Zallinger parla a Merano

Vicende biografiche e politiche di Bernhard Zallinger-Thurn (1888-1957) in mezzo secolo di storia altoatesina dall’annessione all’autonomia.

  

Riferimento bibliografico: Carlo Romeo, Un vecchio liberale nella controversia etnica. Bernhard Zallinger e la questione sudtirolese, in Luca Renzi, Ferruccio Delle Cave (a cura di / hrsg.), La convivenza in Alto Adige 1920-2020 Zusamenleben in Südtirol, Edizioni Alphabeta Verlag, Merano, 2022, pp. 173-190.

 

Alphabeta Merano

 

 

 

Un vecchio liberale nella controversia etnica.

Bernhard Zallinger e la questione sudtirolese

 

di Carlo Romeo

 

 

Il personaggio di cui tratterò (1) appartiene a quella che si potrebbe chiamare “generazione del 1888”. Suoi coetanei sono, tra gli altri, Karl Tinzl, Eduard Reut-Nicolussi, Josef Noldin; Michael Gamper è solo di qualche anno più anziano (1885). Una generazione di intellettuali che si forma nell’ultima fase della monarchia asburgica, durante l’acuirsi dei conflitti nazionali; vive la mobilitazione portata dalla guerra, la sconfitta, il repentino crollo del “vecchio mondo” e l’annessione a uno Stato straniero, il «nemico ereditario» per eccellenza; intorno ai trent’anni si trova a dibattere e impostare, in uno scenario inedito, indirizzi e visioni politiche per la Volksgruppe sudtirolese, divenuta ormai minoranza all’interno di uno Stato centralistico e assai poco sensibile verso le questioni autonomistiche. Alcuni di loro rivestiranno lungo i decenni ruoli importanti, prima e dopo la seconda guerra mondiale. Bernhard Zallinger è meno conosciuto perché la sua attività politica diretta fu breve e marginale. Eppure il suo profilo biografico e soprattutto il filo della sua riflessione permettono di “attraversare” alcuni snodi centrali della storia novecentesca di questa terra.

 

 

La formazione giuridica

 

Bernhard von Zallinger-Thurn nasce a Innsbruck nel 1888. Il padre Otto (2) è un famoso storico del diritto germanico. Discendente da una antica famiglia bolzanina, insegna all’università di Innsbruck, di cui è rettore per un breve periodo e dal 1894 a Vienna. Si ritira presto dall’insegnamento trasferendosi a Salisburgo.

La madre, Luise von Walther von Herbstenburg, è sorella di Wilhelm, eletto per i tedesco-liberali all’ultima dieta tirolese prima della guerra (1914) e poi deputato al parlamento italiano (1921). (3) Si era sposata a Bolzano e aveva avuto tre figli: una femmina, Paula, e due maschi, Bernhard e Meinhard, quest’ultimo destinato a diventare un musicista di livello internazionale. (4) Come si vede, Bernhard Zallinger è inserito sin dalla nascita in un’importante rete familiare dell’alta borghesia bolzanina.

Nel 1911 conclude un brillante percorso di studi (in cui ha frequentato anche un semestre a Pisa) con la promotio sub auspiciis imperatoris all’università di Innsbruck (uguale esito avrà qualche mese dopo l’amico Karl Tinzl di Silandro). Le cronache sulla cerimonia, che vede la partecipazione di autorità civili sia dal Tirolo che da Vienna, ricordano tra l’altro il ruolo che la famiglia Zallinger ha avuto nel campo degli studi presso lo stesso ateneo: un matematico e fisico tra Settecento e Ottocento, un filosofo e ovviamente il padre storico. (5)

Subito dopo (1912) si stabilisce a Merano, dove si sposa e comincia la pratica forense. Si specializza soprattutto nel campo delle transazioni economiche e cura gli interessi di diversi ospiti forestieri nel rinomato e internazionale Kurort lungo il Passirio.

Scoppiata la guerra, date le conseguenze sulla mobilità di una gamba lasciategli da una poliomelite, svolge il suo servizio militare in compiti amministrativi. Il conflitto gli impone soltanto un ritardo nell’avvio alla professione: solo nel gennaio del 1918, infatti, viene iscritto all’Albo degli avvocati con residenza a Merano.

 

 

L’attività politica nel primo dopoguerra

 

Nel dopoguerra incomincia la sua attività politica. È opportuno aprire una breve parentesi sul quadro della politica sudtirolese dell’epoca. Prescindendo dal partito socialdemocratico, tradizionalmente debole in regione, vi sono nel Sudtirolo tedesco due schieramenti da sempre avversari ma che la guerra e l’annessione hanno avvicinato su base etnico-nazionale. Da un lato vi sono i cattolici della Tiroler Volkspartei, guidati a sud del Brennero da Eduard Reut-Nicolussi (ex membro della dieta di Innsbruck e del parlamento di Vienna) e che dominano soprattutto nelle aree rurali. Dall’altro lato vi è il campo liberale, abbastanza forte nelle città di Bolzano, Merano e Bressanone. Questa compagine è assai variegata e ha avuto tanti nomi: liberali, vecchi liberali, liberali radicali, tedesco-nazionali ecc. Figure di spicco sono tra gli altri il sindaco di Bolzano Julius Perathoner, quello di Merano Max Markart, il barone Paul von Sternbach e Wilhelm von Walther, zio da parte materna di Bernhard Zallinger. Tutte le precedenti formazioni liberali si sono unite nel dicembre 1918 nei Deutsch-Freiheitlichen (tedesco-liberali). 

