Autore: Carlo Romeo
Rif. bibl.: Romeo, Carlo, Archivi e documentazione nazionale tra le due guerre in Alto Adige, in “Faschismus an den Grenzen / Il fascismo di confine”, a cura di Giorgio Mezzalira e Hannes Obermair (“Storia e Regione / Geschichte und Region” 10 (2011) 1, pp. 66-79
SOMMARIO DEL CONTRIBUTO
PREMESSA
TRENTO E BOLZANO: IL “DOPPIO ARCHIVIO”
BOLZANO AUTONOMA
VALORIZZAZIONE E TUTELA
RICERCA E PUBBLICIZZAZIONE
OPZIONI E TRASFERIMENTO DI BENI STORICO-ARTISTICI
(…) TRENTO E BOLZANO: IL “DOPPIO ARCHIVIO”
Come è noto, l’articolo 93 del trattato di pace di St. Germain prevedeva il trasferimento dei materiali archivistici della dissolta Monarchia austro-ungarica a tutti quegli Stati che da essa erano sorti o si erano ampliati. Nel corso di due conferenze riuscì ad affermarsi il concetto della territorialità o provenienza dei fondi. Sarebbero stati ceduti tutti i fondi archivistici prodotti a livello statale o provinciale sui territori acquisiti dall’Italia.
Su questo punto si impegnò moltissimo Francesco Salata (4), che aveva partecipato come delegato italiano alla Conferenza di pace di Parigi e poi era stato membro dell’Ufficio Centrale delle nuove province. Consigliere di Stato e senatore del Regno (1920) era stato plenipotenziario italiano in Austria proprio per la questione degli archivi. Suo stretto collaboratore fu l’Ispettore Generale degli Archivi di Stato Giovan Battista Rossano. Fu quest’ultimo ad occuparsi personalmente negli anni successivi del trasferimento dei fondi di pertinenza del Tirolo meridionale da Vienna (Haus, Hof- und Staatsarchiv) e da Innsbruck (Landesregierungsarchiv).
Il primo problema che si poneva era la collocazione di questi materiali e cioè l’istituzione di nuovi Archivi di Stato relativi alle “nuove province”. Per quanto riguardava il Tirolo meridionale tra le prime ipotesi vi fu quella di concentrare tutto il materiale a Trento. La proposta aveva due argomentazioni, ritenute però fragili: il ruolo amministrativo che si apprestava ad avere Trento quale capoluogo (Venezia Tridentina) nonché l’esempio del “cessato governo” che aveva collocato ad Innsbruck la conservazione dei fondi di tutto il Land. L’ipotesi trentina cedette subito a ragioni sia pratiche che storico-giuridiche.
Il Consiglio Superiore degli Archivi del Regno diede parere favorevole all’istituzione di una sezione distaccata a Bolzano dell’archivio di Trento (20 dicembre 1920), approvando la seguente relazione della Presidenza. (5)
Poiché si discute in questo stesso momento una questione che potrebbe sembrare analoga e connessa con la presente, cioè, se la Venezia tridentina debba costituire un'unica provincia o essere divisa in due (Trentino e Alto Adige), dichiaro subito ed esplicitamente che la questione politica esula affatto dalle considerazioni della presente Relazione, e non vi ha nessuna influenza.
La questione di un unico o di due archivi viene qui considerata esclusivamente sotto l'aspetto scientifico.
D'altra parte il carattere del nostro Consiglio è eminentemente tecnico, e il parere che il Ministero dell'Interno ci chiede, è appunto un parere tecnico.
Ora se nella scienza, e soprattutto nella scienza italiana, c'è un principio conclamato e sicuro, è quello della TERRITORIALITÀ degli atti d'archivio: quello stesso che abbiamo posto felicemente alla base delle nostre rivendicazioni archivistiche di fronte all'Austria.
