Autore: Carlo Romeo

Rif. bibl.: Romeo, Carlo, Poesia come Resistenza. Egidio Meneghetti nel Lager di Bolzano, in “Alto Adige”. 23.01.2013, pp.32-33.

 

EGIDIO MENEGHETTI NEL LAGER DI BOLZANO

di Carlo Romeo

Non succede spesso che opere di poesia vengano inserite tra gli atti istruttori di un processo. Così è stato per la lirica “Lager” di Egidio Meneghetti nel procedimento presso il Tribunale militare di Verona. Esso ha portato nel 2000 alla condanna all’ergastolo (confermata negli ulteriori gradi di giudizio) di Michael Seifert, la giovane SS di origine ucraina che, insieme al “collega” di crimini Otto Sain, seminò terrore e morte nel Lager di Bolzano. Chissà cosa ne avrebbe pensato lo stesso Meneghetti, che dell’impegno a tramandare in ogni forma la memoria fece uno dei princìpi della sua vita. Una vita densa di tragiche esperienze.

Nato a Verona nel 1892, intraprese la carriera medica sulle orme del padre e come ufficiale medico partecipò in prima linea alla grande guerra, venendo più volte decorato. Fedele ai principi dell’interventismo democratico, si tenne lontano nel dopoguerra dal “reducismo” nazionalista fiancheggiatore del fascismo, partecipando ben presto, invece, alle iniziative

dei circoli antifascisti legati a Salvemini, Ernesto Rossi, Carlo e Nello Rosselli (il giornale clandestino “Non mollare” e più tardi “Giustizia e Libertà”). Il suo pensiero politico sarebbe sempre rimasto orientato al socialismo riformista coniugato con un autonomismo democratico.

Grande farmacologo, dopo varie esperienze che lo portarono anche in Germania e in Francia, nel 1932 giunse all’università di Padova, uno dei centri più vivaci dell’opposizione antifascista. Nel 1943, alla caduta di Mussolini, il nuovo rettore Concetto Marchesi volle la fidata collaborazione di Meneghetti nella carica di prorettore. Dopo l’8 settembre 1943, essi cercarono di difendere l’indipendenza dell’ateneo dal clima di mobilitazione repubblichino e di farne un nucleo attivo della resistenza contro il nazifascismo. Fondatori del Comitato di liberazione nazionale veneto, furono incaricati, insieme a Silvio Trentin, di tenere i contatti con le province. Verso la fine dell’anno Marchesi lanciò agli studenti il famoso appello a “rifare la storia d’Italia” e a “liberarla dall’ignominia”; quindi si diede alla clandestinità, raggiungendo Milano e poi la Svizzera. Meneghetti continuò il suo lavoro a Padova, divenendo figura di riferimento per l’intera rete di resistenza veneta, nella quale si occupava sia di aspetti militari che di propaganda.

Allo stesso periodo (dicembre 1943) risale il dolore più grande della sua vita: la moglie Maria e l’unica figlia, la quattordicenne Lina, muoiono sotto il primo bombardamento alleato su Padova. “Per mia disgrazia io ero assente” scriverà alla sorella “e così non sono morto con le due creature che formavano la felicità della mia vita”. Riemerge dall’abisso di disperazione con l’intenzione di rivolgere ogni energia nella lotta di liberazione. Nella prima delle sue tante pubblicazioni clandestine risalta quest’amara nota: “Chiedendovi perdono per non avervi saputo proteggere e proseguendo, solo, la via”.

Nell’ottobre del 1944 anche Meneghetti fu costretto a darsi alla clandestinità. Arrestato nel gennaio 1945, fu torturato dalla famigerata “banda Carità”. Tra le conseguenze fisiche dei brutali “interrogatori” subì il distacco parziale della retina di un occhio. Trascorse un mese nelle carceri veronesi delle SS per poi essere trasferito al Lager di Bolzano. Il ricordo della sua autorevolezza, umanità e generosità ricorre nelle testimonianze di tutti quegli internati che ebbero modo di conoscerlo e di esserne assistiti e confortati. A Bolzano rimase fino alla fine della guerra; le sempre più frequenti interruzioni della linea ferroviaria a causa dei bombardamenti evitarono l’ulteriore deportazione nei campi di sterminio del Reich.