È proprio di questa nuova formazione che Zallinger diventa uno dei protagonisti, conferendole anche una certa sua impronta, un tratto che si può dire distintivo di tutto il suo approccio politico: appello al realismo e disponibilità al dialogo col nuovo Stato. Per i liberali sudtirolesi le chiusure etniche di tipo sentimentale sono irrazionali e controproducenti. Si orientano infatti sin da subito verso una strategia di compromesso con il nuovo Stato, pur con molte cautele nei toni per non prestare il fianco all’accusa di tradimento etnico. In un articolo della “Meraner Zeitung” del settembre 1919, dopo aver espresso cordoglio per il seppellimento di ogni speranza di poter rimanere con la madrepatria austriaca  ̶  però si parla significativamente solo di Deutschtum, in quanto i liberali erano favorevoli all’unificazione austro-tedesca  ̶  si indica la strada del futuro non in una chiusura ma in una collaborazione. Solo attraverso il reciproco riconoscimento tra Stato e minoranza sarà possibile ottenere un’autonomia e una tutela della lingua e cultura tedesca. Interessante anche il continuo riferimento al piano economico: solo attraverso il rafforzamento economico i sudtirolesi salveranno anche il loro carattere tedesco. L’importante articolo programmatico non è firmato, ma è probabile che nella stesura lo stesso Zallinger, insieme allo zio Wilhelm von Walther, abbia avuto un ruolo di rilievo.

 

Coloro che oggi si ritirano in un oscuro risentimento non sono affatto utili alla sopravvivenza della nostra identità tedesca. No, non vogliamo stringere un matrimonio d’amore, ma un matrimonio di convenienza, un matrimonio basato sulla buona volontà e la stima reciproca [...] Vogliamo sì essere tedeschi, ma anche saggi! (6)

 

Nell’ottobre dello stesso anno (1919) i due partiti, cattolico e liberale, si alleano sotto il comune tetto del Deutscher Verband in Südtirol (DVS). Annunciano di non voler con ciò rinunciare ai propri specifici valori, che li dividono idealmente, ma di volersi alleare per una politica comune a difesa del gruppo etnico. Il direttivo è composto pariteticamente da cinque cattolici e cinque liberali e la presidenza viene mensilmente alternata.

Il 18 ottobre 1919 la delegazione di quattro esponenti del DVS (Eduard Reut-Nicolussi, Friedrich von Toggenburg, Walther von Walther, Bernhard Zallinger) si reca a Roma per presentare le proprie richieste al presidente del consiglio Saverio Nitti e poi a Francesco Salata, commissario per le nuove province. Essi dichiarano che, a fronte di un’autonomia politica e amministrativa, il gruppo sudtirolese collaborerà lealmente per una rinascita economica della provincia. Nitti li invita a formulare in tempi brevi una proposta. Com’è noto, la proposta che la delegazione del DVS presenta in occasione di un secondo viaggio a Roma (16-22 aprile 1920) è quella di un’autonomia integrale, che sarebbe possibile all’interno di uno Stato federale, come certo non è il Regno d’Italia.

Nel frattempo si registra una forte reazione trentina all’idea di due province separate. In questo contesto il 9 maggio 1920 il DVS organizza una grande manifestazione a Merano, sulla piazza davanti alla stazione, davanti al monumento di Andreas Hofer appena inaugurato, dove si sono radunate circa 10.000 persone provenienti perlopiù dal Burgraviato e dalla Venosta.

Zallinger è il primo degli oratori. Da buon avvocato, comincia il suo discorso con motivi patriottici, dato che i liberali devono sempre cautelarsi da possibili sospetti di “collaborazionismo” con gli italiani, di cui si avvantaggerebbe la Tiroler Volkspartei. Affronta quindi il tema centrale: l’opposizione trentina all’idea di un’autonomia separata. La questione, in poche parole è la seguente: sotto l’Austria i trentini, come italiani, chiedevano per sé un’autonomia separata da Innsbruck e adesso non vogliono concederla ai sudtirolesi. E qui è interessante il raffronto con una riflessione dello stesso Zallinger di trent’anni dopo. In quello che definirà un «esame di coscienza fra sudtirolesi» (Die Grundlagen der Südtiroler Politik, 1949) scriverà: «Come sarebbe stata migliore la nostra posizione nel 1920 se avessimo potuto dire: noi tirolesi non abbiamo impedito a voi trentini la vostra autonomia». Esattamente il 9 maggio di due anni prima (a guerra ancora in corso) il Tiroler Volksbund, la lega transpartitica del Tirolo tedesco, aveva proposto nei suoi «14 punti» (contrapposti a quelli di Wilson) una politica di repressione e di ferreo controllo sull’italianità del Trentino.

Nel giugno 1920, dalle forze riunite del “Bozener Tagblatt” e della “Meraner Zeitung”, sotto la direzione di Bernhard Zallinger e con finanziamenti germanici, nasce la “Südtiroler Landeszeitung”, quotidiano che durerà fino al dicembre 1922. Nell’ottobre 1920 Zallinger, insieme all’ingegner Paul Welponer, già presidente della Camera di Commercio, si reca a Berlino per un colloquio con il ministero degli Esteri germanico. La politica di avvicinamento all’Italia da parte di Berlino vede come attori locali privilegiati proprio i liberali rispetto ai cattolici. Nel promemoria che Zallinger porta a Berlino, pubblicato da Leopold Steurer, (7) vengono esposti i seguenti punti:

- per la conservazione del «deutsches Volkstum» della minoranza sudtirolese, la premessa è rafforzamento economico; bisogna impedire l’arrivo del grande capitale italiano. Il capitale germanico deve partecipare alla costruzione di infrastrutture (centrali elettriche, industria di nitrati di calcio, lavorazione legno);

- sarebbe opportuno aprire un consolato germanico a Bolzano;

- bisogna favorire le esportazioni dalla Germania in Sudtirolo e viceversa l’esportazione di vini e frutta;

- bisogna favorire la frequenza di universitari sudtirolesi in Germania.

