Uno spaccato di storia della montagna trentina in un libro che ricostruisce le vicende un maso sul monte di Roncegno in Valsugana (Roberto Antolini)

 

Trento, Società di Studi di Scienze Storiche, 2017 

 

 Un mondo in salita: il maso di Antraque sul monte di Roncegno (XIII-XIV)

testi di Sandra Boccher, Emanuele Curzel, Italo Franceschini,

con la collaborazione di Marco Stenico, Marco Berlanda, Matteo Rapanà.

Trento, Società di Studi di Scienze Storiche, 2017.

 

 

Uno spaccato di storia della montagna trentina

 

di Roberto Antolini

 

Nel 1975 esce uno dei libri sul medioevo più affascinanti, la Storia di un paese: Montaillou di Emmanuel Le Roy Ladurie. Lo storico francese, per scrivere il libro, ha lavorato su una fonte molto particolare, gli atti del processo per eresia inflitto fra il XIII e XIV secolo agli abitanti del piccolo paese occitano, a 1.300 m. sui Pirenei francesi, che dà il titolo al libro. Durante il processo un inquisitore particolarmente pignolo e anche un po’ “guardone” (il futuro papa avignonese Benedetto XII), con la scusa della caccia all’eresia, ha setacciato minuziosamente tutti gli aspetti della vita di quel paese in quel tempo, infilando il naso in ogni particolare della vita degli abitanti. Offrendo in questo modo allo storico che  ̶  quasi 600 anni dopo  ̶  ne studia le carte, uno spaccato minuzioso ed affascinante della vita non solo religiosa, ma anche materiale e sociale, di quel microcosmo di montagna, partendo dalla prassi di una economia pastorale, per arrivare fino ai costumi sessuali (compresa la descrizione minuziosa dei comportamenti di un piccolo gruppo di omosessuali).

 

Il libro di Le Roy Ladurie mi è venuto in mente leggendo Un mondo in salita: il maso di Antraque sul monte di Roncegno (XIII-XIV), pubblicato nel 2017 dalla trentina Società di Studi di Scienze Storiche, e scritto dal docente di storia medioevale dell’Università di Trento Emanuele Curzel, insieme ad altri cinque giovani studiosi: Sandra Boccher, Italo Franceschini, Marco Stenico, Marco Berlanda, Matteo Rapanà. Il parallelismo è dato dallo studio ed illustrazione di un microcosmo di montagna del tardo medioevo, qui ancora più “micro” di quello indagato dallo storico francese, perché abbiamo a che fare con un unico maso, anche questo posto a 1.300 m., sulla montagna di Roncegno, paese della Valsugana nel Trentino sud-orientale. Anche se lo sforzo principale del libro – potremmo dire – è proprio quello di rompere l’isolamento di questo microcosmo, ricollocandolo nel contesto della «grande avventura» (Curzel, p. 89) di quell’ampio processo di colonizzazione che dal sec. XII, su iniziativa del sistema signorile, punta a rendere coltivabili terre alte fino ad allora rimaste selvagge. In questo caso nel territorio di un paese, Roncegno, che dei roncatores medioevali (disboscatori) porta ancora tracce nel nome.

 

La “fonte”, in questo caso, è un gruppo di venti pergamene rintracciate da un Emanuele Curzel ancora laureando, accompagnando al Landesarchiv di Innsbruck uno zio, maestro elementare proprio a Roncegno, che voleva controllare cosa ci fosse di relativo al suo paese in quell’archivio oltreconfine. La spedizione famigliare nella capitale del Tirolo dette allora frutti interessanti ma problematici, permettendo di individuare sparse fra varie raccolte del Landesarchiv numerose pergamene d’epoca tardo medioevale (1264-1352) riguardanti un maso della montagna di Roncegno, e la famiglia degli Antraque, che lo aveva avuto in gestione (in dominio utile), ricevendolo a livello da chi ne deteneva il dominio eminente: famiglie signorili della zona di Roncegno.

