieno la sua potenza e la sua efficacia, è sempre necessario analizzare anche la sua pratica.

 

Ellinor Forster, Margareth Lanzinger

 

 

 

 

INHALT/INDICE

 

 

 

EDITORIAL/EDITORIALE

 

 

NEUES RECHT – DIRITTO NUOVO

 

Ellinor Forster, Neuordnung der Gesellschaft am Ende des 18. Jahrhunderts, Österreichische und toskanischen Rechtsentwürfe im Vergleich

 

Andrea Griesebner/Georg Tschannett, Ehen vor Gericht (1776–1793). Ehestreitigkeiten vor dem Wiener Erzbischöflichen Konsistorium und dem Magistrat der Stadt Wien

 

Margareth Lanzinger, Staatliches und kirchliches Recht in Konkurrenz. Verwandtenehen und Dispenspraxis im Tirol des ausgehenden 18. Jahrhunderts

 

Beatrice Zucca Micheletto, L’introduzione del codice civile napoleonico a Torino: il regime patrimoniale dei coniugi tra norma e pratica

 

Pavla Slavíčková, Guardianship as a Part of the Legal Protection of Children in Bohemia and Moravia Before 1811

 

Francesca Brunet, Donne assassine. Considerazioni di genere nei processi penali lombardo-veneti

 

 

FORUM

 

Karin Neuwirth, Diskussionen zur Rechtsposition der Eheleute. Von der gottgewollten zur anthropologischen Vormacht des Ehemannes über die Ehefrau – erste Projektergebnisse

 

Karin Gottschalk, Geschlechterdifferenz in der Geschichte des Rechts – ein Forschungsnetzwerk unterwegs in Europa

 

Margareth Lanzinger/Gertrude Langer-Ostrawsky, Aushandeln von Ehe in Heiratsverträgen des 17. bis 19. Jahrhunderts. Ein Forschungs- und Buchprojekt

 

Walter Pichler, Die „Feuernacht“ im Internet. Ein Fall von Missbrauch durch die patriotische und rechtsextreme Szene

 

Roberto Antolini, Storie sul palcoscenico. La Mara Cagol di Angela Dematté e la tradizione del teatro dialettale trentino

 

“Archivio Storico Ticinese”. Autopresentazione

 

 

REZENSIONEN/RECENSIONI

 

Gustav Pfeifer / Kurt Andermann (Hgg.), Die Wolkensteiner. Facetten des Tiroler Adels in Spätmittelalter und Neuzeit (Thomas Winkelbauer)

 

Giuseppe Osti, Attraverso la regione trentino-tirolese nel Cinquecento (Vito Rovigo)

 

Martin Pelc/Pavel Šopák / Hana Šústková (Hgg.), Opava – Vídeň. Měšťanská kultura 19.století mezi periférií a centrem. [OpavaWien. Stadtbürgerkultur des 19. Jahrhunderts zwischen Peripherie und Zentrum] (Pavel Smecka)