I contatti con la Germania proseguono, anche se dalla fine del 1921 Berlino cessa di dare contributi alla “Südtiroler Landeszeitung” per evitare problemi diplomatici con l’Italia. Va sottolineato che non li ha mai concessi alla casa editrice cattolica Tyrolia, che tra il resto era contraria all’idea di un Anschluss austro-tedesco.

 

 Zallinger

 

 

L’avvento del fascismo e l’espulsione

 

Nel frattempo la situazione della minoranza tedesca in Italia peggiora. I fascisti fanno dell’Alto Adige uno dei cavalli di battaglia della loro propaganda e si verificano le due grandi spedizioni di camice nere dell’aprile 1921 e dell’ottobre 1922. Quando Mussolini sale al governo, il partito fascista locale offre al DVS un accordo: in cambio di una dichiarazione di lealismo verso l’Italia, il partito fascista promette tutela linguistica e culturale ai tedeschi dell’Alto Adige. La discussione all’interno del DVS è aspra: Reut-Nicolussi parla di un «accordo tra il lupo e l’agnello», i liberali ribattono che non si perde nulla a firmarlo. In ogni caso, pochi mesi dopo, la politica fascista verso l’Alto Adige si indirizza sulla linea di radicale snazionalizzazione propugnata da Ettore Tolomei.

In quegli anni Zallinger si dedica intensamente all’attività di avvocato, soprattutto come procuratore degli interessi di ex sudditi germanici in Italia, sui cui beni pende la minaccia di liquidazione e incameramento da parte dello Stato; una questione giuridica internazionale abbastanza complessa. Probabilmente è questo il motivo per cui nel luglio 1927 la sua domanda di cittadinanza (era nato per caso a Innsbruck) viene definitivamente respinta dopo essere rimasta per sette anni in sospeso. Per Zallinger è un colpo durissimo e inaspettato. Per lui significa chiudere l’attività professionale e trasferirsi in Austria nel giro di due anni.

La stampa tedesca segnala il fatto come una ennesima persecuzione delle autorità italiane e lo mette in relazione con l’attività di Zallinger in difesa degli interessi germanici. (8) Il quotidiano fascista “La Provincia di Bolzano”, associando il caso di Zallinger a quello di Reut Nicolussi, si esprime con l’insolenza tipica del periodo della direzione del federale Alfredo Giarratana.

 

Accanto al Sig. Reut Nicolussi sta molto bene l’ex avvocato Bernardo Zallinger, di Merano, il quale col suo ricorso pretende nientemeno che di essere iscritto all’Albo senza aver ottenuto neppure la cittadinanza italiana. Questa non è sfacciataggine: è idiozia. Non è certamente con questi idioti che i tirolesi possono combattere la loro battaglia, perché con gente simile si perdono tutte. (9)

 

Zallinger si trasferisce così con la famiglia a Salisburgo dove ancora vive il padre. Nel 1930 risulta iscritto all’albo degli avvocati di quella città. Il 1933 è un anno di lutti familiari: muoiono sia il padre che la moglie, da tempo malata. Zallinger comincia a lavorare anche a Vienna, fino a spostare verso il 1935-36 il suo studio nella capitale.

Se la prima guerra mondiale non aveva inciso particolarmente sulla sua vita privata, la seconda ha un impatto molto drammatico. Nel novembre 1942 muore sul fronte orientale il figlio primogenito (omonimo) di 29 anni; nato nel periodo meranese, aveva anch’egli studiato legge e si era sposato proprio nell’estate di quell’anno. Inoltre nel 1944 l’appartamento dei Zallinger a Vienna viene totalmente distrutto da un bombardamento.

Quando nel dopoguerra decide di tornare in Alto Adige, a Merano, non ha la cittadinanza italiana e non può esercitare la professione. Ha una nuova moglie e due figlie a cui provvedere. Marianne è nata a Merano nel 1921, ha cominciato gli studi di medicina a Vienna e diventerà una stimata dottoressa di famiglia, conosciuta da gran parte dei bolzanini. Adelheid (1940-1983), nata a Vienna dal secondo matrimonio, è ancora piccola: diventerà un’apprezzata storica dell’arte locale, assistente di Nicolò Rasmo.

 

 

Il ritorno in Sudtirolo

 

È probabile che in questa critica fase della sua vita, tornando in patria, abbia per prima cosa sondato le vecchie amicizie e conoscenze per vedere se vi fosse ancora un ruolo per lui. C’è traccia di un contatto con Eduard-Reut Nicolussi, che risiedeva a Innsbruck (10); a Bolzano lo zio Walther von Walther rimaneva un riferimento negli ambienti economici; l’amico di gioventù Karl Tinzl, con il quale rimarrà fino alla fine in cordiali e stretti rapporti, svolge un importante ruolo dietro le quinte in seno alla SVP, nonostante i suoi problemi di legittimazione (era stato commissario prefettizio nel periodo nazista). In ogni caso il quadro politico del secondo dopoguerra deve averlo ben presto deluso.