Gli archivi dell'Alto Adige devono rimanere nell'Alto Adige, per non contravvenire alla buona regola che vuole avvicinati quanto più possibile alle popolazioni interessate gli atti omogenei che possono giovare alla loro amministrazione e ai loro studi. Può ben dispiacere a noi italiani di negare a Trento la soddisfazione di concentrare nel proprio archivio tutte le carte della Venezia tridentina. Ma, d'altra parte, con quale argomento si sostiene principalmente quella concentrazione? Con l'esempio del "Cessato Governo", di quello austriaco, il quale non aveva trovato nessuna difficoltà a concentrare gli archivi di tutto il Tirolo a Innsbruck. Ma evidentemente l'Italia non può, in questo campo, prendere esempio né considerarsi erede dei metodi dello Stato che nella memoria del mondo rimarrà come la perfetta antitesi delle ragioni naturali della storia e del principio quindi per cui l'Italia stessa è.
Diversa destinazione ebbero gli atti riflettenti l'Alto Adige, in particolare i documenti dell'Archivio principesco-vescovile di Bressanone e gli atti del circolo di Bolzano, ricuperati fra il 1919 e il 1921, i quali furono spediti provvisoriamente da Innsbruck a Bolzano, depositati provvisoriamente presso l'ufficio del Capitanato Distrettuale e collocati definitivamente nel cosiddetto Castel Mareccio (Schloss Maretsch), di proprietà del conte Federico Toggenburg, col quale fu stipulato un contratto di affitto della durata di cinque anni con decorrenza dal 1 dicembre 1920.
Sulla circoscrizione della Direzione degli Archivi Tridentini non c'è la possibilità di discussione e di questioni come per quella di Trieste.
Essa corrisponde e s'adegua infatti perfettamente a quelli che sono i confini dell'odierna provincia di Trento fino al Brennero (Antico Trentino e Alto Adige). Rimane solo la interna e secondaria questione della definitiva distribuzione del materiale Archivistico: sia che debba essere accentrato tutto in un unico Archivio, quello di Trento, o lasciato, com'è ora, fra Trento e Bolzano, con riguardo alle antiche divisioni dei principati vescovili di Trento e Bressanone.
Già nell'ottobre del 1920, questo Consiglio Superiore, su relazione del Consigliere Gr. Uff. Comm. Giacomo Gorrini, confortò d'un suo voto la istituzione di una sezione d'Archivio a Bolzano , dipendente da quella di Trento. Né l'esperienza dei cinque anni decorsi sembra consigliare alcuni mutamento di termini di una decisione, la quale saviamente mirata, da una parte, a rispettare le ragioni della storia, con l'istituzione del doppio Archivio, dall'altra, a consacrare gli ordinamenti nuovi con l'unità di direzione assicurate all'antica Tridentum. (6)
BOLZANO AUTONOMA
(…) La discussione si riaccese qualche tempo dopo l’istituzione della provincia di Bolzano, separata da Trento nel dicembre 1926. Si trattava, infatti, di elevare l’Archivio di Bolzano a Direzione Autonoma. La proposta passò con facilità presso il Consiglio Superiore degli Archivi del Regno (3 giugno 1929), poiché rispondeva a tutti i criteri possibili:
- la territorialità degli atti;
- la nuova circoscrizione amministrativa;
- la particolare natura e contenuto degli atti dei fondi altoatesini;
- infine “la ragione pratica della diversa forma e redazione linguistica di predetti atti, per il 90% in un linguaggio caratteristico giuridico tedesco dei secoli scorsi, tutt’affatto speciale, poco o nulla comprensibile anche ai più esperti della lingua tedesca moderna e della conseguente disparità in confronto del materiale archivistico che forma la base dell'Archivio di Stato di Trento.” (7)
Prendendo la parola in quell’occasione, Francesco Salata appoggiò l’istituzione della Direzione autonoma di Bolzano proprio in virtù della “caratteristica speciale di natura storico-linguistica” degli atti conservati a Bolzano. Ribadì la necessità di dare al futuro archivio indipendente di Bolzano una dignità adeguata al ruolo geopolitico della provincia di confine.
Quando abbiamo dovuto prendere in consegna da Innsbruck materiale di primo ordine, ho dovuto mandare un avvocato erariale delle nuove provincie, e mandare lui perché questi documenti sono in tedesco per 2 terzi o 3 quarti; e sono ancora nelle casse perché ancora non le possiamo aprire.
