Nella storia parlare di un “anno zero” significa compiere un arbitrio che riduce la capacità di comprendere la continuità storica. Anche se l’anno 1945 segna l’inizio di un nuovo sistema scolastico nella provincia di Bolzano, le scelte allora fatte non sono comprensibili senza tener presente la precedente storia dell’istruzione in Sudtirolo-Alto Adige che continuava a riaffiorare nelle varie proposte, argomentazioni e polemiche. (Rainer Seberich)

 

 

 

 

Autore: Rainer Seberich

Rif. bibl.: da L’invenzione di un sistema scolastico per la provincia di Bolzano. In: G. Mezzalira, F. Miori, G. Perez, C. Romeo (a cura di), Dalla liberazione alla ricostruzione. Alto Adige / Südtirol 1945-1948, © Edition Raetia / ANPI Comitato di Bolzano, 2013, pp. 151-176.

 

 

SOMMARIO DEL SAGGIO

 

LE PREMESSE

IL DOPOGUERRA: I PRIMI PASSI

BOLZANO: IL TENTATIVO DI UN ACCORDO

ROMA: LE PREOCCUPAZIONI DEL GOVERNO

IL PRIMO DECRETO PER LA SCUOLA ELEMENTARE

LA QUESTIONE DELLE SCUOLE SECONDARIE IN LINGUA TEDESCA

IL RUOLO DEL PREFETTO INNOCENTI

VERSO L’ASSETTO DEFINITIVO DELL’ORDINAMENTO SCOLASTICO

LA QUESTIONE LADINA

LA SCUOLA NELLE BOZZE DELLO STATUTO D’AUTONOMIA

L’ARTICOLO 15 DELLO STATUTO E LA SUA INTERPRETAZIONE

 

 

 

L’invenzione di un sistema scolastico per la provincia di Bolzano

di Rainer Seberich

 

 

LE PREMESSE

Nella storia parlare di un “anno zero” significa compiere un arbitrio che riduce la capacità di comprendere la continuità storica. Anche se l’anno 1945 segna l’inizio di un nuovo sistema scolastico nella provincia di Bolzano, le scelte allora fatte non sono comprensibili senza tener presente la precedente storia dell’istruzione in Sudtirolo-Alto Adige che continuava a riaffiorare nelle varie proposte, argomentazioni e polemiche.

Fra i sudtirolesi nel 1945 era ancora vivo il ricordo della tradizione scolastica austriaca, esemplare sotto molti aspetti, e mantenuta, dopo l’annessione all’Italia, quasi la stessa durante il breve periodo liberale e, per quanto riguarda l’adempimento dell’obbligo scolastico fino al quattordicesimo anno d’età, persino sotto il regime fascista. La scuola italiana fu introdotta facoltativamente già sotto il Governatorato militare. La sua introduzione incontrò non poche difficoltà perché anche i sudtirolesi di lingua italiana erano abituati alla scuola tedesca. Ciò irritò il commissario generale civile, professor Luigi Credaro, ottimo conoscitore della cultura filosofica e pedagogica tedesca e convinto assertore del diritto all’istruzione nella lingua materna ma anche altrettanto convinto difensore della dignità e dei diritti dello Stato. Come tale egli si sentiva in dovere di invertire il processo di tedeschizzazione dei ladini delle valli dolomitiche e degli italiani immigrati nel XIX secolo dal Trentino e dal Veneto e cercò di ridestare in essi, attraverso la scuola, una coscienza nazionale italiana. Egli promosse una legge che obbligava i giovani provenienti da famiglie italiane e ladine alla frequenza della scuola italiana (1). Sulla questione sorse un’aspra contesa con il “Deutscher Verband” che portò al fallimento delle trattative sull’autonomia e della politica di Credaro.

Con l’avvento del fascismo cominciò una brutale soppressione della scuola tedesca, che includeva pure l’insegnamento privato della lingua tedesca. L’istruzione esclusivamente in lingua italiana era usata come preminente mezzo di italianizzazione ma non riuscì ad abbattere la decisa volontà della popolazione di lingua tedesca di conservare la propria lingua, la propria cultura e le proprie tradizioni. Tale volontà si manifestò nell’insegnamento clandestino del tedesco (Katakombenschule), organizzato in sede locale, con grandi sacrifici e sotto la continua minaccia della persecuzione politica, e sostenuto con cospicui sussidi da ambienti privati e governativi della Germania (2). Le ore aggiuntive nella lingua materna degli alunni, concessione alle minoranze linguistiche prevista dalla riforma Gentile, furono ben presto abolite.

Negli anni trenta, con la sostituzione degli insegnanti locali e trentini e con l’afflusso di elementi giovani attratti da benefici economici e giuridici (sopravvalutazione del servizio), la scuola italiana in Alto Adige fu più permeata da spirito missionario e ideologico che da esperienza didattica e non raggiunse le mete culturali e politiche perseguite.