 

Tornò in Sudtirolo [...] probabilmente anche supponendo che sarebbe stato accolto nella direzione della politica sudtirolese grazie alla sua intelligenza ed esperienza politica e alla sua profonda conoscenza della storia e del diritto costituzionale [...] È comprensibile che un uomo della sua intelligenza e del suo orgoglio abbia da allora in poi intrapreso la propria strada. (11)

 

Tra le varie ipotesi che si possono avanzare su quale possa essere stato il primo contatto di Zallinger con la stampa tedesca filogovernativa, propenderei per una “via meranese”. Zallinger nei primi tempi del suo ritorno si stabilisce a Merano e nulla di più facile è che tra le sue antiche conoscenze vi fosse quella con la famiglia di imprenditori Fuchs. Hans Fuchs è all’epoca editore del settimanale “Der Standpunkt” (1947-1957) a cui arrivano regolari contributi dell’Ufficio Zone di Confine (UZC), presso la Presidenza del consiglio dei ministri, guidato da Silvio Innocenti. (12)

La motivazione politica per cui Zallinger si avvicina allo “Standpunkt” è invece facilmente delineabile. Ha trovato in Sudtirolo un partito di raccolta radicalmente diverso rispetto al suo antico Deutscher Verband: la Südtiroler Volkspartei non rappresenta una semplice “lista comune”, un tetto comune tra diverse anime. Ai suoi occhi l’SVP rappresenta l’antica Tiroler Volkspartei che ha assorbito, “fagocitato” e annullato i liberali. Fino all’autunno del 1948 Zallinger nutre la speranza che l’anima liberale del partito (incarnata dai vari Braitenberg, Raffeiner, Amonn) si riveli abbastanza forte da imporsi come corrente paritaria rispetto a quella popolare-cattolica (incarnata dal canonico Gamper e dall’Athesia) oppure se ne distacchi completamente: in altre parole spera che risorga lo schieramento liberale. La sua avversione alla politica sudtirolese si indirizza in particolare verso il monopolio informativo dell’Athesia (“Dolomiten” e “Volksbote”), che a suo giudizio tiene sotto giogo il partito.

Zallinger comincia la sua collaborazione con lo «Standpunkt» il 25 giugno 1948 con un articolo di ampio respiro e del tutto privo di polemica. (13) Il tema è la cultura sudtirolese. Essa non è minacciata dalla convivenza con quella italiana, ma bisogna rafforzarla in tutti i settori, dalla scuola all’alta cultura. La stessa lingua tedesca, dopo vent’anni di fascismo, va migliorata, rischia di diventare un patois. Bisogna chiedere molti fondi per le strutture scolastiche e culturali. Propone tra le altre cose la nascita di una grande biblioteca in lingua tedesca a Bolzano, con sale di lettura, emeroteca, con letteratura alta e popolare. Propone di accogliere in Sudtirolo gli universitari italiani che studiano germanistica, in modo che il Sudtirolo diventi il ponte tra mondo italiano e tedesco.

In un altro articolo parla del problema della reciproca fiducia (Vertrauensfrage). Deve esserci la fiducia dello Stato che i sudtirolesi non vogliano essere irredentisti e la fiducia dei sudtirolesi che l’Italia non voglia tornare al Ventennio fascista.

 

Dal 1946 un irredentismo in Sudtirolo è impensabile. Il governo italiano lo sa bene quanto noi. Da parte nostra, siamo abbastanza forti   ̶   a condizione di perseguire una vera politica   ̶   per impedire che si ripeta l'esperimento degli anni venti e trenta [...] Le paure di entrambe le parti sono di fatto infondate. (14)

 

Dedica diversi articoli al problema allora centrale delle riopzioni, sotto il profilo tecnico-giuridico ed economico, ma anche psicologico, come quello in cui focalizza la contrapposizione di cui si ha paura di parlare, quella tra Dableiber e Geher. Una lacerazione che permane, anche se non visibile in superficie. Un vero superamento potrà avvenire solo affrontando con serenità e obiettività le cause di quei fatti e di quelle scelte, che avvennero nel turbine di tensioni e paure collettive, emozioni irrazionali e menzogne. Le generalizzazioni in questo caso non porterebbero a nulla. Nel campo dei “Geher” vi furono le posizioni più disparate, dalla necessità economica, alla mancanza di prospettive, all’adesione identitaria al proprio gruppo ma senza coinvolgimenti ideologici. Alcuni tra essi, durante l’occupazione tedesca, si guadagnarono persino degli «indubbi meriti come buoni mediatori tra le autorità occupanti e la popolazione locale, anche italiana». Ma vi furono anche quelli che si fecero cultori di una Weltanschauung intollerante e razzista, caricandosi così di una grande responsabilità per il futuro della nostra terra.

 

Sotto il profilo storico si può assumere come provato che i “Bleiber” avevano ragione. Osteggiati e spesso perseguitati, non solo rimasero fedeli alla loro patria nelle circostanze più difficili, ma le resero anche un servizio il cui decisivo valore divenne chiaro dopo la fine della guerra. Se a quel tempo non ci fossero stati dei sudtirolesi legalmente e ideologicamente qualificati e legittimati a parlare e negoziare per conto della loro terra, il destino del Sudtirolo sarebbe stato forse più triste. (15)

 

Riguardo alla novità portata dall’Accordo di Parigi e affrontando le paure che derivano dalla presenza di una larga fetta di opinione pubblica italiana tendenzialmente anti-autonomista, Zallinger segnala che la garanzia migliore è la realizzazione pratica, dinamica dell’autonomia, più che la sua difesa “statica”, chiusa in sé stessa e affidata unicamente all’aggancio internazionale.

 

Dobbiamo quindi fare i conti con il fatto che l’autogoverno politico della nostra provincia è un bene che dovremo continuamente riconquistare, per possederlo veramente. Ne consegue che dobbiamo considerare l’autonomia non solo come una fonte di diritti e privilegi, ma anche come una prova costante della nostra saggezza ed efficacia politica. (16)

 

Nell’ottobre 1948 Zallinger scrive il primo articolo esplicitamente polemico: proprio mentre con l’apertura della fiera di Bolzano e l’arrivo di politici si parla di un nuovo clima tra Italia, Austria e Germania, i «Südtiroler Patrioten» accusano il governo di ogni nefandezza. (17) Indica come pretestuose le critiche alla legge elettorale, nella quale è vero che non è stato rispettato il vincolo dei tre anni di residenza, ma è altrettanto vero che tale vincolo avrebbe colpito non solo italiani ma anche tedeschi. Altrettanto pretestuose gli sembrano le polemiche intorno al decreto sulle riopzioni che è stato concordato con l’Austria; quello che il governo aveva precedentemente offerto ai rappresentanti sudtirolesi era molto più “tenero” ed essi lo avevano rifiutato. E ancora vi è la questione della scuola ladina che secondo il “Dolomiten” violerebbe l’Elternrecht, cioè il diritto dei genitori. Zallinger sottolinea che se i ladini sono un gruppo linguistico devono avere un proprio sistema scolastico e l’Elternrecht non c’entra nulla. (18)

