Di Michele, Andrea / Renzetti Emanuela / Schneider, Ingo / Clementi Siglinde (a cura di),

Al confine. Sette luoghi di transito in Tirolo, Alto Adige e Trentino

Edition Raetia, Bolzano/Bozen 2012, ISBN 978-88-7283419-0

 

 

 

 

INTRODUZIONE

di Andrea Di Michele

 

 

Negli ultimi anni gli studi sui confini hanno conosciuto un successo straordinario. Ciò è avvenuto in coincidenza con dinamiche complesse e per certi versi contraddittorie. Da una parte l’Europa ha parzialmente depotenziato e svuotato di significato quei confini intorno ai quali si erano sviluppati i drammi del ventesimo secolo. L’accordo di Schengen del 1985, il Trattato sull’Unione europea del 1992 e la successiva introduzione della moneta unica hanno condotto all’evidente indebolimento del significato delle frontiere nella vita quotidiana e nella percezione di ciascun cittadino residente nel cosiddetto Spazio Schengen.

 

A tutto ciò, però, si sono accompagnate dinamiche di ben altro segno. All’accelerazione del processo di unificazione europea e della cosiddetta «globalizzazione» mondiale si è accompagnata la riscoperta delle «piccole patrie», vissute spesso come difesa rispetto a processi considerati spersonalizzanti e nemici delle peculiarità nazionali e ancor più regionali. Si sono così risvegliati sensi di appartenenza più o meno localistici e sanfedisti, restituendo peso e significato a vecchie e nuove linee di confine, vere o immaginarie che siano. Se per i cittadini europei, inoltre, la presenza delle frontiere interne al vecchio continente si è fatta meno percepibile, l’esatto contrario è avvenuto per quegli uomini e quelle donne provenienti da altri continenti, che invece si scontrano contro il «muro difensivo» eretto dall’Europa verso l’esterno. Le vicende dei migranti segnalano come allo sbiadirsi delle linee di confine interne allo spazio europeo abbia corrisposto l’ispessirsi della frontiera di quello stesso spazio verso l’esterno.

 

Allo stesso tempo, la fine della guerra fredda e la caduta del muro di Berlino -  lungi dal determinare, come qualcuno aveva previsto o auspicato, la fine dei nazionalismi - li ha in un certo senso riattizzati e liberati. Si pensi al dramma della ex Jugoslavia, dove una volta sparito il collante coercitivo dello Stato socialista sono esplosi, fronteggiandosi, i peggiori nazionalismi. O si pensi alle dinamiche disgregatrici delle ex repubbliche sovietiche, in cui si sono saldati motivi nazionali a motivi religiosi. Il risultato è stato, in controtendenza rispetto alle dinamiche dell’Europa occidentale, non il «depotenziamento» e la cancellazione dei confini, bensì il loro moltiplicarsi con la nascita di nuove compagini nazionali e il conseguente aumento della conflittualità.

 

Studiare i confini, dunque, significa accostarsi a questi processi, tanto complessi e apparentemente contraddittori, quanto affascinanti. Ma studiare i confini significa anche confrontarsi con un ambito di ricerca che, più di altri, richiede un particolare sforzo di interdisciplinarità. I cosiddetti borders studies, infatti, si sviluppano a cavallo tra discipline diverse e si avvantaggiano dell’incontro di approcci e sensibilità culturali differenti.

Del resto, parlare di confini può significare molte cose: ricostruire l’evolvere delle linee di demarcazione che separano le diverse entità politico-amministrative (Stati, regioni, province, altri enti territoriali, distretti giudiziari, ecc.), ma anche comprendere fino a che punto tali linee siano capaci di plasmare identità, agire sulla vita quotidiana delle popolazioni che vi si affacciano, modificarne comportamenti, quadri mentali, giudizi e pregiudizi e poi indagarne il valore simbolico, emozionale, il loro divenire spesso palcoscenico di riti a cavallo tra politica e religione (si pensi a quelli che il fascismo, non da solo, definiva «pellegrinaggi» ai «sacri» confini). Storia politica, storia delle relazioni internazionali, storia dell’amministrazione, storia sociale, antropologia, etnografia, sono alcune delle discipline chiamate in causa.