Il Lager di Bolzano nel dopoguerra (foto Enrico Pedrotti)

 

Tornato a Padova, fu rettore dal 1945 al 1947. Nelle sue mani fu consegnata la medaglia d’oro al valor militare all’università di Padova (unico caso del genere) per il contributo dato da docenti e studenti alla lotta di liberazione. All’attività medico-scientifica (soprattutto nel campo della chemioterapia), Meneghetti continuò ad affiancare quella politica, nel Partito d’azione e poi in quello socialista. Sostenne il Movimento federalista europeo di Rossi e Spinelli e si espresse a favore di soluzioni autonomiste che promuovessero la partecipazione democratica. Fu tra i fondatori dell’Istituto per la storia della resistenza veneta che presiedette fino alla morte, avvenuta nel 1961.  

Sotto lo pseudonimo di Antenore Foresta, suo nome di battaglia, pubblicò negli anni ’50 alcune raccolte liriche, composte nel suo dialetto materno (il veronese). Concepite nella tradizione dei “cante in piassa”, ovvero come racconti-ballate espressione “anonima” dell’anima popolare, esse indagano le zone più profonde e oscure del cuore dell’uomo: la natura del male, il dolore e il riscatto. Incentrati sulle tragiche esperienze vissute durante la guerra, questi canti (Partigiana nuda, Lager, A mila a mila) sono considerati tra le pagine più alte della letteratura della Resistenza. Il dialetto in Meneghetti si rivela lo strumento più adeguato a esprimere il sentimento popolare, l’umana adesione alla tragica realtà descritta, l’autenticità e la pietà della sua testimonianza.

 

Canto e memoria

Nel 1955, poco prima di pubblicare Cante in piassa, Meneghetti inviò una fotografia ad uno dei suoi più cari amici, Berto Perotti, docente di letteratura tedesca, passato anch’egli dalla lotta partigiana all’internamento. Vi era allegato un amaro commento: “Ti mando una fotografia dove vedrai un’autorimessa che risveglierà in te molti ricordi… La riconosci? Nel fondo c’è il mio… hotel e a destra il tuo”. L’immagine era ovviamente quella dell’ex lager di Bolzano, destinato ora a usi civili. “Un’ariosa, pacifica e innocua autorimessa” commentò Perotti, sottolineando come la più profonda motivazione degli scritti di Meneghetti coincidesse col desiderio di riflettere e rendere evidenti i contrasti, le disumane metamorfosi del tragico tempo che aveva vissuto.

Anche  Lager. Bortolo e l’ebreeta è un “poemetto” costruito sui contrasti. Diviso in sei parti, passa dalla descrizione dell’ariosa primavera bolzanina, che risuona dei gridi leggeri delle rondini e si tinge dei colori delle montagne e dei meleti intorno, al buio terrore del Lager, circondato da “na mura de cemento e na corona rùsena”.

Il ritmo e la varietà del tono sono tra le caratteristiche più efficaci della poesia di Meneghetti. Se la tensione morale sfocia a volte in una dimensione epico-civile, la capacità introspettiva e la profondità psicologica portano a memorabili ritratti individuali. Ad esempio, i dettagli fisici delle SS assassine ne segnalano la mostruosa disumanità: le mani Misha che sembrano muoversi “par so conto” e gli occhi di Otto “che no g’à color”. Eppure anche loro, aggiunge il poeta, devono essere stati bambini e aver avuto una mamma, “pora disgrassià che i so butini i g’ha roersado in boia e in assassini”.