Insomma, siamo al confine, in un territorio contestato, in un territorio che altri ci invidiano, e dobbiamo fare buona figura. Non posso domani insistere presso Vienna perché ci restituiscano carte: sorridendo dicono: sì ma quando le carte sono da voi restano nelle casse […] L'amministrazione deve fare per l'Alto Adige e per la Venezia Giulia sacrifici superiori a quelli che fa per le altre regioni. (8)
L’osservazione di Salata introduce a un altro punto importante. Mentre dall’Austria affluivano notevoli fondi e all’Archivio di Bolzano si intendeva attribuire anche l’acquisizione di tutti i materiali più importanti della provincia, si manifestava chiaramente la pochezza delle strutture e risorse a sua disposizione, sia come sede e locali che come personale.
Quando questo materiale sarà arrivato a Bolzano e sarà depositato a Bolzano, l'Archivio di Bolzano non potrà tenerlo per la deficienza dei locali. L'assegnazione del locale, preso in affitto dall'Amministrazione è assolutamente disadatta: di posizione eccentrica, noiosissimo per gli studiosi, difficoltoso per la custodia, costruzione inadeguata, con scale, scalette ecc. Non solo sconveniente, ma insufficiente. Mi sono state riferite alcune trattative corse in passato per la costruzione di un edificio che avrebbe dovuto accogliere l'Istituto per la Cultura dell'Alto Adige l'Archivio di Stato e la Biblioteca istituita a Bolzano (9). So che i momenti attuali non sono adatti per simili progetti, ma mi raccomando all'Amministrazione di tener presente la necessità, perché in questo modo od in altro modo sia data una sede più ampia all'Archivio di Stato di Bolzano […] Queste due questioni dei locali di Bolzano e Trieste metto vivamente a cuore dell'Amministrazione. (Rava 1926) (10)
VALORIZZAZIONE E TUTELA
In altre parole, la generale penuria di risorse per gli archivi a livello nazionale era particolarmente deplorevole per quelli di Bolzano e Trieste, in quanto essi avrebbero dovuto rappresentare le capacità della nazione nel valorizzare la documentazione delle terre rivendicate.
Oltre al problema dei locali, viene più volte lamentata la mancanza di archivisti che abbiano le competenze (in primo luogo linguistiche) per tale impresa. Si noti questo giudizio di Salata su Leo Santifaller. (11)
Abbiamo il torto - l’Amministrazione non ne ha nessuna colpa - di aver perduto col Santifaller l’unico esponente... L’abbiamo perduto; avevamo avuto la fortuna di trovare, dentro la circoscrizione nuova del Regno, uno studioso di primo ordine, educato, sì, alla scuola tedesca di Berlino e di Vienna, ma che per ragioni personali - aveva la madre vecchia che abitava nel nostro territorio - si era avvicinato a noi ed aveva accettato l’ufficio. Era un uomo che, con le sue pubblicazioni, si imponeva a tutti gli italiani e stranieri naturalmente, l’amministrazione ha dovuto fare a lui quel trattamento che ha potuto, ma i tedeschi, a cui forse cuoceva di aver perduto questo giovane studioso, l’hanno attirato a Berlino da dove non è più tornato. (12)
E all’osservazione di Gorrini su un possibile tentativo di recuperare Santifaller, Salata aggiunge:
sarebbe stato il caso due anni fa; io ho fatto un tentativo personale presso il Capo del Governo... È questione di quattrini... Poi, intendiamoci, per quanto studioso quello non è un grande italiano. Era un altoatesino tedeschizzato, che a poco a poco si stava acclimatando, ma quando si è veduto aprire l’ambiente storico di Berlino... è andato e non ci è tornato più. Egli ha avuto, con una grande generosità dell'amministrazione, aspettative al di là di tutti i limiti possibili. Io posso fare qualche pratica, insieme con Tolomei, ma non credo che riusciremo: certo, sarebbe l’unico modo di valorizzare quell’archivio. (13)
Un altro aspetto che riporta la questione degli archivi di confine all’interesse nazionale è la tutela di documenti particolari; in altre parole, quando dietro alla scomparsa di materiali v’è il sospetto di motivo politico-nazionali.