 

È a partire da questa esigenza di interdisciplinarità e dal desiderio di moltiplicare e incrociare le forme di lettura che alcuni anni fa si è costituito il gruppo di lavoro che ha dato corpo a questa ricerca. Lo spunto è venuto da un progetto, di taglio esclusivamente antropologico, promosso dall’Institut für Geschichte und Europäische Etnologie - Fachbereich Europäische Ethnologie dell’Università di Innsbruck, conclusosi nel 2009 con una pubblicazione di taglio divulgativo: Ingo Schneider et alii (a cura di), Grenzgänge. Orte des Durch- und Übergangs in der «Europaregion Tirol», Innsbruck-Vienna-Bolzano, Studienverlag, 2009.

 

Il desiderio di approfondire la ricerca, di estenderla alla prospettiva storica e di darle un’impostazione propriamente scientifica ha condotto al presente progetto, coordinato dall’associazione Storia e regione/Geschichte und Region, con la partecipazione dell’Archivio provinciale di Bolzano, dell’Institut für Geschichte und Europäische Etnologie - Fachbereich Europäische Ethnologie dell’Università di Innsbruck, dell’Università di Trento e della Fondazione Museo storico del Trentino.

 

Antropologi, etnologi e storici di Tirolo, Alto Adige e Trentino si sono trovati d’accordo nel ritenere che solo attraverso il «doppio sguardo» delle due discipline si sarebbero colti il significato e l’evoluzione dei confini in ambito regionale, utilizzando le piccole ma significative località di confine come laboratorio in cui misurare le conseguenze delle grandi cesure storiche e delle profonde trasformazioni sociali che hanno interessato l’Europa.

L’idea, dunque, è stata di declinare il tema dei confini all’interno di una cornice spaziale ben definita, ovvero l’area già corrispondente al Tirolo storico, ponendo il focus temporale sull’ultimo secolo, con alcune regressioni a periodi precedenti.

Agli storici è spettato il compito di ricostruire, a partire dalla cesura periodizzante del 1919, il contesto politico e diplomatico che ha condotto alla definizione dei confini, alla loro successiva evoluzione e al loro recente indebolimento, le concrete dinamiche delle operazioni di fissazione delle linee di demarcazione, le conseguenze economiche, sociali e culturali e la penetrazione del tema nella percezione collettiva delle comunità dall’una e dall’altra parte della frontiera.

Gli antropologi e gli etnologi, con uno sguardo più rivolto al presente, si sono invece occupati delle espressioni culturali e sociali prodotte dal confine, della loro evoluzione, dei loro riflessi sui sentimenti identitari, delle molteplici conseguenze sulla vita quotidiana di persone e luoghi determinate dalla costruzione e dall’abbattimento dei confini, nonché delle necessarie strategie di adattamento messe in atto dalle comunità interessate da tali modificazioni.

 

L’impostazione scelta è stata quella di redigere, per ogni località di confine, un saggio storico e uno antropologico, con alcune eccezioni anche alla luce della diversa natura delle località di frontiera prese in considerazione. L’ordine con cui i confini dello spazio tirolese vengono presentati è di tipo geografico, partendo da quelli più settentrionali e scendendo verso sud. Qui, invece, li presentiamo brevemente secondo una classificazione tipologica.

Al primo posto non possono che esserci i confini nazionali di Brennero, Resia, Prato alla Drava/Arnbach, la cui valenza si è progressivamente indebolita a seguito del processo d’integrazione europea. Del caso di Resia si occupa un unico saggio di taglio antropologico, pensato però con una particolare attenzione anche per le dinamiche storiche. Vi è poi Ala, ex confine nazionale, che alla fine della prima guerra mondiale - e quindi nello stesso momento in cui Brennero, Prato alla Drava e Resia assurgevano a confini di Stato - «retrocedeva» a semplice frontiera regionale. Le vicende relative ad Ala si sviluppano seguendo una diversa scansione temporale rispetto agli altri confini e per questo il relativo saggio storico insiste in particolare sull’età moderna.

