Salorno 

Parentele, interessi, fidanzamenti e matrimoni in una faida della piccola nobiltà sulle rive dell’Adige

 

 

Nella Bassa Atesina, Salorno si distingue per la presenza di numerose casate nobiliari che hanno avuto una rara continuità dal Medioevo a tutta l’età moderna. Ne rimane traccia non solo nella loro plurisecolare presenza nei ruoli chiave dell’amministrazione, economia e difesa di Salorno e dintorni, ma anche nelle storiche residenze che ancora oggi caratterizzano le vie principali del paese. Tra esse le famiglie An der Lahn, Coreth, Bombardi, Dorffner «von Angerheim», Feigenputz, Fenner, Johanneser, von Vilas, Gelmini, Lutterotti e tante altre.

 

Alla temperie secentesca, in un rissoso intreccio di onore, parentele e interessi economici, riporta quest’episodio di cronaca, il cui processo è stato ricostruito da Richard Staffler nel 1959: Feigenputz contra Johanneser. Ein Inquisitionsprozeß aus dem alten Salurn, in «Der Schlern», 33, pp. 398-403. (c.r.)

 

Rif. bibliografico: Romeo, Carlo, Salorno: L'età moderna XV-XVIII sec.(cap. IV, pp. 106-159), in: C. Terzer, C. Romeo, A, Raffeiner, Salorno. Una storia lungo il fiume, edito dal Comune di Salorno sulla Strada del Vino, Lavis (TN) 2023, qui pp. 154-155. Sommario qui

 

 nobiltà tardo secentesca

 

 

Una questione d’onore nella Salorno secentesca.

Il caso Johanneser-Feigenputz

 

di Carlo Romeo

 

 

L’8 dicembre 1689, recandosi al mattino presto alla “messa rorate” d’avvento, il ventitreenne Johann Carl Feigenputz von Griesegg venne aggredito da quattro individui che lo colpirono ripetutamente con bastoni al punto da farlo stramazzare a terra. Secondo la sua denuncia, costoro sarebbero stati anche armati di pistola. L’ufficio capitanale di Bolzano incaricò della questione Carl Lorenz Ferrari, giudice di Lavis, che il 13 dicembre si recò alla residenza del Feigenputz a Salorno trovandolo nelle mani di due chirurghi. Il giudice interrogò il nobile e i testimoni acquisendo nuovi dettagli.

Il fatto era avvenuto verso le cinque e mezza del mattino presso la cappella di San Giuseppe. Presenti erano la consorte del Feigenputz e due servitori (una donna e un uomo) che tenevano le lanterne. Poco prima di entrare nella chiesetta, il nobile aveva udito una voce di richiamo («ola») e si era fermato pensando che qualcuno si fosse rivolto a lui. Si erano avvicinate tre o quattro persone e lui avrebbe colto le parole pronunciate in italiano: «È questo un trattare da cavaliere?». A questo punto gli sconosciuti lo percossero sulla testa e sul braccio. Uno avrebbe addirittura estratto una pistola e premuto il grilletto, ma il colpo non sarebbe partito. Alle urla dei suoi, gli sconosciuti erano fuggiti, portandosi via il cappello del Feigenputz.

Secondo voci riportate dal fratello della vittima, tra gli aggressori vi sarebbero stati un certo Forbesetta e un certo Poda di Trento. Costoro sarebbero giunti a Salorno a cavallo e poi si sarebbero ritirati in direzione sud.

Alle indagini prese parte anche il giudice di Salorno, il dottor Johann Baptist Locherer, che ascoltò i chirurghi che avevano prestato le cure al Feigenputz. Si trattava del barbiere di Salorno Christoff Weiss e di quello di Lavis Ferdinand Paniza. Entrambi concordarono sul fatto che non si trattava di ferite gravi. Da parte sua il Feigenputz, la vittima, espresse con chiarezza la propria convinzione riguardo al mandante: non poteva essere stato altri che suo cognato Franz Anton Johanneser, dal quale già in passato aveva ricevuto offese.

 

 Salorno

 

La chiesa di San Giuseppe a Salorno

 

Per orientarsi nella complessa trama di questa faida nobiliare nella Salorno secentesca, occorre chiarire i rapporti tra i protagonisti. L’allora ventiquattrenne Franz Anton Johanneser era figlio primogenito di Isak Johanneser von Sankt Johannes, già capitano di Salorno, e di Rosina Röll von Liebenstein. Aveva sposato Eleonore Feigenputz von Grieseck e aveva una sorella, Maria Klara, in età da marito e che, secondo accordi familiari, sarebbe dovuta andare in sposa proprio a Johann Carl Feigenputz, ovvero al fratello della moglie. Il “doppio matrimonio” avrebbe unito ancor più strettamente due delle più importanti casate salornesi.

 

A complicare però la situazione, Rosina Röll, morto il marito, aveva sposato in seconde nozze il nuovo capitano di Salorno, Pankraz Campi von Heiligenberg, che aveva già una figlia dal precedente matromonio, Anastasia Sarebbe stata proprio quest’ultima la figura centrale che avrebbe fatto divampare la faida. Infatti il giovane Feigenputz, invece che per la “promessa sposa” Maria Klara, cominciò a nutrire interesse verso Anastasia. 

 

Nel corso delle indagini diversi testimoni ricostruirono l’escalation della contesa. Già nell’estate dell’anno precedente avevano assistito a uno screzio tra il Feigenputz e lo Johanneser presso il ponte sull’Adige, là dove i gentiluomini si recavano per la frescura. Allora il tutto si era risolto con violenti scambi verbali. Il casus belli fu però inevitabilmente innescato quando il Feigenputz, rotto il fidanzamento con la sorella dello Johanneser, sposò Anastasia, la figlia del capitano di Salorno Pankratius Campi. La cosa dovette far salire il sangue alla testa allo Johanneser. Un giorno, proprio a casa del Campi, questi minacciò con la pistola il Feigenputz e a stento fu fermato da suo fratello e da altri intervenuti.