Efficace esempio è il “caso” del manoscritto di Laces, un urbario del XIV secolo, di cui è ufficialmente segnalata la scomparsa agli inizi del 1927. (14) Nel marzo del 1927 il Ministero della Pubblica Istruzione (Fedele) incarica il Soprintendente bibliografico per il Veneto di esercitare ogni sforzo per recuperarlo.
L’importanza del manoscritto consisterebbe non tanto nella sua antichità quanto nel fatto che in esso verrebbe già usato il volgare italiano. Se, come pare, trattasi di un documento di carattere locale, l’uso del volgare in territori che sono stati sottoposti alla penetrazione linguistica e politica straniera e che solo di recente sono stati ricongiunti alla madre patria, assumerebbe una specialissima importanza per l’opera d’Italianità nell’alto (sic) Adige. (15)
Carlo Battisti aveva inutilmente cercato il manoscritto nell’estate del 1926; ci aveva tentato anche Santifaller, che ancora lavorava all’Archivio di Bolzano, e quindi Fulvio Mascelli dell’Archivio di Trento.
Riassumendo il caso, il soprintendente Giuseppe Gerola avanzava tre ipotesi: che fosse ancora in loco, che fosse stato asportato per motivi economici (ritenuta poco probabile “trattandosi di materia che interessa se non alcuni particolari specialisti”), e infine che fosse stato fatto scomparire per motivi politici.
[…] vale a dire per distruggere una preziosissima testimonianza della latinità della Val Venosta a mezzo il Trecento. E in tal caso sarebbe ben difficile concretare dei sospetti, che potrebbero risolversi in giudizi temerari […] Il codicetto, unico nel suo genere, aveva un valore incalcolabile dal punto di vista glottologico. Gli archivi della regione sono troppo studiati per riservarci altre sorprese di tal genere; ed è anzi inconcepibile come l’urbario di Laces non fosse stato ancora pubblicato.
Ciò non toglie, naturalmente, che anche negli altri archivi alto-atesini non (sic) si trovino numerosi documenti i quali, sia pure in via indiretta, contengano preziosi dati per la storia della nazionalità della regione. Ma anche a tale riguardo, in occasione di ricerche da me compiute per altro scopo, ho dovuto di recente verificare come, così negli archivi comunali come in quelli parrocchiali, parecchi degli atti registrati negli Archiv-Berichte oggi non si trovino più. (16)
Al termine dell’infruttuosa ricerca del manoscritto (in cui erano stati coinvolti Ministero dell’Interno, Prefettura di Bolzano, Arma dei Carabinieri) così concludeva il Ministro della Pubblica Istruzione.
Questo Ministero, deplorando la avvenuta scomparsa di un manoscritto tanto importante, rivolge viva raccomandazione alla S.V. di spiegare […] la maggiore vigilanza perché non abbiano a ripetersi altre dolorose dispersioni di documenti e di atti che, come il manoscritto di Laces, sono tanto importanti per attestare la originaria e vecchia italianità delle terre dell’Alto Adige. (17)
(…)
NOTE
(…) (4) Francesco Salata (Cherso 1876-Roma 1944).
5) Riguardo alla storia dell’Archivio di Stato di Bolzano mi limito a pochi riferimenti ormai “classici”: Leo Santifaller, Gli archivi della provincia di Bolzano, in: Archivio per l’Alto Adige, 23 (1928), pp. 115-126; Antonio Zieger, L’Archivio di Stato di Bolzano, in: Ad Alessandro Luzio gli Archivi di Stato italiani. Miscellanea di studi storici 2, Firenze 1933, pp. 403-420; Leo Santifaller, Über das Staatsarchiv Bozen und das Südtiroler Landesarchiv, in: Der Schlern 48 (1974), pp. 115-136; Archivio di Stato di Bolzano, in: Ministero per i Beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i Beni archivistici (a cura di), Guida generale degli Archivi di Stato italiani 1, Roma 1981, pp. 663-677; Hans Heiss, Fonti archivistiche e biblioteche per lo studio della storia locale in Alto Adige-Südtirol, in: Studi Trentini di scienze storiche, I/74 (1995), pp. 699-707; Hubert Gasser/Armida Zaccaria, L’Archivio di Stato di Bolzano, ibidem, pp. 709-713.
6) Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell'interno, Direzione generale degli Archivi di Stato, Consiglio superiore degli archivi, Verbale della adunanza numero 194 dell’anno 1920, tenutasi in data 20 dicembre 1920.
7) Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell'interno, Direzione generale degli Archivi di Stato, Consiglio superiore degli archivi, Verbale della adunanza numero 204 dell’anno 1929, tenutasi in data 3 giugno1929 (Relatore Gorrini). Giacomo Gorrini (Molino dei Torti 1859-Roma 1950) direttore e in un certo senso “promotore” dell’Archivio degli Affari Esteri, fu diplomatico e storico.
8) Ibidem (intervento di Salata).
9) Si trattava dell’idea più volte espressa da Ettore Tolomei.
10) Consiglio Superiore degli Archivi, Verbale dell’adunanza numero 201 dell’anno 1926, tenutasi in data 27 novembre 1926. Luigi Rava (Ravenna 1860-Roma 1938), oltre che ministro in periodo giolittiano, era stato presidente della Dante Alighieri e fondatore dell’ENIT.
11) Leo Santifaller (1890-1974). Sulla sua figura: Hannes OBERMAIR, Leo Santifaller (1870-1974). Von Archiven, Domkapiteln und Biografien, in: Karel HRUZA (Hg.), Österreichische Historiker 1900-1945, Wien-Köln-Weimar 2008, pp. 647-667. Santifaller era stato passato da „impiegato avventizio“ (assunto subito dopo l’annessione) ad “impiegato di ruolo” nel 1926. La Giunta del Consiglio Superiore degli Archivi dava la seguente motivazione: “La sua opera è stata ricercata dalla nostra commissione archivistica di ricuperi di Vienna, ed in tale occasione egli ebbe campo di dimostrare eccezionale competenza in materia di archivi, tanto che il soppresso ufficio centrale per le nuove Provincie, aderendo alle premure di detta commissione ritenne di servirsi della sua opera, assegnandogli fin dal 1921 la direzione dell’Archivio di Bolzano. L’opera del Santifaller è apprezzata dagli studiosi specialmente da quelli della storia dell’Alto Adige” (Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell'interno, Direzione generale degli Archivi di Stato, Giunta del Consiglio superiore per gli Archivi, Verbale della riunione del 25 giugno 1926).
12) Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell'interno, Direzione generale degli Archivi di Stato, Consiglio superiore degli archivi, Verbale della adunanza numero 204 dell’anno 1929, tenutasi in data 3 giugno1929 (Intervento Salata).
13) Ibidem.
14) Archivio Provinciale di Bolzano, Fondo: Soprintendenza bibliografica, Fasc. n. 9, “Laces. Furto di manoscritto”. Ringrazio Andrea Di Michele della segnalazione. Il manoscritto era stato descritto alla fine dell’800 da E. von Ottenthal e O. Redlich e poi addirittura studiato durante la guerra da un giudice del circondario (R. Staffler) che nel 1924 lo citava nel suo studio: Die Hofnamen im Landgericht Kastelbell (Schlern-Schriften, n. 8). Sull’importanza del testo, cfr. “Il registro parrocchiale di Laces (Latsch) in Val Venosta” in: Francesco Bruni (a c. di), La nostra lingua. Biblioteca storica di linguistica italiana: L’italiano nelle regioni. Testi e documenti, Torino 1994, pp. 245-6.
15) Ibidem, Ministero della Pubblica Istruzione-Direzione Generale delle Accademie e delle Biblioteche a Soprintendente bibliografico per il Veneto, Roma 11/3/1927.
16) Ibidem, Soprintendente all’Arte Medievale e Moderna per le Provincie di Trento Verona Mantova e Bolzano a R. Soprintendenza bibliografica per il Veneto, Trento 26.03.1927.
17) Ibidem, Ministero della Pubblica Istruzione-Direzione Generale delle Accademie e delle Biblioteche a Soprintendente bibliografico per il Veneto, Roma 27.03.1928.