Nel periodo delle opzioni e dell’occupazione militare tedesca dopo l’8 settembre 1943 si ebbe una rinascita della scuola tedesca, però sotto il controllo diretto delle autorità naziste. Alla carenza di insegnanti si rimediava con corsi accelerati e una formazione in servizio per insegnanti ausiliari. Tale aggiornamento professionale combinava metodologia con ideologia. La scuola italiana da esclusiva e dominante passò ad essere “tollerata” e riservata alle famiglie italiane. Il provveditore agli studi Armando Fratini venne esautorato. Molti insegnanti italiani, rimasti senza alunni e senza posto di lavoro, dovettero lasciare la provincia. Nella città di Bolzano molti edifici scolastici furono sinistrati dai bombardamenti o occupati da uffici militari o civili (3).

 

IL DOPOGUERRA: I PRIMI PASSI

Il crollo del Reich gettò nel panico l’amministrazione delle scuole tedesche appena ricostituite. Nel diario dell’ufficio scolastico tedesco si legge: “Nessuna speranza per il Sudtirolo! Questione preoccupante: in autunno ci sarà ancora la nostra scuola tedesca? Noi, insegnanti nazisti, saremo licenziati?” (4). Il racconto dell’addetta alla contabilità dell’ufficio scolastico tedesco, Hedwig Degasperi, offre un vivace quadro della situazione:

“Alla fine della guerra i funzionari delle autorità scolastiche tedesche si ritirarono e la maggior parte degli impiegati tornò a casa o in montagna. Pochissimi rimasero in servizio. Mi preoccupavo di come sarebbero stati pagati gli stipendi degli insegnanti tedeschi dopo la capitolazione. Il provveditore italiano Fratini diceva che le scuole tedesche non erano di sua competenza, erano state organizzate dalle autorità militari tedesche e avrei dovuto rivolgermi semmai al governo militare americano. Quest’ultimo era stato insediato nell’Istituto Tecnico Industriale italiano (in via Cadorna). Misi insieme la documentazione e l’elenco degli stipendi e mi recai dagli americani. Qui un italiano mi chiese che cosa volessi. Quando gli esposi il problema e cioè il pagamento degli stipendi agli insegnanti delle scuole tedesche, si mise a gridare: ‘non esistono scuole tedesche, non esistono maestri tedeschi’. Voleva strapparmi dalle mani la cartella con la documentazione, ma io la ripresi e andai in un altro ufficio dove incontrai un conoscente che lì faceva l’interprete. Mi chiese se al provveditorato non ci fossero più impiegati maschi e mi consigliò di ritornare con uno dei signori e ritentare la fortuna presso gli americani” (5).

Ben presto si capì che era intenzione del governo militare alleato garantire l’insegnamento nella lingua materna alla popolazione di lingua tedesca. Gli americani confermarono persino in un primo momento l’ispettore scolastico provinciale (Landeslehrer) Heinz Deluggi come “incaricato per le scuole tedesche”, ignorando che egli aveva preparato i programmi e organizzato i corsi di aggiornamento nel periodo nazista.

 

Anche l’italianissimo ispettore Francesco Zorzi (6) ritornò al suo posto. Era stato allontanato dalle autorità germaniche dopo aver rifiutato la nomina a provveditore agli studi di Belluno (7). Una siffatta opposizione al nazismo bastava per esentarlo dalla epurazione voluta dal governo militare alleato (8). Il ritorno del provveditore fascista Armando Fratini fu invece considerato inopportuno dal CLN e dallo stesso Zorzi (9). Un cambiamento al vertice dell’ufficio scolastico era inevitabile. Il prefetto De Angelis nominò provveditore agli studi il preside del liceo classico di Merano Erminio Mattedi (10), di orientamento cattolico. Furono nominati pure due viceprovveditori, il professor Mario Leoni, partigiano e vicino alle forze di sinistra, per il settore italiano, mentre per il settore tedesco fu scelto, su proposta del viceprefetto Walter Amonn, il trentottenne don Josef Ferrari (1907-1958), già carismatico assistente dell’Azione cattolica di lingua tedesca, incarcerato nel 1943 dalla Gestapo per la sua opposizione al nazismo e confinato poi nel paesino di San Giuseppe al Lago di Caldaro (11). La scelta di una figura estranea all’amministrazione era determinata dalla mancanza di dirigenti scolastici in possesso della cittadinanza italiana che non avessero collaborato con le autorità naziste e godessero della fiducia sia dei sudtirolesi che della Chiesa. […]

 

 Rainer Seberich

Josef Ferrari (a destra) a colloquio

con il germanista Leo Weißgerber

 

 

NOTE

1 - Regio decreto 28.08.1921, n. 1627, noto sotto la denominazione “Legge Corbino” (dal nome del ministro della Pubblica istruzione dell’epoca che lo presentò in parlamento).