Commentando la stampa tirolese, Zallinger individua frequentemente una precisa volontà da parte di circoli tra Nord e Sudtirolo di danneggiare i rapporti diplomatici italo-austriaci, in particolare di mettere in imbarazzo il ministro degli esteri Karl Gruber, artefice da parte austriaca dell’accordo di Parigi. In occasione del viaggio a Roma del ministro (novembre 1948)   ̶   riferendosi a un articolo del settimanale “Stimme Tirols” che descriveva in termini apocalittici la situazione dei sudtirolesi   ̶   Zallinger scrive: «Die Mission, die Dr. Gruber in Rom zu vollbringen trachtet, hat der Autor des Sudtirols-Artikels in den “Stimmen Tirols” mit schlechten Vorzeichnen versehen». (19)

Se c’è una lotta da fare, nell’opinione pubblica di entrambi i gruppi, è di rasserenare la situazione emarginando gli estremismi da una parte e dall’altra. Così commenta le espressioni, secondo lui controproducenti, di Eduard Reut Nicolussi, che non si è rassegnato all’accordo di Parigi e immagina ancora per i sudtirolesi una lotta senza quartiere come nel 1918.

 

Gli amici sudtirolesi del professore [Reut-Nicolussi, nda] farebbero una buona azione se gli dicessero quanto poco sarà utile alla nostra terra se disseppellirà di nuovo la vecchia ascia avvelenata [...] Ma noi vorremmo chiedere agli italiani di far pervenire lo stesso consiglio alla gente che non riesce a staccarsi dalla scuola di Tolomei. (20)

 

Poco prima aveva giudicato errata (e pericolosa) la prospettiva fornita dal cosiddetto “testamento morale” (dicembre 1947) del barone Paul von Sternbach (21), che vedeva per il futuro del Sudtirolo solo due alternative: o un’autonomia integrale come le isole Aaland o una lotta fino all’ultimo. Dopo aver indicato l’incompatibilità del “caso Aaland” con la situazione sudtirolese, Zallinger riformula l’alternativa che si porrà in futuro: o la via politica dei fatti, degli accordi e della ragione oppure la riproposizione di un’utopia irrealizzabile, che presuppone un’inutile, dolorosa e controproducente lotta fino all’ultimo. (22)

Il Leitmotiv della riflessione di Zallinger coincide sempre con l’invito a superare il piano (per lui astratto) dell’alternativa tra autonomia o autodecisione. Il campo su cui la politica sudtirolese deve impegnare tutte le sue forze è invece quello economico e progettuale. Si occupa, per esempio, delle trattative sull’attuazione delle clausole economiche dell’Accordo di Parigi «importantissime per il nostro futuro economico». (23) Sottolinea il rilievo per l’economia sudtirolese che avrà in futuro lo sviluppo della Fiera campionaria internazionale di Bolzano (di cui nel 1949 assume l’incarico di responsabile dell’ufficio stampa). (24) Invita la politica provinciale a far inserire nei progetti che si stanno predisponendo con i fondi European Recovery Program la regolazione dell’Adige e dell’Isarco per motivi economici e agricoli. (25) Segnala l’urgenza del problema della pianificazione del rapporto tra città e campagna (con l’espansione di Bolzano che non deve sconvolgere l’assetto paesaggistico). (26) È un’impostazione che nel suo concetto di base ha non poche affinità, mutatis mutandis, con la tesi che un decennio dopo verrà sviluppata dalla corrente dell’«Aufbau» (1961): la battaglia etnica rischia di mettere in secondo piano le opportunità di rilancio economico che la minoranza sudtirolese può trarre dall’autonomia.

 

 

Saggi storici ed “esami di coscienza”

 

Il primo collegamento diretto tra Zallinger e l’Ufficio Zone di Confine è un suo memoriale del febbraio 1949, che giunge a Roma attraverso il direttore dell’“Alto Adige” e poi il Commissario del governo. Zallinger delinea un quadro pessimistico della situazione informativa all’interno del gruppo sudtirolese, dato il quasi assoluto monopolio dell’Athesia, che a sua volta s’identifica con il partito unico. Poi espone la sua proposta: un «numero unico», ovvero un libro che dovrebbe essere un «esame di coscienza» tra sudtirolesi e dovrebbe essere inviato, fuori commercio, a 10/15.000 lettori scelti: membri del clero locale, maestri di scuola, sindaci e segretari di comune, commercianti, liberi professionisti, artigiani ecc.

 

Per spiegare agli atesini la necessità di seguire nel loro stesso interesse una politica del tutto diversa da quella difesa dai loro attuali capi, bisogna pure sapere molte cose. Bisognerebbe che gli atesini fossero in grado di vagliare i singoli argomenti addotti a favore di questa tesi […] che siano al corrente di quanto è successo negli ultimi decenni nel campo della politica europea e mondiale; che conoscano quei fattori dai quali dipenderà in futuro lo sviluppo politico. Debbono conoscere insomma le fondamenta della questione, l’insieme delle sue premesse, l’abc della politica atesina. Cominceranno a riflettere, a farsi pensieri propri, a leggere probabilmente con maggior senso critico quanto scrivono il “Dolomiten” e il “Volksbote” facendo utili confronti tra i nuovi argomenti portati alla loro conoscenza e i vecchi dischi usati dalla stampa della SVP. (27)

 

Silvio Innocenti e gli altri referenti dell’UZC si mostrano subito interessati e qualche mese dopo Zallinger invia il manoscritto, che rivela sin dalle prime pagine un approccio di vasto respiro. La questione sudtirolese viene collocata e riletta sullo sfondo delle lotte nazionali dell’ultimo periodo della monarchia danubiana, poi dei totalitarismi tra le due guerre e infine della “guerra fredda” e della ricostruzione europea. Ci si accorge subito che il libro si pone su un piano del tutto diverso da quello propagandistico, presentando aspetti e argomentazioni inedite.

