Un volume a più voci sui disertori tedeschi nella Resistenza italiana, curato da Mirco Carrattieri e Iara Meloni
Partigiani della Wehrmacht.
Disertori tedeschi nella Resistenza italiana
a cura di Mirco Carrattieri, Iara Meloni
Le Piccole Pagine, 2021 - EAN: 9788899171063
Nella Resistenza non tutti i tedeschi erano nemici. Fra il 1943 e il 1945, nel corso della campagna d'Italia più di mille soldati delle forze armate del Reich scelsero di disertare rischiando la pena capitale.
Molti di loro si unirono ai partigiani italiani. Alcuni rimasero uccisi, altri decisero di rimanere in Italia e di integrarsi nelle comunità che avevano contribuito a liberare. In questo volume raccontiamo le loro storie.
INDICE
Prefazione
di Lutz Klinkhammer
Introduzione
di Mirco Carrattieri e Iara Meloni
Disertori della Wehrmacht in Italia
di Francesco Corniani
Ognuno muore solo. Vita e lotta di Rudolf Jacobs sulle colline di Sarzana
di Luca Madrignani
Vortice torinese. Heinz Brauwers, dalla SS-Polizei di Himmler al distaccamento arditi «Alvaro»
di Roberta Caballini
Tra Fischia il vento, Pietà l'è morta, Ohi partigian, non pianger più e Liebe Mutter, wir sind Partisanen. Il contributo dei disertori tedeschi e austriaci nella Resistenza cuneese
di Matthias Röhrs
I disegni dei partigiani. Walter Fischer e i disertori tedeschi nella Resistenza reggiana
di Mirco Carrattieri
«E se io muoio da partigiano, tu mi devi seppellir…». Vita e morte di Jakob Hoch di Silvana Caroli e Alessandro Pigazzini
Per tutti era «Gino». Günter Frielingsdorff, disertore, superstite e partigiano in Maremma
di Marco Grilli
Un pastore partigiano. II percorso di Werner Goll dall'adesione alla Chiesa confessante in Turingia alla partecipazione alla Resistenza a Genova
di Chiara Dogliotti
Le parole degli altri. Heinz Riedt
di Martina Mengoni
Resa e Resistenza. Alfred Andersch tra letteratura e storia
di Iara Meloni
Scelte difficili per «tedeschi di confine». Disertori e Partisanen sudtirolesi (1943-1945)
di Carlo Romeo e Leopold Steurer
Oltre le montagne, i confini, le divise. Disertori della Wehrmacht tra Carnia, Alto Friuli e Austria (1944-1945)
di Monica Emmanuelli
Nella Resistenza «con entusiasmo e dedizione». Disertori cecoslovacchi nell'Oltrepò pavese
di Laura Bordoni
«Non si è più visto». Presenza e assenza dei disertori stranieri nelle brigate partigiane del Parmense
di Rocco Melegari
Dalla Presentazione di Lutz Klinkhammer
Partigiani provenienti dalle file della Wehrmacht? Tedeschi nella Resistenza italiana? E un tema davvero insolito, visto che i tedeschi, in quanto soldati occupanti, per la maggioranza degli italiani rappresentarono, dopo l'8 settembre 1943 e durante i venti mesi del dominio nazionalsocialista in Italia, il volto del nemico.
Ciò che accade in Italia in questo periodo a quei soldati tedeschi che passano alla macchia o alla Resistenza è strettamente connesso con le sorti della madrepatria: il loro comportamento rispecchia quello dei militari tedeschi in Germania o in altre parti d'Europa sotto il giogo nazista.
Occorre ricordare, infatti, che anche in Germania è esistito un movimento di resistenza contro la guerra di Hitler. Di piccole dimensioni, certamente, sia per la forza repressiva del regime sia per la sua pretesa di agire in nome della patria germanica. Fare resistenza significava quindi, per i tedeschi, combattere contro la propria patria o, meglio, contro quella distorta idea di patria plasmata dal nazismo.
Tuttavia, persino il professor Kurt Huber, l'ispiratore della Rosa Bianca, un uomo che ha influenzato e radicalizzato i giovani resistenti tedeschi, concluse la sua bozza di testo del quinto volantino con l'appello a continuare a combattere nelle file della Wehrmacht, una frase poi cancellata nella redazione finale da Hans Scholl e Alexander Schmorell. Insomma, pur desiderando liberarsi dal dominio nazista, non era facile per gli uomini tedeschi che avevano combattuto la prima guerra mondiale sperare in una sconfitta della propria nazione nella seconda.
Diverso l'atteggiamento di Sophie Scholl, che non scese mai a compromessi: nell'inverno 1941, quando il regime nazista organizzò la raccolta di indumenti di lana per i soldati tedeschi sul fronte russo, rifiutò di partecipare a questa azione di assistenza, nonostante il fatto che tra loro ci fosse anche il suo amico Fritz Hartnagel: «Se ora muoiono di freddo dei soldati tedeschi o dei soldati russi, è completamente uguale ed è ugualmente terribile. Noi dobbiamo invece perdere la guerra! Se facciamo ora la raccolta degli indumenti, contribuiamo a prolungare la guerra». Queste parole irritarono profondamente Fritz. Già nel 1939, infatti, Sophie gli aveva scritto di non accettare il patriottismo come giustificazione per fare la guerra: «Non mi dire che combatti per la patria!». Per tanti suoi coetanei maschi, invece, non era facile sottrarsi alla propaganda patriottica del regime.
Tuttavia, più la guerra continuava, ingigantendo il rischio della distruzione dello Stato nazionale tedesco, più aumentava il malcontento negli stessi ambienti conservatori, turbati dalla prospettiva di un'imminente catastrofe dell'assetto non solo politico, ma anche economico, che aveva garantito fino a quel momento la loro posizione sociale.
In ogni caso, la ragione più profonda che trasformò il dissenso in resistenza attiva è da ricercare nella coscienza e nelle convinzioni morali di alcune persone che decisero di rischiare la loro vita per lanciare un segnale politico. Perciò, l'attentato di Stauffenberg del 20 luglio 1944, nell'intenzione antinazista dei suoi ideatori, va ben oltre la Realpolitik che ispirò gli esecutori del golpe monarchico del 25 luglio 1943 in Italia. Ma il colpo di Stato in Germania fallì, sia perché Hitler sopravvisse all'attentato sia perché i congiurati non controllavano i centri del potere né avevano a disposizione, contrariamente ai loro omologhi italiani, un punto di riferimento istituzionale, dato che il Führer aveva eliminato ogni dualismo di potere e aveva assunto anche il ruolo di presidente della Repubblica.
Chi in Italia, dopo l'8 settembre 1943, scelse di abbandonare le file della Wehrmacht per unirsi alla Resistenza compì, ognuno nel suo piccolo e nei limiti delle sue possibilità, un atto simile a quello degli oppositori che tentarono di rovesciare il regime hitleriano il 20 luglio 1944 […]