Autore – Carlo Romeo

Rif. bibl. – Romeo, Carlo, Storia contemporanea in provincia, in: «Il Cristallo. Rassegna di varia umanità», Centro di Cultura dell’Alto Adige, XLVII/1 (apr. 2005), pp. 113-116.

 

 

 

 

Storia contemporanea in provincia

 

di Carlo Romeo

 

 

 

Guerra e Liberazione

La ricorrenza del 65° della fine della seconda guerra mondiale e della Liberazione è stata colta quale occasione per una fitta serie di iniziative in provincia, che forse avrebbero meritato una preventiva fase di coordinamento tra i vari enti promotori. Il Comune di Bolzano (Archivio Storico) ha avvertito la necessità di elaborare quantomeno un prospetto riassuntivo delle numerose manifestazioni nel capoluogo (presentazioni di libri e ricerche, mostre, dibattiti, concerti e proiezioni cinematografiche), promosse da una decina di enti. Di particolare rilievo si sono rivelati quegli incontri che hanno consentito un confronto con lo stadio più aggiornato della ricerca e del dibattito su queste tematiche, la cui percezione presso il grande pubblico è non di rado deformata dalle attese ed interessi dell’attualità politica.
La Biblioteca provinciale in lingua italiana «Claudia Augusta» ha organizzato (in primavera) una serie di conferenze su diversi aspetti della Resistenza: un quadro storiografico e critico complessivo del fenomeno resistenziale in Italia (affidato a Sandro Peli), del suo rapporto con le autonomie (Marco Borghi), della Resistenza europea in relazione alle questioni nazionali (Gustavo Corni). Non sono mancati approfondimenti sulla Zona di Operazioni del Litorale Adriatico (Fulvio Salimbeni) e delle Prealpi (Christoph von Hartungen).
L’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia di Bolzano ha pubblicato nella sua collana («Quaderni») Il compagno Ludi: autobiografia di un partigiano (a cura di Giorgio MEZZALIRA, Bolzano 2005), che era uscito in lingua tedesca alcuni mesi prima. La particolarità del libro è che l’originale del manoscritto del partigiano in questione, Ludwig Ratschiller, era proprio in lingua italiana. Il percorso di “Ludi” può essere considerato quello di un “doppio disertore”. Sudtirolese, appartenente ad una famiglia “Dableiber” (optanti per l’Italia), sceglie dapprima la Germania e combatte sui diversi fronti della guerra di Hitler; dopo un avventuroso percorso, anche interiore, si ritroverà infine tra le fila partigiane della «Brigata Calvi» nel Bellunese. Una figura che ha molti caratteri di “eccezione”, ma attraverso la quale è possibile leggere il diagramma della tormentata storia altoatesina tra opzioni, guerra e Resistenza.
Il Gruppo di Storia Regionale/Arbeitsgruppe Regionalgeschichte ha organizzato in maggio una giornata di approfondimento (Contributi al dibattito a 60 anni dalla fine della II guerra mondiale). Vi ha partecipato lo storico Claudio Pavone, autore di uno dei testi principali di riferimento sulla questione (Una guerra civile). Sua è l’ormai classica proposta interpretativa della Resistenza quale «guerra civile» (tra italiani fascisti e antifascisti), «guerra patriottica» (per la liberazione dall’occupante straniero) e «guerra di classe» (per instaurare un nuovo ordine politico). Pavone ha tracciato in sintesi lo sviluppo del dibattito degli ultimi decenni, ponendo l’accento sulla difficoltà che ancora oggi incontra una lettura serena dei valori che furono alla base della scelta resistenziale. Nella stessa occasione David Forster e Thomas Geldmacher (Vienna) hanno presentato le novità nella ricezione dell’opinione pubblica riguardo alla figura dei disertori e delle vittime del nazionalsocialismo in Austria. I due relatori hanno preso parte alla prima ricerca scientifica condotta in Austria su questo tema. Disertori, renitenti alla leva, oppositori, insomma tutti i perseguitati dalla giustizia nazionalsocialista sembrano costituire ancor oggi figure scomode alla coscienza collettiva della Repubblica austriaca. Per quest’ultima, il comodo alibi di “Stato vittima”, “occupato” da Hitler nel 1938 (Anschluss), ha coperto ipocritamente l’esigenza di avviare un processo di serio confronto sull’ampio consenso al Reich e la riuscitissima nazificazione della società austriaca.
Il Laboratorio di didattica della storia della Sovrintendenza (Lab*doc Storia/Geschichte) ha pubblicato un numero della rivista «Storia e» (anno III, n. 2) interamente dedicato al tema. I contributi spaziano da spunti di lavoro didattico (ad esempio sui risvolti letterari della Resistenza) a studi specifici sul periodo 1943-45, nei territori orientali (Friuli Venezia-Giulia, Istria e Dalmazia) e ovviamente nell’Alpenvorland. Il Dossier è concluso da una lunga antologia dal diario della partigiana «Gina» (Filomena Dalla Palma, attiva nel Bellunese e trasferitasi stabilmente a Bolzano nel dopoguerra).
All’interno delle iniziative non è mancato l’aspetto cinematografico, tra cui va segnalato il documentario di Giovanni PEREZ (Bolzano, maggio 1945), che ricostruisce attraverso i combat film statunitensi le dense giornate della fine della guerra in Alto Adige. Bolzano fu in quei giorni uno dei punti nevralgici dello scenario della guerra in Europa. Era divenuta, infatti, sede del comando delle armate tedesche (sud-ovest). Le convulse trattative (segrete) per la resa «degli 800 mila», cominciate mesi prima in Svizzera, si conclusero proprio a Bolzano il 2 maggio del 1945. Su numerosi aspetti di quelle febbrili giornate di fine guerra (peraltro da sempre avvolti da un clima di “giallo”) non poteva quest’anno non fiorire una messe di articoli e pubblicazioni: la liberazione dei 200 “ostaggi eccellenti” che Himmler aveva fatto portare in Val Pusteria, il “mito” della «Fortezza Alpina» (Alpenfestung), l’«oro di Fortezza», etc.