Un altro tragico contrasto è colto tra la sacralità del mattino di Pasqua, il giorno della risurrezione, e la morte del diciottenne Bortolo Pezzutti, dopo una notte di agonia in seguito alle sevizie subite dai due ucraini.

L’è Pasqua. De matina.

nel bloco dele cele tase tuti.

Imobili. De piera.

E nela cela nera

tase el pianto de Bortolo Pissuti.

L’è Pasqua. De matina.

E nele cele gh’è silensio fondo.

E nel fondo di questo abisso, tra le immagini più strazianti, v’è il contrasto fra la tenera descrizione degli occhi spauriti dell’“ebreeta” e la brutale violenza che essa subisce da parte dei due aguzzini. La ragazza si lascia poi morire di fame, come estrema fuga da un “mondo stragossado da tormenti e bisogni”.   

Stanote s’è smorsada l’ebreeta

come ’na candeleta

de seriola

consumà.

Stanote Missa e Oto

ià butà

nela cassa

du grandi oci in sogno

e quatro pori ossetti

sconti da pele fiapa.

 

Il Blocco celle del Lager di Bolzano (Foto Enrico Pedrotti)

Fuori e dentro il muro

Passa sul campo libare e legere

nuvole rosa inargentà dal sol,

svola sul campo sigalone e nere

róndene in corsa, libare nel ciél,

libare rame de pomari in fiór

sponta bianche sul muro a curiosàr

e insima ala colina più d’arente

scalùma l’ocio moro de’n canón

cargo de voia de spassàr el campo.

Ma nele cele no se vede gnente:

un finestrìn, a sbacio voltà in su,

filtrar lassa a fadiga un fià de ciaro

moio e avilido come nele grote.

L’ultima dele cele, nel cantòn,

no la g’à sbacio, luce no ghe passa

ma de urli spiansisa la so note:

su la porta gh’è scrito “schwarze Zelle”

la cela nera, dove che i te massa [...]

 

Le mani di Misha Seifert

Nel bloco dele cele come Dio

comanda i Ucraini Missa e Oto:

el tormento de tuti ghe va drio

e quando i ciama tuti se fa avanti

e quando i parla scolta tuti quanti

e quando i tase tuti quanti speta

e le done spaìse le le fissa

come pàssare fa cola siveta.

Le man de Missa

vive par so conto.

El g’à vint’ani

co’ ’na rossa schissa

sensa pél

da sinquanta,

la crapa tonda coi cavei rasà

invanti la se pianta

sensa col,

e le mane… le mane… quele mane [...]

 

Gli occhi “di biscia” di Otto

Oci de Oto

che no g’à colór.

El g’à vint’ani

el salta, el canta, el ride,

ride la boca coi so denti sani

e ride el ciufo de cavei castagni

e ride tuto el corpo grando e forte,

ma iè de sasso i oci e mai no i ride:

oci de bissa

oci de morte

imobili, giassadi, che te fissa.

Sate de simia che te guanta el col,

oci de bissa che te ingiassa el cor [...]

Egidio Meneghetti, Cante in piassa, Neri Pozza 1955

 

 

Tra le raccolte liriche di E. Meneghetti: Nele basse veronese. Trittico, Verona 1951. - De sera. Versi, Verona 1952. - Partigiana nuda, Verona 1953. - A mila a mila. Versi, Verona 1954. - Lager-Bortolo e l’ebreeta. Una canta in piassa, Verona 1955. - Cante in piassa, Venezia 1955. La più recente raccolta è dell’editore Cierre di Verona (2005).

Tra le biografie e gli studi su E. Meneghetti: Gian Paolo Marchi, Scienza, politica e poesia in Egidio Meneghetti, Verona 2001. - Chiara Saonara, Egidio Meneghetti. Scienziato e patriota combattente per la libertà, Padova 2003. - Chiara Saonara, Egidio Meneghetti, Verona 2009.