Particolarmente tesa fu la posizione in cui venne a trovarsi la moglie del Campi, Rosina Röll, chiamata Frau Pflegerinmadre della fidanzata ripudiata e allo stesso tempo “matrigna” della sposa del Feigenputz. Tra le due donne, Rosina e Anastasia, vi furono subito scintille. Un giorno, in occasione di una messa celebrata presso la cappella di San Giuseppe (eretta e beneficiata proprio dai Feigenputz), nel banco davanti alla Frau Pflegerin prese posto Anastasia. Costei, intenzionalmente o no, urtò il libro di preghiere di Rosina, facendolo cadere e provocando un vivace diverbio. Poco tempo dopo, nella cappella di Santa Margherita a Cauria, luogo frequentato in estate dalle nobili famiglie salornesi per sfuggire alla calura del fondovalle, si stava battezzando un bambino della famiglia d’origine di Rosina (i Röll). Quest’ultima vi presenziava con un vistoso cappello di paglia. Passando casualmente per di là, il Feigenputz si sarebbe rivolto ai suoi accompagnatori con parole di derisione verso la donna e il suo copricapo, aggiungendo il termine «putana» e senza neppure rispondere all’immediata richiesta di scuse da parte dell’infuriata donna. Non ottenendo soddisfazione dal marito, il capitano Campi (anch’egli nella scomoda posizione di coniuge di Rosina e suocero del Feigenputz), la Frau Pflegerin avrebbe cominciato ad aizzare amici e conoscenti, dicendo pubblicamente che avrebbe saputo lei stessa difendere il suo onore. Correva voce che sconosciuti avessero tentato di penetrare da una finestra in casa del Feigenputz.

Nel frattempo (giugno 1689) il Campi aveva provveduto a raccogliere in un baule la dote della figlia neo-sposa. La moglie pretese di vederne il contenuto e al rifiuto del marito ne informò il proprio figlio, Franz Anton Johanneser. Costui si recò a casa del Campi insieme al fratello e a un servo (armato di archibugio). Franz Anton estrasse una pistola puntandola verso il Campi, il quale fuggì al piano di sotto e poi corse alla casa del giudice, il già citato dottor Wilhelm Locherer, pregandolo di intervenire. Questi, accompagnato da un paio di servitori, si recò a casa del Campi, trovando all’ingresso uno dei servi dello Johanneser, un italiano. La descrizione dell’armamento è quella tipica di un «bravo»: oltre all’archibugio nella mano, gli pendevano ai fianchi due pistole. Da «bravo» furono anche le parole con cui replicò alla richiesta del giudice di allontanarsi: egli prendeva ordini solo dal suo padrone, Franz Anton Johanneser, colui che gli procurava il pane. Salito nella sala al secondo piano, il dottor Locherer riuscì finalmente a convincere i due fratelli Johanneser ad allontanarsi dalla casa. L’immediata conseguenza dell’irruzione fu la separazione dalla moglie da parte del Campi, che da allora si fornì di una persona armata di scorta.

 

Salorno 

 

Le indagini sull’aggressione al Feigenputz si concentrarono su una “via trentina”. Con Trento, infatti, lo Johanneser aveva frequenti contatti e da lì sarebbero arrivati i “sicari”. Pochi giorni prima dell’aggressione vi si era recato a cavallo, incontrandosi con il signor Giuseppe Giovanelli di Borgo Valsugana. Nel suo interrogatorio, lo Johanneser disse di essere completamente estraneo al fatto, di non essersi mai immischiato negli affari della madre e di recarsi spesso a Trento per acquisti. Le indagini trentine aggravarono però gli indizi a suo carico: era stato visto intrattenersi all’«osteria del pesce» con Vincenzo Giovanni («Poda»), notoriamente un uomo violento, che sarebbe stato visto a Salorno poco prima dell’aggressione e che poi si sarebbe reso irreperibile.

Tra marzo e aprile del 1690 lo Johanneser produsse inutilmente due istanze: una di ricusa dei giudici e una di revoca degli arresti domiciliari. Richiese inoltre un’indagine riguardo alle ingiurie verbali che aveva subito la madre e raccolse un elenco dettagliato, con tanto di testimoni, di episodi di offese e tracotanze compiute nel paese dal suo rivale, Johann Carl Feigenputz, e dal Campi contro i suoi familiari e altri compaesani.

Il 24 aprile fu ordinata una perquisizione domiciliare a carico dello Johanneser, alla ricerca di eventuale corrispondenza che attestasse l’incarico di aggressione dato a gente di fuori. Il 20 maggio fu proibito a Rosina, consorte del capitano Campi, e al di lei figlio Franz Anton Johanneser di molestare in qualsiasi modo il predetto capitano e specificamente di lasciargli l’indisturbato possesso della sua dimora dove esercitava la sua funzione.

Non è rimasta altra documentazione che possa informare sulla conclusione del processo, che aveva coinvolto tra protagonisti e testimoni l’intera nobiltà di Salorno. Sappiamo che sia l’indiziato, Franz Anton Johanneser, che la vittima, Johann Karl Feigenputz, morirono giovani, rispettivamente nel 1701 e nel 1704. Ironia della sorte: la figlia del primo gentiluomo, Rosa, avrebbe sposato nel 1721 Karl Josef Feigenputz, figlio del rivale.