«Questa documentazione è sì incentrata su una famiglia di coloni, ma non siamo certo di fronte a scritture ‘dal basso’» spiega Marco Stenico (p.13) «è al contrario il prodotto di scrittori professionisti, di notai, e attesta lo svolgersi di azioni e di rapporti a carattere economico: si tratta di contratti, carte di dote, atti giudiziari, niente insomma che non possa essere rinvenuto in qualsiasi archivio signorile o di ente ecclesiastico. Tuttavia la sostanziale unitarietà e i fili conduttori che legano tra di loro i documenti che compongono questo dossier, fanno pensare almeno a una sua ipotetica presenza e conservazione, forse anche per un consistente numero di anni, proprio presso la famiglia che occupava il “mansus” “ubi dicitur Antraygue” e che quindi esso abbia rivestito un ruolo importante nella vita di “illi de Antraquis”».

 

Un archivio famigliare dunque, non di una famiglia acculturata, ma di una famiglia del «ceto medio rurale» - come viene definita nel libro (Franceschini, p. 182) – certo non così eccezionale, come fonte, quanto quella del processo di Montaillou, ma sicuramente insolita per l’epoca e per la località. Finita poi dispersa – probabilmente dopo la fine della famiglia o del suo livello – in vari segmenti dell’archivio tirolese, tramite probabili precedenti passaggi, ad oggi ignoti, per qualche archivio signorile locale.

 

Su questo corpus documentario, il gruppo di storici trentini dispiega un’analisi dettagliata, articolata nei vari punti di vista che esprimono le differenziate competenze specialistiche presenti nel gruppo. Boccher trascrive tutte le venti pergamene. Curzel analizza il contesto politico-istituzionale di Roncegno al tempo degli Antraque, illustrando il «far west» (p. 108) di quel territorio della media e bassa Valsugana quando apparteneva ai vescovi di Feltre. Nel XIV secolo invece si afferma in zona la già più salda signoria dei signori di Castelnuovo-Caldonazzo, alla caduta dei quali, nel 1412, succede il dominio tirolese, tramite tre giurisdizioni tenute da famiglie fedeli alla casa d’Austria. Franceschini illustra invece in tutti i suoi aspetti la vicenda della azienda agricola retta dagli Antraque: a partire dalle forme di relazione con il sistema signorile, derivanti da una specifica forma locale definita «consuetudo roncatorum montis Roncegni» (p. 132), ai casi di ricorso alla giustizia per la tutela del possesso, al tipo di conduzione, al tipo di produzione agraria che vi veniva sviluppata. Berlanda analizza la condizione della donna alla luce dei documenti sopravvissuti degli Antraque che ne parlano: carte di dote, documenti successori, investiture di livello. Alla fine si pone il problema di rintracciare il luogo dove si trovava il maso retto dagli Antraque almeno da poco dopo la metà del Duecento alla metà del Trecento, di cui non è rimasta traccia diretta. Per individuarlo si mettono assieme le descrizioni contenute nelle pergamene, la geografia e la toponomastica (Curzel), i documenti storici successivi all’epoca degli Antraque, dei secoli XVI-XVIII (Stenico), ed infine i nuovi sistemi della archeologia medioevale, basati sulle tecniche di laserscanning LiDAR (Rapanà).

 

Così emerge, dalla “caligine dei secoli bui”, un ritratto appassionante della «grande avventura» della conquista della montagna trentina, e di una sua parziale antropizzazione, che la ha configurata in forme che, nonostante lo scorrere dei secoli, sono arrivate ancora quasi indenni fino a noi. Tanto che il libro porta in copertina la fotografia del fondo ancora selciato della «via comunis» (Curzel, p. 208) che delimitava il maso Antraque «a septentrione». Ancora percorribile a piedi, lasciando la macchina a lato della piccola strada asfaltata che le scorre oggi parallela.

 

 

Un mondo in salita: il maso di Antraque sul monte di Roncegno (XIII-XIV), testi di Sandra Boccher, Emanuele Curzel, Italo Franceschini, con la collaborazione di Marco Stenico, Marco Berlanda, Matteo Rapanà. Trento, Società di Studi di Scienze Storiche, 2017, 239 p., € 20,00