 

In questo “esame di coscienza” il dott. Zallinger analizza le ragioni storiche, politiche e soprattutto sentimentali che hanno determinato l’irrigidimento dei tedeschi dell’Alto Adige nei riguardi dell’Italia. L’esame prende in considerazione la lotta fra tedeschi e italiani, dentro il nesso dell’ex impero austriaco, inserendo così il problema altoatesino nel più vasto quadro dei rapporti fra Italia e Austria imperiale. Con questo metodo di esame, il libro, più che di propaganda, è un saggio storico utilissimo per rendersi conto dei vari atteggiamenti di classi dirigenti e di masse, al di qua e al di là della barriera alpina, dal prevalere delle tendenze nazionalistiche di oggi. (28)

 

 Zallinger

 

Qualcuno propone di pubblicarlo subito anche in italiano, ma Zallinger si oppone: conosce bene le dinamiche della contrapposizione etnica e il dibattito che vuole aprire deve essere esclusivamente interno al gruppo sudtirolese. Il libretto comincia a essere distribuito a metà marzo 1950. (29) Solo il 23 maggio, dopo due mesi di silenzio, il “Dolomiten” decide di dedicargli un lungo articolo in cui ne controbatte le tesi. (30) Il 3 giugno scende in campo anche il deputato Otto v. Guggenberg, segretario dell’SVP. (31) A questo punto interviene anche l’“Alto Adige”, che il 14 giugno attacca a testa bassa “Dolomiten”, Svp, Gamper e Volgger. (32) Il “Dolomiten” risponde prontamente, il giorno dopo, sempre in prima pagina. In poche parole, accade proprio il contrario di quello che aveva auspicato Zallinger. Invece che innescare una discussione interna ai circoli liberali e moderati della SVP, la questione viene trasformata in “battaglia” tra i due campi etnicamente avversi.

Cominciano anche azioni personalmente mirate contro Zallinger. Si cerca di farlo rimuovere dalla direzione dell’ufficio stampa della Fiera di Bolzano, incarico svolto da Zallinger per due anni (1949 e 1950). I due deputati SVP rifiutano di prendere parte all’inaugurazione e sia nel Sudtirolo che nel Nordtirolo partono velenosi articoli che chiedono la sua testa.

 

Quello di cui siamo molto, molto sorpresi, però, è il fatto che i circoli dirigenti organizzatori della Fiera di Bolzano abbiano nominato, tra tutte le persone, proprio il signor v. Zallinger a svolgere un ruolo decisivo nella gestione della Fiera. Volevano con ciò documentare che non sono interessati agli espositori austriaci e ai compratori e visitatori austriaci? (33)

 

Alla fine Zallinger, per evitare ulteriori polemiche, lascia la direzione dell’ufficio stampa della fiera. Negli anni seguenti continuerà invece il suo rapporto con l’Ufficio Zone di Confine. (34) Il lavoro più importante che produce è Il problema altoatesino sotto il profilo nazionale, politico ed europeo, che esce nel 1953 in edizione italiana, tedesca e inglese. (35) Si tratta di un volume assai più ampio e sistematico del precedente e rappresenta il contributo più interessante che Zallinger ha fornito alla storiografia di questa terra. Basti osservare che, a decenni di distanza, molti degli spunti trattati verranno scientificamente sviluppati dalla “nuova storiografia” sudtirolese: la questione trentina sotto l’Austria e l’«inimicizia ereditaria» italo-austriaca, le Opzioni come lacerazione del gruppo sudtirolese insieme alla corresponsabilità dei nazisti locali, il “vittimismo” della narrativa sudtirolese nel dopoguerra, gli effetti del monopolio politico-culturale di un partito unico su base etnica.

 

Zallinger 

 

Con Die Grundlagen Zallinger aveva proposto un “esame di coscienza” interno ai sudtirolesi, auspicando che ciò avvenisse contemporaneamente anche dall’altra parte. Anche da parte italiana, cioè, sarebbe stata necessaria secondo Zallinger un’analoga riflessione, in uno «spirito amichevole ed europeo», su errori, pregiudizi e infondati timori. Proponeva un «numero unico» come il suo, oppure una serie di articoli. Auspicio che alla fine non si è avverato: possiamo dire che è mancato, in quella primissima fase dello Statuto di autonomia, uno Zallinger italiano.

 

La speranza che il mio passo possa incontrare da parte italiana un’azione analoga, ispirata al medesimo spirito. Per me quindi rappresenta una straordinaria soddisfazione il fatto che diverse e stimate personalità del gruppo etnico italiano abbiano definito […] come una necessità politica una simile azione parallela da parte italiana […] Importante è che essa, in base al suo carattere intimo [ovvero di esame di coscienza interno al gruppo; sottolineato nel testo originale, nda], sia un riscontro al mio scritto, una risposta diretta al mio modesto tentativo di trattare i problemi altoatesini in uno spirito amichevole ed europeo. (36)

 

Bernhard Zallinger muore il 10 ottobre 1957, dopo una lunga malattia e in condizioni finanziarie molto precarie. Tra i necrologi che appaiono sulla stampa regionale italiana (37) e su quella tedesca filo-governativa (che sta lentamente spegnendosi), quello dell’amico Otto Vinatzer riassume così la direzione controcorrente, solitaria e nel breve periodo perdente, in cui si era mossa la sua riflessione.