 

 

Merano 1945: “un porto di mare”

 
Si è conclusa, col terzo tomo, la serie dei volumi di Paolo VALENTE sulla storia degli italiani a Merano (Frammenti dell’anima multiculturale d’una piccola città europea). L’ultimo volume (Porto di mare, Trento 2005) affronta un denso ventennio (1934-1953), dal culmine del regime fascista sino al dopoguerra e alla Ricostruzione. Particolarmente suggestivo è il titolo che si richiama all’estrema mobilità che caratterizza la cittadina passirese nei convulsi anni delle «opzioni», dello scoppio della guerra, della caduta del fascismo, dell’occupazione nazista e del dopoguerra. Se nei primi due volumi l’analisi si era concentrata, attraverso grandi quadri, sugli aspetti sociali e culturali della comunità italiana (ma non solo), si è rivelato qui ineludibile un confronto diretto soprattutto con gli aspetti “evenemenziali”, alcuni dei quali ancora controversi e di non facile interpretazione. In altre parole, predomina in quest’ultima fatica la dimensione “esplorativa” della ricerca e risultano molto ampi gli spazi dedicati alla dettagliata ricostruzione di personaggi e avvenimenti. Così, ad esempio, l’autore approfondisce con estrema cura i tragici episodi di fine guerra (tra cui l’eccidio di Merano del 30 aprile 1945 e quello di Lana del 2 maggio). Attraverso Merano passano in quei mesi i fili della “grande storia”: i servizi segreti tedeschi ed alleati, le reti di fuga dei rappresentanti dei governi collaborazionisti, quelle dei criminali del Terzo Reich e (non sembri paradossale) quelle degli ebrei sopravvissuti allo sterminio che cercano di raggiungere attraverso l’Italia il costituendo Stato di Israele.
Il periodo della Ricostruzione meranese è caratterizzato dalla lentezza con cui la cittadina, un tempo luccicante meta turistica, esce dalle emergenze del dopoguerra. Segue, infine, il ritratto dei protagonisti della rinata vita politica cittadina. Anch’essa, pur in posizione periferica, è percorsa dagli echi del grande scontro ideologico del dopoguerra (elezioni del 1948). La scena è comunque dominata dal confronto “etnico” tra i partiti italiani e l’Svp. Il “ciclo” di Valente - che ci auguriamo di veder proseguito lungo i decenni più recenti - rappresenta un valido esempio di come la storia “locale” possa essere elaborata attraverso ampie prospettive e possa dialogare con quella “generale”. 

 


Il Tirolo al fronte

 
Il 2005 è servito anche da ricorrenza (90°) dell’inizio delle ostilità tra il Regno d’Italia e l’Impero austro-ungarico (prima guerra mondiale). Si stanno susseguendo diversi “appuntamenti” di grande rilievo, di cui meglio si darà conto nei prossimi numeri. Si segnala qui l’uscita di un importante volume, curato dal vipitenese Oswald ÜBEREGGER, Zwischen Nation und Region: Weltkriegsforschung im interregionalen Vergleich (Innsbruck 2004), che apparirà presto anche in lingua italiana. La raccolta di saggi (di una decina di studiosi) ha il merito di presentare in un’ottica comparativa i risultati e le linee di tendenza della ricerca storiografica in Europa e, a livello “interregionale”, al di qua e al di là del Brennero. Gerd Krumeich (Düsseldorf) analizza il percorso della storiografia germanica, per lungo tempo concentrata, sulla scia del revisionismo nazionalsocialista, sui drastici esiti del conflitto e dei trattati di pace. Gli anni Settanta portano finalmente ad un nuovo orientamento. Nascono studi sui risvolti sociali del primo conflitto “totale”, che vide una mobilitazione di massa delle società. In Italia (Giovanna Procacci, Modena) la svolta arriva verso la metà degli anni Sessanta, quando comincia a cedere il mito nazionalista della Grande Guerra vittoriosa che era stato cementato nel Ventennio. Di grande interesse è l’analisi comparativa dello stesso Überegger sulla storiografia in regione. Per lungo tempo le ricerche storiografiche nel Tirolo del nord si sono concentrate (e in un certo senso “cristallizzate”) sugli aspetti militari del conflitto. L’area trentina (rappresentata in questo volume da Camillo Zadra, direttore del Museo Storico della Guerra di Rovereto e da Quinto Antonelli del Museo Storico in Trento) sembra essere stata più veloce a recepire, negli anni Settanta, nuove tendenze e nuovi ambiti di ricerca: vita quotidiana, scrittura popolare, rapporti sociali.