Passando dalle frontiere nazionali ai confini di «secondo livello» troviamo Salorno, caso interessante in quanto capace di far convergere il confine amministrativo tra Alto Adige e Trentino con quello linguistico e simbolico-identitario tra mondo tedesco e mondo italiano. A differenza degli altri contributi storici, quello riguardante Salorno non si occupa esclusivamente di una località di frontiera, bensì di un’intera linea confinaria e cioè del limes che a sud separa l’Alto Adige dal resto d’Italia. Si tratta di una linea fortemente avvertita da un punto di vista identitario e nazionale, che nel corso dell’ultimo secolo ha subito numerosi aggiustamenti e ritocchi. Lungo tale tracciato vi sono alcuni punti «caldi» sui quali si sono concentrati i diversi provvedimenti di ridisegno: oltre a Salorno, a sud-ovest i Comuni dell’alta valle di Non (Proves e Lauregno) e a sud-est le valli ladine.

L’ultima tipologia confinaria che ritroviamo nei saggi è rappresentata da due speciali luoghi di confine contrassegnati dalla presenza di collegamenti stradali a mezzo di tunnel. Si tratta della lunga galleria stradale che congiunge Proves e l’alta valle di Non tedescofona alla val d’Ultimo e del «cordone ombelicale» della strada dei Tauri, che collega il Tirolo orientale a quello settentrionale attraverso il territorio dell’Austria interna. In entrambi i casi la realizzazione di una nuova via di comunicazione tra regioni diverse ha comportato rapidi e profondi cambiamenti non solo di tipo economico e turistico, ma anche nella vita quotidiana delle popolazioni interessate e nella loro percezione del confine.

La stessa varietà tipologica dei luoghi di frontiera analizzati ci aiuta a cogliere le sfaccettature e le potenzialità di una ricerca interdisciplinare sui confini come quella che qui si presenta, che vuole rappresentare solo uno stimolo e un punto di partenza per future, più approfondite analisi.

 

 

AL CONFINE.

Sette luoghi di transito in Tirolo, Alto Adige e Trentino

tra storia e antropologia

INDICE

 

 

Andrea Di Michele

Introduzione

 

Reinhard Bodner

Un cordone ombelicale di asfalto. Analisi culturale della strada dei Tauri e del confine tirolese negli Alti Tauri

 

Martin Kofler

La strada dei Tauri. Da «arteria» turistica a motore di investimento regionale

 

Ingo Schneider

Il Brennero. Gli effetti della «grande politica» su un piccolo paese e sui suoi abitanti

 

Hans Heiss

Confini reali e confini simbolici. Il Brennero 1918-1920

 

Martin Kofler, Roman Urbaner

Il confine Arnbach/Sillian – Prato alla Drava/San Candido

 

Martin Steidl

Confini senza nome. Riflessioni, continuità e transitorietà della zona di confine tra San Candido e Sillian

 

Karl C. Berger, Franz Jäger

Il legame con il confine. Analisi etnografica del passo Resia

 

Andrea Di Michele

Salorno e il confine mobile

 

Emanuela Renzetti, Rodolfo Taiani

L'intersezione divisa: la comunità di Salorno tra confini passati e presenti

 

Stephan Illmer

Strada facendo in alta val di Non. Passaggi e sottopassaggi di confine tra Alto Adige e Trentino

 

Emanuela Renzetti, Rodolfo Taiani

Le intermittenze del confine: la comunità di Ala tra ambizioni e disillusioni

 

Massimo Galtarossa

Il confine storico di Ala

 

Bibliografia

 

Referenze iconografiche