 

I bastioni del nazionalismo erano ancora troppo forti da entrambe le parti per essere spezzati in un colpo solo. In magnis voluisse sat [est] e in questo senso dobbiamo riconoscere che il Dr. Bernhard von Zallinger ha voluto cose grandi e oneste e ha difeso con rigore le sue opinioni. (38)

 

Zallinger 

 

 

NOTE

 

1) Il testo corrisponde, con minime integrazioni bibliografiche, alla relazione tenuta al convegno 1920-2020. Dalla Annessione alle Opzioni fino alla Proporzionale: la convivenza nell’Alto Adige oggi (Merano, settembre 2021).

2) Otto von Zallinger zum Thurn (Bolzano 1856-Salisburgo 1933), allievo di Julius von Ficker, si mise in luce con Ministeriales und Milites (Wagner, Innsbruck 1878) conseguendo la libera docenza e poi la cattedra di storia del diritto germanico a Innsbruck e poi a Vienna. Molte sue pubblicazioni uscirono sulle “Mitteilungen des Instituts für Österreichische Geschichtsforschung”. Fu tra l’altro membro effettivo della Akademie der Wissenschaften di Vienna e corrispondente della Preussische Akademie der Wissenschaften di Berlino.

3) Wilhelm von Walther zu Herbstenburg (1870-1958), anch’egli di formazione giurista, fu segretario della Handelskammer di Bolzano e membro del direttivo della Spar- und Vorschußkasse Bozen.

4) Meinhard von Zallinger (Vienna 1897-Salisburgo 1990) dai primi anni venti fino agli anni sessanta fu uno dei protagonisti del panorama operistico europeo, da Salisburgo (Mozarteum) a Vienna, da Monaco di Baviera a Praga.

5) Si veda per es. “Innsbrucker Nachrichten”, 17 e 30 ottobre 1911; “Wiener Zeitung”, 18 ottobre 1911; “Allgemeiner Tiroler Anzeiger”, 30 ottobre 1911; “Vorarlberger Landes-Zeitung”, 17 ottobre 1911; “Salzburger Chronik für Stadt und Land”, 19 ottobre 1911.

6) «Nicht derjenige nützt unserem Deutschtum, der sich heute noch im finsterem Groll sich zurückzieht […] Nein, keine Liebesheirat, aber eine Vernunftehe wollen wir schlieβen, eine Ehe die auf gegenseitigem guten Willen und gegenseitiger Wertschätzung beruhrt […] Deutsche wollen wir sein, aber auch klug!». Der deutsche Süden, in “Meraner Zeitung”, 21 settembre 1919.

7) Leopold Steurer, Südtirol zwischen Rom und Berlin 1919-1939, Europa-Verlag, Wien 1980, pp. 71-72.

8) Eine neue Schikane der italienischen Behöhrden in Südtirol, “Tiroler Anzeiger”, 28 luglio 1927.

9) “Provincia di Bolzano”, 13 agosto 1927.

10) Philipp Trafojer, La Voce del Padrone: Der Standpunkt, in G. Steinacher, L. Steurer (a cura di), Im Schatten der Geheimdienste. Südtirol 1918 bis zur Gegenwart, Studien Verlag, Innsbruck 2003, p. 179.

11) «Er kehrte er nach Südtirol zurück [..] wohl auch in der Annahme, er werde dank seiner politischen Intelligenz und Erfahrung und ob seiner profunden historischen und verfassungsrechtlichen Kentnisse in die Führung der Südtiroler Politik aufgenommen werden […] Es ist begreiflich, dass ein Mann von seiner Intelligenz und auch seinem Ehrgeiz fortan seinen eigenen Weg ging.». O.V. [Otto Vinatzer], Dr. Bernhard von Zallinger, 12 ottobre 1957.

12) Cfr. il volume La difesa dell'italianità. L'ufficio per le zone di confine a Bolzano, Trento e Trieste (1945-1954), a cura di D. D'Amelio, A. Di Michele, G. Mezzalira, il mulino, Bologna 2015; in particolare sulla collaborazione di Zallinger: Carlo Romeo, Strategie e forme per la «propaganda di italianità» nell'Alto Adige del dopoguerra, pp. 231-254.

13) Für den kulturellen Aufbau, in “Der Standpunkt”, 25 Juni 1948. Come nei successivi articoli firma con la sigla O.Th.

14) «Eine Irredenta in Sudtirol ist seit 1946 undenkbar. Das weiss die italienische Regierung genau so gut wie wir es wissen. Wir unserseits sind – vorausgesetzt, dass wir wirkliche Politik betreiben – stark genug, eine Wiederholund des Experimentes der zwanziger und dreissiger Jahre […] zu verhindern. Die beiderseitigen Befürchtungen sind sachlich […] unbegründet». Die Vertrauensfrage, in “Der Standpunkt”, 30 Juli 1948.

15) «[Es] kann als erwiesen angenommen werden, dass vor der Geschichte di “Bleiber” recht behielten. Angefeindet und vielfach verfolgt, blieben sie nicht nur unter schwierigsten Verhältnissen ihrer Heimat treu, sondern leisteten ihr einen Dienst, dessen entscheidender Wert nach Kriegsende klar zutage trat. Hätte es damals nicht Südtiroler gegeben, die staatsrechtlich und ideologisch befähigt und legitimiert waren, für ihr Land zu sprechen und zu verhandeln, wäre es um das weiter Schicksal Südtirols wahrscheinlich traurig bestellt gewesen». «Bleiber» und «Geher», in “Der Standpunkt”, 28 Januar 1949.