2 - Steurer 1980: 245 ss.; Villgrater 1984: 254 ss.

3 -  Seberich – Conrad 2003: 62-83.

4 - „Südtirols Hoffnung aus! Bange Frage: Wird im Herbst unsere deutsche Schule weiterleben dürfen? Werden wir‚ Nazi-Lehrkräfte entlassen?“. [Ferdinand Ronchetti] „Geschichte der deutschen Sprachkurse“, ms. SAS.

5 - Intervista a Hedwig Degasperi in data 14.03.1997.

6 - Il trentino Zorzi aveva precedenti irredentistici e fin dall’immediato dopoguerra si era impegnato nella diffusione della scuola italiana in Alto Adige. Fu presente alla fondazione del Fascio della val Gardena del quale fu il primo segretario politico; vedi Lechner 2005: 302.

7 - Zorzi 1969: 73.

8 - Le “Direttive sull’Educazione” n. 1 e 4 dell’AMG della Regione Veneta in data 1° maggio avevano dato prime istruzioni sulla riapertura e organizzazione delle scuole, sui programmi preparati dalla Divisione Educazione del governo militare alleato (AMG) per l’anno scolastico 1944/45, sui libri di testo ammessi e sull’eliminazione di quelli che contenessero propaganda fascista o anti-alleata. Sotto il titolo di “Defascistizzazione” ci si richiama ad un recente decreto del governo italiano che prevedeva la sospensione di “Impiegati colpevoli di fede fascista, d’incompetenza o che abbiano fatto giuramento dal governo fascista repubblicano o che beneficiarono per la loro adesione al partito”; in particolare sono menzionati gli squadristi, i partecipanti alla Marcia su Roma, gli ufficiali della milizia fascista. Il documento, siglato APO 394, Divisione Educazione, è firmato dal maggiore F.F. Gregory, (Regional Education Officer). ASI, fasc. “Ordinamento scolastico per l’Alto Adige”.

9 - Zorzi 1969: 70.

10 - Nato a Storo il 18 settembre1892, figlio di Angelo, cancelliere (k. k. Oberkanzleioffizial) presso la pretura di Rovereto. Studi ginnasiali a Trento e Rovereto, studi universitari (Filologia classica, Tedesco e Italiano) a Vienna e Innsbruck. Chiamato nel 1915 alle armi, per sospetto politico con altri trentini assegnato ad un reggimento Honved, fu fatto prigioniero dai russi nel giugno 1916; nel novembre dello stesso anno con l’aiuto della Missione Militare Italiana passò in Italia, dove si laureò con una tesi alla Regia Accademia scientifico-letteraria di Milano nel 1917. Dopo aver insegnato in vari istituti di Milano, Rovereto, Trento e Bolzano, nel 1928 ebbe la nomina a preside del liceo classico di Merano. Nel secondo dopoguerra fu nominato provveditore agli studi di Bolzano prima dal prefetto De Angelis e poi, dopo aver vinto il concorso, dal Ministero della Pubblica istruzione. Nel 1950 fu chiamato a Roma dal ministro della Pubblica istruzione Gonella come collaboratore per la riforma scolastica degli istituti dell’ordine classico e come consulente della direzione generale delle zone di confine per la sistemazione giuridica della scuola in lingua tedesca. Morì a Roma il 18 luglio1951. Il necrologio che ne scrisse Josef Ferrari (Dolomiten 19.07.1951) esalta il suo senso di giustizia e il suo impegno per la reciproca comprensione dei gruppi linguistici. Si veda anche il riassunto dell’omelia che don Ferrari tenne in occasione di una Messa in memoriam del provveditore Mattedi celebrata nel novembre 1951 alla presenza delle autorità provinciali e di rappresentanti del Ministero della Pubblica istruzione. (Dolomiten 13.11.1951).

11 - Su Josef Ferrari cfr. il numero monografico dello Schlern, n. 4/2008. […]

 

 

L’AUTORE

Rainer Seberich, nato nel 1931, dopo gli studi a Innsbruck, Bonn e Firenze si è dedicato all’insegnamento e all’organizzazione didattica, guidando dal 1958 al 1970 la ripartizione delle scuole medie e superiori in lingua tedesca presso il Provveditorato agli Studi di Bolzano. Dirigente scolastico, cofondatore della Südtiroler Hochschülerschaft, collaboratore della RAI-Sender Bozen. Tra le pubblicazioni: Bozen im Schatten des Großdeutschen Reiches (1973); Kulturelle Autonomie von Minderheiten – am Beispiel Südtirols (1994); Südtiroler Schulgeschichte. Muttersprachlicher Unterricht unter fremdem Gesetz (2000); Schule, Sprache und Politik – schulgeschichtliche Hintergründe des Schulwesens der ladinischen Täler (2006).