16) «Wir haben also damit zu rechnen, dass die politische Selbstverwaltung unseres Landes stets ein Gut bilden wird, das wir immer aufs Neue erwerben müssen, um es zu besitzen. Daraus folgt, dass wir die Autonomie nicht allein als Quelle von Rechten und Privilegien, sondern auch als dauernde Bewährungsprobe für unsere politische Klugheit und Tüchtigkeit betrachten müssen». Autonomie und politische Dynamik, in “Der Standpunkt”, 3 September 1948.

17) Auf der schiefen Ebene, in “Der Standpunkt”, 1° ottobre 1948.

18) Der ladinische Schulstreit, in “Der Standpunkt”, 22 ottobre 1948.

19) «L'autore dell'articolo sul Sudtirolo degli "Stimmen Tirols" ha contrassegnato negativamente la missione che il Dr. Gruber si appresta a compiere a Roma». Stimme Tirols?, in “Der Standpunkt”, 5 novembre 1948.

20) «Die Südtiroler Freunde des Professor [Reut-Nicolussi, nda] täten ein gutes Werk, ihm mitzuteilen, wie wenig er unserem Lande nützt, wenn er das alte und vergiftete Kriegsbeil wieder ausgräbt […] Die Italiener aber möchten wir bitten, den gleichen Rat an die Leute weiterzugeben, die von der Schule Tolomeis nicht loskommen». Sie können’s nicht lassen, in “Der Standpunkt”, 25 marzo 1949.

21) Il barone Paul von Sternbach (1869-1948), nel periodo asburgico membro della dieta tirolese, poi eletto nel 1924 al parlamento italiano con il DV. Nel 1939 fu tra i Dableiber. Arrestato nel 1943 dai nazisti e confinato a Innbruck, nel dopoguerra tornò in Sudtirolo.

22) Die Schicksalsfrage für Südtirol, in “Der Standpunkt”, 3 dicembre 1948. L’occasione dell’articolo era stato il discorso pronunciato da Eduard Reut-Nicolussi in memoria del barone von Sternbach.

23) Verhandlungen in Rom. Die Wirtschafsbesprechungen Italien-Österreich, in “Der Standpunkt”, 14 gennaio 1949.

24) Vorschau auf die Bozner Messe 1949, in “Der Standpunkt”, 11 febbraio 1949.

25) Dringliche Arbeitsvorhaben, in “Der Standpunkt”, 4 marzo 1949.

26) Stadt und Landschaft, in “Der Standpunkt”, 4 febbraio 1949.

27) Promemoria di B. Zallinger, 19 febbraio 1949. Archivio Presidenza Consiglio Ministri, Ufficio Zone di Confine, Sez. III, b. 101, “Zallinger Dr. Bernardo. Pubblicazione di un opuscolo in lingua tedesca”.

28)  “Appunto sul manoscritto del dottor Bernardo Zallinger”, Ibi.

29) Bernhard Zallinger-Thurn, Die Grundlagen der Südtiroler Politik, 1949.

30) Die Grundlagen der Südtiroler Politik von Dr. Bernhard Zallinger-Thurn, “Dolomiten”, 23 maggio 1950. L’anno dopo uscirà anche in italiano: I capisaldi della politica alto-atesina, Roma 1951.

31) Otto von Guggenberg, Im eigenen Spiegel (Eine offene Antwort), “Dolomiten”, 23 giugno 1950.

32) La situazione in Alto Adige vista da un autentico sudtirolese, in “Alto Adige”, 14 giugno 1950.

33) «Worüber wir aber sehr, sehr wundern, ist die Tatsache, daβ die maβgebende Kreise der Veranstalter der Bozner Messe ausgerechnet Herrn v. Zallinger bestimmt haben, eine maβgebliche Rolle bei der Leitung der Messe zu spielen. Wollten sie damit dokumentieren, daβ ihnen am Besuch österreichischer Austeller und österreichischer Einkäufer und Besucher nichts gelegen ist?». “Tiroler Nachrichten”, 10 agosto 1950.

34) Per esempio con l’opuscolo Das Elternrecht in der Schule (Bolzano 1951) che verrà tradotto in italiano l’anno dopo (Il diritto dei genitori nella scuola, Trento 1952). Si trattò invero di piccoli incarichi circoscritti e con modesti compensi, elargiti in varie forme. Per il lavoro più impegnativo (il libro edito in italiano, tedesco e inglese Il problema altoatesino, cfr. nota seguente) Zallinger ebbe un compenso di 600.000 lire (ca. 10.000 euro attuali). Nel periodo in cui fu “costretto” ad abbandonare l’incarico alla Fiera, vi fu un sussidio mensile (corrispondente a ca 1500 euro attuali) corrisposto per quattro mesi, dalla fine del 1950 all’inizio del 1951 e in seguito due incarichi di studio (per un totale di 3.000 euro attuali).

35) Bernhard Zallinger-Thurn, Il problema altoatesino sotto il profilo nazionale, politico ed europeo, ed. Cappelli, Bologna 1953.

36) Memoriale Zallinger a S. Innocenti. Bolzano luglio 1950, in PCM, Uzc, sez.III, b. 101, f. Zallinger Dr. Bernardo.

37) La morte dell’avv. Bernhard Zallinger, “Alto Adige”, 11 ottobre 1957.

38) «Die Burgen des nationalistischen Gedankengutes standen auf beiden Seiten noch viel zu fest, als das es im einem einzigen Anlauf hätte gelingen können, sie zu brechen. In magnis voluisse sat [est] und in diesem Sinne müssen wir anerkennen, dass Dr. Bernhard von Zallinger Grosses und Redliches gewollt hat und seine Auffassungen unbeugsam vertreten hat». O.V. [Otto Vinatzer], Dr. Bernhard von Zallinger, in “Alpenzeitung”, 12 ottobre 1957.